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Qual è il valore economico delle risorse naturali? Le risposte del primo summit internazionale sulla biodiversità di Matera

di Redazione

Quanto vale una foresta? Può sembrare una domanda ingenua, ma il concetto di fondo potrebbe essere alla base della rivoluzione “verde” del ventunesimo secolo. L’utilizzo delle risorse naturali – aria, acqua, suolo – nel corso dei secoli non è stato quasi mai incluso in una logica di mercato. Le risorse naturali sono state sempre ritenute “infinite”, utilizzabili senza limitazioni di sorta.
Vent’anni fa, alla famosa Conferenza di Rio tenutasi nel 1992, per la prima volta 172 Paesi ratificarono la necessità di perseguire un uso sostenibile delle risorse e la condivisione equa dei benefici derivanti dall’ambiente. In quello storico consesso prese vita anche l’organismo che cinque anni dopo portò alla creazione del Protocollo di Kyoto, il primo strumento internazionale che ratificò l’impegno di 37 Paesi “avanzati” a ridurre il proprio impatto sul cambiamento climatico.
Oggi il cammino da compiere per dare un valore economico alle risorse naturali è ancora lungo. Ma quali sono le implicazioni di un mercato di questo tipo e quali sono i benefici o i rischi di questo cambiamento? I maggiori esponenti internazionali in materia ne hanno discusso a Matera, al convegno internazionale “Biodiversità ed Ecosistemi”, organizzato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei in collaborazione con l’Università degli Studi della Basilicata e promosso da Eni con il patrocinio della Regione Basilicata. Geoffery Heal, uno dei massimi esponenti della Columbia University e dell’Earth Institute nella sua Lectio magistralis sul valore degli ecosistemi, ha evidenziato come l’umanità utilizzi beni e servizi forniti dagli ecosistemi (i servizi ecosistemici) la cui disponibilità e qualità è già stata compromessa da una pressione demografica in costante aumento.
La fornitura di acqua e di cibo per un mondo sempre più popolato, la regolazione del clima e la prevenzione delle catastrofi naturali e le condizioni di benessere delle popolazioni saranno sempre più determinati dalla capacità di salvaguardare gli ecosistemi.
Oltre a sottolineare l’importanza di continuare a definire nuove zone di pregio ambientale protette, la conferenza ha indicato come l’inserimento nel circuito economico di questi beni e servizi sia una delle strade da perseguire per uno sviluppo sostenibile. La Banca europea degli investimenti, rappresentata da Peter Carter, ha indicato alcune strade percorribili per raggiungere questo obiettivo, come l’introduzione di tasse o sovvenzioni per internalizzare l’utilizzo dei servizi ecosistemici o la definizione di opportune soglie e/o diritti di utilizzo delle risorse naturali.
«In questo nuovo scenario economico anche le imprese e le comunità locali saranno attori determinanti per contribuire allo sviluppo sostenibile», ha affermato Joshua Bishop, che ha presentato in anteprima la sintesi del lavoro The Economics of Ecosystem and biodiversity, la cui pubblicazione è stata uno degli eventi clou della decima riunione della “Convention on Biological Diversity” tenutasi poco tempo dopo a Nagoya in Giappone.
Gli esempi positivi realizzati dalle imprese sono sempre più diffusi, mancano però indicatori e metriche comuni cui fare riferimento. «Stiamo lavorando con le migliori imprese mondiali a creare il primo standard di valutazione della relazione tra imprese, ecosistemi e comunità»: è una delle novità più significative dell’evento riportata da James Griffith, direttore generale dell’area “Ecosistemi” del World Business Council for Sustainable Development, la più importante organizzazione mondiale di imprese sostenibili.
L’ individuazione di nuove sfide e opportunità di crescita per le imprese ha portato già alla realizzazione di esempi concreti di valorizzazione delle risorse locali come illustrato da Gerard Bos, Biodiversity manager della Holcim, una delle più importanti aziende mondiali nel settore delle costruzioni. 1,1 milioni di sterline di maggiore valore l’anno per la comunità locale: questo è il risultato del ripristino di un’area umida realizzato dalla multinazionale svizzera in Inghilterra tenendo conto dei benefici che l’ecosistema avrebbe potuto fornire alla popolazione residente nei dintorni.
Insomma, il mondo dell’impresa si sta muovendo in anticipo, come confermato da Paola Pedroni (nella foto a sinistra), presidente del Gruppo di lavoro sulla Biodiversità dell’associazione internazionale che rappresenta il settore petrolifero: «Abbiamo realizzato e stiamo utilizzando strumenti per incorporare nelle pratiche operative le più avanzate tecniche di valutazione dell’impatto su biodiversità ed ecosistemi».
Le premesse per un futuro migliore ci sono tutte: la Terra ringrazia.
*Unità Sostenibilità Eni

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