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Qual è il prezzo della fine dei flussi?
La vicenda di Brigata 48, i miliziani che bloccano i migranti sulla cosa libica, getta una luce inquietante su quanto sta accadendo. Le persone non arrivano più in Italia, ma che ne è di loro in Libia?
Nel 2016 nella prima metà di agosto erano sbarcati in Italia 21.294 migranti. Quest’anno gli arrivi sono precipitati a 2245. A luglio il calo era stato del 57% sul luglio 2016. Eppure tutti i primi mesi di quest’anno avevano avuto picchi di arrivi superiori a quelli di un anno fa. Come si spiega questo improvviso estinguersi dei flussi migratori? Una rivelazione dell’agenzia Reuters ha in parte svelato cosa sta accadendo: secondo i corrispondenti a Tripoli dell’agenzia inglese, che hanno condotto l’inchiesta a Sabratha, considerata la capitale degli scafisti, sarebbero entrati in azione i miliziani della Brigata 48, con l’obiettivo specifico di «lavorare sul territorio, lungo le spiagge, per impedire ai migranti di imbarcarsi per l’Italia». La Reuters parla di un’attività di pattugliamento molto «forte e determinata», sulla spiaggia e sulla terra, che sta ottenendo quelli che per loro sono ottimi risultati «nel ripulire l’area». In sostanza chi ieri si arricchiva partecipando al business dei barconi, oggi invece lavora con i guardiacoste del leader libico Fayez al Sarraj, che ha interesse a fermare i flussi, grazie ai finanziamenti che arrivano dall’Italia e dall’Unione Europea. Il gruppo, secondo le fonti di Reuters, gestisce anche un centro di detenzione per i migranti che vengono intercettati e di fatto catturati.
Volendo schematizzare, si potrebbe sostenere che per tanti fattori stranamente concomitanti, i migranti sono stati sottratti alle Ong che li recuperavano in mare, e consegnati alle mani di quest’organizzazione dalla reputazione molto dubbia (sempre secondo Reuters sarebbe capeggiata da un ex capo mafioso). L’accordo siglato dall’Italia con il presidente del governo di unità nazionale (Gna) di Tripoli, Fayez al Sarraj, prevede che sia la guardia costiera libica a effettuare salvataggi e riportare i migranti indietro sulla terraferma. Tutto questo era pensato dentro un quadro più largo, che come ha spiegato l’Alto commissario Onu per i Rifugiati, Filippo Grandi, punta a «migliorare le condizioni e trovare soluzioni per profughi e migranti». Con molto realismo Grandi ha anche spiegato che di fronte a quanto accade bisogna fare una scelta comunque angosciante tra l’esserci, ben sapendo di quali interlocutori hai davanti, e il non esserci.
Ora però il piano che ha portato a un blocco degli sbarchi prevedeva anche la creazione di campi sotto l’egida Onu. Impegno che è ancora sulla carta. «Sappiamo quello che sta accadendo in Libia», ha ammesso ieri a Vita.it il sottosegretario agli Interni Domenico Manzione. «Ma l’unica strada è trattare, per aprire prima possibile strutture di accoglienza temporanea non gestite direttamente dai libici, ovvero in cui tutti gli standard sui diritti umani siano garantiti».
Ma intanto quale sarà la sorte dei migranti che si sono trovati la strada sbarrata e che sono costretti a restare in Libia? Le rivelazioni sul ruolo assunto in questa fase da soggetti come Brigata 48 non possono non inquietare. Qual è il vero prezzo, dal punto di vista delle sofferenze e dei diritti calpestati, con il quale garantire un’estate tranquilla alle coste italiane?
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