Cronache russe

Putin verso il sesto mandato senza opposizione

Le domande censurate nella Conferenza stampa di Putin. La sparizione degli oppositori. E la storia di Elia Kabanov che ha provato ad avviare un procedimento penale contro il presidente per la guerra in Ucraina

di Alexander Bayanov

Un momento della Conferenza stampa di Putin

Putin, come previsto, ha annunciato di voler ricoprire un altro mandato, del tutto illegittimo, formalmente il quinto, ma in realtà già il sesto. Forse era ancora possibile in qualche modo ammettere il terzo e il quarto mandato, visto che la vecchia versione della Costituzione stabiliva che il presidente non poteva essere eletto per più di due mandati consecutivi, se ne poteva dedurre che fosse possibile essere rieletto più volte non consecutivamente. Questo è ciò di cui Putin ha approfittato quando è diventato primo ministro sotto il presidente Medvedev. E poi è diventato presidente ancora due volte. Nel 2020 sono stati adottati emendamenti alla Costituzione che erano di natura estetica e per nulla giuridica, ma proprio il fatto di introdurre tali emendamenti ha permesso di “resettare” i mandati precedenti del presidente Putin che questa volta andrà di nuovo alle urne, come se fosse un presidente completamente nuovo. Nello stesso tempo, nella Costituzione russa rimane il limite formale di due mandati presidenziali consecutivi.

In previsione delle imminenti elezioni di Putin, a Mosca si è tenuta una grande conferenza stampa con la partecipazione del protagonista principale. Tutti aspettavano le domande rivolte al presidente dalle madri e dalle mogli dei civili mobilitati per la guerra. Ma queste domande sono state censurate e, a parte l’affermazione che non ci sarebbe stata una seconda ondata di mobilitazione, nessuno ha sentito alcuna risposta al grido accorato di queste donne. Putin ha parlato per quattro ore riuscendo a dire assolutamente nulla.

Alexei Navalny è scomparso in una colonia penale vicino a Vladimir. Da più di due settimane non si sa più nulla di lui, dov’è? Cosa gli è successo? I canali Telegram vicini alle autorità hanno iniziato a diffondere informazioni secondo cui Alexei avrebbe tentato il suicidio. Il problema è che questo tragico sviluppo avrebbe potuto essere previsto. L’errore degli osservatori e degli attori dell’opposizione è che interpretano gli eventi del nostro tempo con le categorie dell’esperienza storica sovietica. Alexei probabilmente sperava che non gli succedesse nulla. Se anche se fosse stato mandato in prigione, sarebbe stato un prigioniero politico. Il che era necessario per la sua ulteriore attività politica in Russia, perché quando il governo cambia, gli ex prigionieri politici diventano il governo stesso. Questo è successo molte volte nella storia. Ma ormai la Russia è andata ben oltre. Abbiamo già citato le parole profetiche di Vaclav Havel, da lui pronunciate letteralmente pochi giorni prima della sua morte: “Penso che la società russa stia combattendo la più dura di tutte le forme conosciute di post-comunismo, con una speciale combinazione di vecchi stereotipi e un nuovo ambiente imprenditoriale mafioso.”

Penso che la società russa stia combattendo la più dura di tutte le forme conosciute di post-comunismo, con una speciale combinazione di vecchi stereotipi e un nuovo ambiente imprenditoriale mafioso

Vaclav Havel

Il regime di Putin è assolutamente convinto che non rischia nulla a uccidere Navalny in prigione. E dite quello che volete di questa morte, che è morto di problemi cardiaci, o che si è suicidato, dal punto di vista dell’opinione pubblica sarà presentato comunque come la sconfitta di Navalny. E a differenza che nell’epoca sovietica quando per i leader era importante la reazione che questo o quellevento suscitava in Occidente, al regime di Putin questo non interessa assolutamente. Questa è la cosa più orribile della situazione. Dal momento che le sanzioni non hanno causato molti danni al regime di Putin e tutto può essere fatto, qualsiasi dissidente” in Russia diventa una potenziale vittima. E lOccidente non ha alcuna leva per influenzare la situazione.

Abbiamo parlato con Elia Kabanov, un noto giornalista scientifico russo, che ha tentato di avviare un procedimento penale contro il presidente Putin per aver scatenato una guerra di aggressione.

Elia Kabanov è un giornalista scientifico residente a Londra che scrive di scienza, istruzione, cultura e tecnologia da oltre 20 anni. Ha lavorato per la pubblicazione siberiana indipendente Tayga.info e dopo essere emigrato ha creato la newsletter in lingua inglese Hypertextual. Ha studiato alla scuola di giornalismo scientifico di Erice in Sicilia, e ha svolto uno stage a Seattle (USA). Ha tenuto conferenze su scienza, giornalismo e libertà di parola in Germania, India, Bangladesh, Uzbekistan, Bielorussia e in metà delle regioni della Russia.

All’inizio della guerra con l’Ucraina, hai presentato una domanda alla Procura generale contro Putin, puoi raccontarcelo più in dettaglio? Come sono andate le cose?

Elia Kabanov: Ho fatto molte cose all’inizio della guerra. Quando è iniziata la guerra, mi è sembrato che tutti fossero sotto shock: non solo le persone della mia cerchia, ma in generale tutti, tutti erano nel panico. Non sapevano cosa fare e volevano che tutto finisse al più presto. E grazie ai miei studi di legge (sia pure non conclusi), ho capito che era necessario creare una sorta di base giuridica per prendere una decisione. Era necessario dare a tutti gli interessati un segnale che il popolo era con loro e che c’erano delle ragioni formali per rimuovere Putin dal potere.
Poi ho cominciato a scrivere lettere a tutti i deputati della Duma di Stato (la camera bassa del parlamento federale) che conoscevo personalmente. Non sono molti, circa quattro persone. Ho scritto lettere a tutti con spirito: “Cara Valentina Tereshkova (la prima donna cosmonauta sovietica)! Tu ed io siamo collegati da una sorta di storia. Tu ed io vediamo che è in atto un grande abuso, una violazione di tutte le leggi internazionali e russe. Abbiamo l’obbligo legale diretto di rimuovere dal potere questo pazzo totale”.
Naturalmente nessuno ha risposto. Ma mi è sempre piaciuto scrivere ogni sorta di appelli, dichiarazioni, lamentele. Ho trovato un modulo di feedback ufficiale sul sito web della Procura generale e lì ho scritto una dichiarazione chiedendo l’apertura di un procedimento penale. “Dai resoconti dei media, ho appreso che Vladimir Putin e i membri del Consiglio di Sicurezza hanno deciso di introdurre le forze armate russe in Ucraina, cosa che viola l’articolo 353 del codice penale della Federazione Russa riguardo allo svolgimento di una guerra di aggressione, e quindi chiedo che queste persone siano chiamate a rispondere penalmente delle loro azioni”.
Solo due mesi dopo ho ricevuto una risposta secondo cui in realtà il mio ricorso non evidenziava elementi di reato. Più o meno nello stesso periodo, appena un mese e mezzo dopo l’inizio della guerra, cominciò a circolare la notizia che alcuni disgraziati che avevano scritto lettere simili alla mia erano stati arrestati. Sospetto di non aver subito lo stesso destino solo perché me ne sono andato.

Leggi qui l’intervista completa con Elia Kabanov.

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