Cronache russe
Putin, illegittimo prima d’essere rieletto
L'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa dichiara fuorilegge l'elezione del presidente russo - il cui turno elettorale è previsto del marzo 2024. Il suo strapotere, che viola la Costituzione russa innanzitutto, è il risultato di una escalation autoritaria
La Russia si è trasformata in una dittatura. L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa – Apce, in vista delle prossime elezioni di Vladimir Putin previste per marzo 2024, ha deciso in anticipo di dichiararlo presidente illegittimo al termine del suo attuale mandato. «Lo strapotere del Presidente, risultante da una permanenza al potere estremamente lunga, combinato con l’assenza di controlli ed equilibri, come un parlamento forte, un sistema giudiziario indipendente, media liberi e una vivace società civile, ha trasformato la Russia Federazione in una dittatura di fatto», hanno affermato i parlamentari.
È interessante notare che l’Apce si riferisce agli emendamenti alla Costituzione russa che violano sia la legislazione russa che quella internazionale e sono stati introdotti nel 2020, e che consentono a Putin di rimanere al potere fino al 2036. È positivo che finalmente se ne siano accorti, dopo tre anni.
Abbiamo già attirato l’attenzione dei lettori su quanto sia istituzionalmente “forte” questa dittatura. Gli eventi del 23 e 24 giugno di quest’anno, conosciuti come l’ammutinamento di Prigozhin (di cui scrivemmo e che si possono leggere sotto, ndr)
hanno mostrato la debolezza del sistema di polizia russo. Quando i ribelli ben armati occuparono la città di Rostov sul Don, la polizia e i servizi segreti scomparvero da qualche parte, si dissolsero. Probabilmente sono stati usati per organizzare l’incidente aereo che ha provocato la morte di Prigozhin e che Putin ha commentato, beffandosi di qualunque buon senso, dicendo che nei corpi delle vittime sono stati rinvenuti frammenti di bombe a mano.
Servizi segreti e la caccia all’ebreo a Mahachkala
Un evento di natura simile si è verificato il 29 ottobre a Mahachkala, capitale della Repubblica del Daghestan, quando, sullo sfondo delle proteste antisemite, di fatto un pogrom, una folla di 300 persone ha sequestrato l’aeroporto internazionale e si è riversata sulla pista. Gli aeroporti, come noto, sono strutture ad alta sicurezza. Non si sa dove siano scomparsi la polizia e i servizi segreti e perché non abbiano nemmeno tentato di impedire il pogrom.
Tuttavia, la paura paralizzante dello Stato costringe la società civile rimasta in Russia a soffrire in silenzio e, secondo l’ambiguità dei tempi sovietici, a dimostrare esteriormente sottomissione alle autorità. Le autorità stanno spostando passo dopo passo i confini di ciò che è consentito e non prestano nemmeno più attenzione ai propri gesti democratici del passato. Solo 6 anni fa Putin, insieme al Patriarca Kirill, ha inaugurato personalmente il “Muro del Dolore”, un monumento alle vittime della repressione politica. Nel suo discorso inaugurale, ha affermato che la repressione politica è un crimine che non può essere giustificato da “nessun bene superiore del popolo”. E ha poi aggiunto che “durante il terrore stalinista milioni di persone furono dichiarate nemiche del popolo, fucilate o mutilate. Ne sentiamo ancora le conseguenze. Il nostro dovere è prevenire l’oblio”. Che cinismo agire esattamente all’opposto di quanto detto 6 anni fa!
La lotta alla memoria
A San Pietroburgo, nel luglio di quest’anno, nel cimitero Levashovsky, un enorme monumento ai polacchi repressi è scomparso dall’oggi al domani. Ricordiamo che la stessa cosa è accaduta con i monumenti ai fucilieri alpini nelle regioni di Voronezh e Belgorod. Negli ultimi mesi si sono verificati numerosi casi di vandalismo e scomparsa di monumenti a europei repressi e morti in diverse regioni della parte europea della Russia. Il 30 ottobre, nell’ambito delle giornate di commemorazione delle vittime della repressione politica e degli attuali prigionieri politici, grazie agli sforzi del Memorial e del Teatro Interno, nel cimitero Levashovsky è stato eretto un monumento al monumento demolito. Erano presenti circa 500 persone. Un prete cattolico ha celebrato una cerimonia commemorativa per le vittime.
Quest’anno la Memorial Society ha indetto una giornata di commemorazione per le vittime della repressione politica e una giornata di commemorazione per i prigionieri politici nelle carceri russe. Ad oggi, le organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno già registrato in Russia 609 prigionieri politici, che sono stati di fatto condannati per il loro disaccordo con la dittatura instaurata da Putin.
La restituzione dei nomi
Il 29 e 30 ottobre si è svolta in molte città del mondo la manifestazione per la “Restituzione dei nomi”. A Milano l’evento si è svolto il 29 ottobre, presso il Giardino Anna Politkovskaja ed è stato organizzato dalla Memorial Society e dalla Comunità dei Russi Liberi. Oltre ai russi vi hanno preso parte anche degli italiani. Le repressioni in Russia colpiscono soprattutto chi ha visibilità. Si è verificata una situazione incresciosa con il giornalista Evan Gershkovich, del Wall Street Journal, arrestato e detenuto dall’FSB con l’accusa di aver raccolto informazioni segrete. La vittima successiva è stata Alsu Kurmasheva, redattrice del servizio tataro-baschiro di Radio Free Europe/Radio Liberty, arrestata per non essersi dichiarata “agente straniero” ai sensi della nuova legislazione repressiva sull'”influenza straniera”. Questi eventi provocano tensione e paura tra i giornalisti che lavorano nei media stranieri, compresi quelli italiani, e che sono ufficialmente accreditati in Russia. Chiunque tra loro, in qualsiasi momento, può diventare vittima ed essere arrestato dall’Fsb con pretesti del tutto inconsistenti.
La foto di apertura è di Pool Kremlin/Avalon/Agenzia Sintesi.
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