Sostenibilità

Puntare su allevamenti e zootecnia

Dove e come investire

di Redazione

Nella Convenzione sulla Biodiversità (Rio de Janeiro, 1992), si esplicita il valore intrinseco della diversità biologica e dei suoi vari componenti ecologici, genetici, sociali ed economici e si riconosce inoltre che l’esigenza fondamentale per la conservazione consiste nella salvaguardia degli ecosistemi e degli habitat naturali. Negli anni successivi si sono susseguite diverse strategie e piani di azione europei e nazionali che hanno portato nel 2004 alla “Conferenza degli Stakeholder” dove si è proposto il “Countdown 2010” , una iniziativa rivolta ai governi, alle ong e a diversi settori economici, con lo scopo di sensibilizzarli sul raggiungimento dell’obiettivo nella riduzione di perdita di biodiversità; aspetto ridefinito nel 2006 con una nuova strategia messa in atto dall’Unione Europea.
L’emanazione del Regolamento 2078 UE viene però recepita solo da sei Regioni e solo successivamente con l’attuazione del PSR 2000/06 e 2007/13 tutte le Regioni italiane attivano le misure atte alla tutela della biodiversità. La Strategia paneuropea sulla diversità biologica e paesaggistica ha incentivato l’istituzione di nuove aree protette, di parchi regionali e nazionali che servissero a salvaguardare una agricoltura e una zootecnia di tipo estensiva orientata all’allevamento di razze autoctone al fine di contrastare l’abbandono delle aree interne. La difesa e la gestione dei “territori rurali” e i sistemi di produzione nella zootecnia estensiva sostenibile rappresentano oggi una possibile alternativa economica per le popolazioni interne. Questi territori, nei quali rientrano parchi, aree protette, riserve, aree rurali marginali e aree svantaggiate, sono accomunati da una serie di elementi caratterizzanti quali: bassa densità abitativa in confronto ai principali centri urbani periferici; un tessuto economico-produttivo basato principalmente sull’agricoltura e l’allevamento, in misura minore sull’artigianato locale e sulle piccole e medie imprese; un settore forestale determinante l’assetto generale del territorio e dell’ambiente, con influenze dirette sul paesaggio e sull’identità locale.
La valorizzazione, il mantenimento e il presidio di queste aree potrebbe essere attuato mediante l’implementazione e la reintroduzione di animali autoctoni adattabili alle condizioni geomorfologiche dell’ambiente in esame. Sono ormai ben noti gli effetti della sospensione o della sola riduzione del pascolo sulla composizione floristica e sui conseguenti fenomeni erosivi ed infatti le dinamiche che si innescano sono causa di trasformazione nei rapporti dinamici fra pascoli abbandonati e boschi. A tal fine la recente emanazione in molte regioni italiane di “P.I.F. di Prossimità e delle Aree Protette” può e deve rappresentare uno strumento di finanziamento oltre che di promozione al fine di incentivare e migliorare il reddito delle piccole realtà allevatoriali fondamentali per il presidio dei territori. Inoltre dalla letteratura comparata e incrociata degli articoli di legge è possibile evidenziare la volontà, da parte del legislatore di accettare o incentivare una zootecnia in qualche modo “diversa” rispetto a quella estensiva praticata in aree più vocate o in pianura. In altri termini, l’allevamento estensivo deve svolgere un ruolo multifunzionale, non deve essere finalizzato alla produzione di generici prodotti alimentari, deve essere orientato al mantenimento di produzioni locali e tipiche, deve puntare su tecniche di allevamento tradizionali o innovative compatibili.
Nei parchi italiani la maggior parte delle razze allevate o presenti occasionalmente appartiene a tipi genetici a discreta o ampia diffusione su tutto il territorio nazionale. Un esempio è dato dalla razza bovina podolica insistente nei Parchi nazionali del Gargano del Cilento e Vallo di Diano, del Pollino e dell’Appennino Lucano e non solo o delle pecore di razza Appenninica e Merinizzata Italiana presente in tutti i parchi del Centro-Sud.
Difficilmente si potrà quindi parlare di razza “tipica” o “esclusiva” di un parco. Infatti la Regione Basilicata nel 2008 emana la lr 26 che prevede un premio specifico per l’allevamento di razze locali a rischio: Gentile di Puglia, Garganica, asino di Martina Franca, Avelignese.
In questo contesto di rivalutazione dell’attività silvo-pastorale il nostro gruppo di ricerca ha inserito una prima indagine conoscitiva sui prodotti ottenibili dall’allevamento semi-estensivo della specie asinina (monitoraggio dei capi e definizione morfofunzionale del tipo genetico asinino maggiormente rappresentativo, definizione delle caratteristiche quanti-qualitative del latte e sperimentazione applicativa sui processi e possibili innovazioni di prodotto). L’indagine si basa sulla consapevolezza che l’allevatore riveste un ruolo determinante rispetto ai processi decisionali e di pianificazione in un sistema di allevamento tipico delle piccole attività presenti sulla dorsale appenninica: aziende, allevamenti e conduttori risultano fondamentali per il presidio il governo del territorio rurale.
*ricercatore presso
Università degli Studi della Basilicata


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