Non profit

Pubblicità sociale: benvenuti al supermarket delle idee

Gli spot “civili” funzionano? Omar Calabrese, dopo aver visto quello di Saatchi&Saatchi sulla pena di morte, dice di no. L’agenzia replica: "Anche il non profit è un prodotto"

di Carlotta Jesi

Pena di morte: l?unico errore cui non si può rimediare». È provocatorio lo slogan ideato gratuitamente dalla Saatchi&Saatchi per lo spot tv contro la pena capitale che da giorni, su Mtv, racconta la storia vera di un uomo di colore condannato ingiustamente tratta dal libro Un errore capitale di Amnesty International. Ma non funziona. O almeno così sembra pensarla Omar Calabrese, docente di comunicazione all?università di Siena. Che ha manifestato le sue perplessità sullo spot di fronte a una platea di creativi e pubblicitari di tutta Europa, riuniti la scorsa settimana a Siena per l?Ad Spot Non Profit 2001, la nona rassegna internazionale di comunicazione non profit organizzata dall?Ad European Events. Ferme le critiche di Calabrese: «Questa pubblicità non dà indicazioni sufficienti per cambiare le cose: e adesso che sono diventato contro la pena di morte, cosa faccio? A chi do il mio sostegno perché un?ingiustizia così non si ripeta? Lo spot non è efficace, e poi è inserito nel contesto sbagliato: fra la pubblicità di un detersivo e quella di un gelato, quando l?attenzione del pubblico è indifferente, il messaggio perde di significato». A celebrare le magnifiche sorti e progressive della pubblicità sociale, insomma, il professore non ci sta. E lancia un?altra accusa contro le agenzie che sponsorizzano il Terzo settore: «Attenti ai ?regali?, spesso servono solo a farsi pubblicità». Che ne dice Saatchi&Saatchi? Vita è andata a chiederlo a Maurizio Caprara, direttore dell?agenzia, che risponde per le rime a Calabrese. A cominciare dal suo spot: «Gli spazi pubblicitari in tv sono quelli in cui ci si rivolge ai consumatori, e quindi usarli per vendere un comportamento civile invece di un prodotto non è sbagliato. Non è vero che l?attenzione del pubblico è bassa. Certo misurare l?impatto di uno spot sulla coscienza delle persone è più difficile che sul modo in cui fanno la spesa, ma sono sicuro che il nostro annuncio raggiungerà l?obiettivo: sensibilizzare i giovani sulla pena di morte». E il sospetto che dietro alle pubblicità sociali realizzate gratis dalla sua agenzia ci sia un secondo fine? «Gli spot sociali aumentano la notorietà dell?agenzia, non c?è dubbio», ammette Caprara, «ma inserire in portfolio lavori per il non profit non basta per ottenere grandi clienti? magari fosse così semplice. Da 15 anni facciamo spot sociali e abbiamo una sezione dell?agenzia dedicata al cause related marketing. Non ci vedo nulla di cui vergognarmi. E neppure ho l?esigenza di creare pubblicitari specializzati: sarebbe controproduttivo. Oggi scelgo i migliori creativi che regalano ore di lavoro alla solidarietà e funzionano perché si cimentano su temi diversi. Facendoli lavorare solo sul Terzo settore atrofizzerei la loro creatività».


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