Sostenibilità

Pubblicità ingannevole Wind condannata a risarcire 130mila clienti

La controversia

di Redazione

Un contratto Infostrada che prometteva l’abolizione del canone Telecom, senza farlo.
Dopo sette anni,
la Corte d’appello dà ragione ai consumatori.
Che ora avranno diritto
al risarcimento.
Una vicenda che mostra quanto sarebbe utile
la class action…di Piero Pacchioli
La questione dei contratti “Solo Infostrada” sembra proprio un caso di scuola per spiegare l’utilità della class action. Migliaia di consumatori raggirati dal medesimo comportamento ingannevole di una singola azienda. Se in Italia ci fosse la possibilità di intraprendere azioni collettive, questa contro Wind sarebbe sicuramente stata una di quelle.

I fatti
Nel 2001 Infostrada, oggi incorporata dalla Wind, aveva lanciato una campagna pubblicitaria con cui offriva il contratto “Solo Infostrada” per la telefonia fissa, con la promessa per gli utenti di non pagare più il canone Telecom. Nel maggio del 2002 l’Antitrust aveva sanzionato Wind per pubblicità ingannevole riconoscendo che, su 138.178 contratti “Solo Infostrada” conclusi, i consumatori che non pagavano più il canone alla Telecom erano solo 690. In pratica quasi tutti i consumatori che avevano aderito all’offerta continuavano a pagare il canone Telecom.Era subito risultato evidente che l’azienda non aveva alcun interesse a rispettare il contratto stipulato con tutti gli utenti e, quindi, nell’autunno del 2002, il Movimento Consumatori, con un’azione collettiva disciplinata dalla legge 281/98 (oggi art. 140 Codice del Consumo), ha citato in giudizio la Wind-Infostrada. «È importante porre l’accento sulla gravità del comportamento tenuto da Wind», afferma Paolo Fiorio, legale del Movimento Consumatori. «La compagnia telefonica per accaparrarsi nuovi utenti ha lanciato una campagna pubblicitaria ingannevole per i consumatori, promettendo un servizio che sapeva fin da subito di non essere in grado di assicurare perché, per affittare da Telecom l’ultimo miglio della rete, avrebbe dovuto affrontare costi superiori rispetto ai possibili guadagni». Secondo le difese svolte da Wind, invece, i contratti stipulati nel 2001 non avrebbero avuto carattere definitivo, essendo chiaro che l’attivazione del servizio sarebbe dipesa da questioni tecniche legate principalmente a Telecom Italia. Wind, quindi, non ha potuto fornire il servizio non per propria colpa ma a causa del comportamento di Telecom.

La sentenza
Il Tribunale di Torino aveva accolto totalmente le richieste del Movimento consumatori ma, nonostante questo, Infostrada non aveva desistito e aveva proposto appello “congelando”, di fatto, la sentenza di primo grado. Finalmente, dopo sette anni di processo, la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale e, quindi, ha accolto integralmente le domande del Movimento Consumatori.A questo punto Wind dovrà attivare il servizio in accesso diretto a tutti i consumatori che hanno sottoscritto il contratto Infostrada e comunque dovrà inviare ai clienti una lettera con la quale, riconoscendo di non aver adempiuto ai contratti “Solo Infostrada”, s’impegna a restituire tutti i canoni pagati alla Telecom a partire dal giorno della sottoscrizione del contratto.

Urge class action
Il danno subito collettivamente dai consumatori è enorme: con una valutazione prudenziale, può essere stimato all’incirca in 50 milioni. «Con il suo comportamento Wind, infatti, ha acquisito illegittimamente oltre 130mila utenti non rispettando quanto aveva promesso», spiega Paolo Fiorio. «Ora, finalmente, è venuto il momento di risarcire i consumatori ingannati». «La vicenda Wind-Infostrada», sottolinea Alessandro Mostaccio, responsabile del settore Comunicazioni del Movimento Consumatori, «pone ancora una volta l’attenzione sulla necessità che il governo smetta di ostacolare l’introduzione in Italia della class action. Con questa legge il Tribunale e la Corte d’appello di Torino avrebbero potuto condannare Wind a risarcire direttamente i consumatori (invece la sentenza non ordina a Wind di rimborsare gli utenti, ma spiega che hanno diritto al rimborso, ndr). Noi crediamo fermamente che un compiuto disegno di liberalizzazione del mercato e della nostra economia non possa più prescindere da moderni ed efficienti strumenti di giustizia collettiva per impedire ulteriori danni e vessazioni per i consumatori».


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