Welfare

Pubblicato il Rapporto 2001 del Comitato anti-tortura

L'organismo del Consiglio d'Europa condanna la prassi di bendare gli arrestati per gli interrogatori. E dipinge una situazione "inquietante" in Cecenia

di Benedetta Verrini

Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) ha pubblicato oggi il suo rapporto generale d’attività, che contiene un bilancio dell’anno 2001. Il Comitato ha accresciuto la presenza sul territorio per trattare delle questioni particolarmente delicate, come la situazione in Cecenia o la riforma del sistema penitenziario in Turchia e la campagna di scioperi della fame che ne è seguita. Le attività di competenza del CPT coprono ormai l’insieme della regione caucasica e – in seguito al recente invito del Comitato dei ministri alla Repubblica federale jugoslava di accedere alla Convenzione europea per la prevenzione della tortura – dovrà molto presto estendersi ai Balcani. Alla luce dell’esperienza acquisita nel corso delle visite a innumerevoli stabilimenti carcerari e sedi delle forze dell’ordine nell’Europa intera, il CPT ha sollevato alcune importanti questioni. “Ci appelliamo affinché la pratica osservata in certi Paesi, consistente nel bendare gli occhi dei detenuti per l’interrogatorio, sia assolutamente interdetta” ha dichiarato la presidente del CPT, Silvia Casale. Nota positiva rilevata dal Comitato, il fatto che il diritto ad avere un avvocato durante l’arresto è largamente riconosciuto nei Paesi che sono stati controllati. “Tuttavia questo diritto deve essere garantito fin dall’inizio dell’arresto” ha sottolineato la Casale. Il rapporto si conclude con una dura dichiarazione pubblica relativa alla situazione di molti cittadini ceceni, che avrebbero subito a più riprese gravi violazioni dei diritti umani nel carcere di Tchernokozovo, un paese nel nord ovest della Cecenia. Il Comitato fa sapere di aver esortato fin dalla metà del 2000 l’amministrazione russa a svolgere un’approfondita inchiesta su questi fatti, ma di aver ricevuto un’inequivocabile risposta negativa. “Fatto ancora più inquietante – continua il documento – è che le autorità russe dicono di non aver mai autorizzato quel luogo come centro di detenzione nel periodo delle visite ufficiali del CPT”. Per vedere l’intero rapporto, www.cpt.coe.int


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