Welfare

Pubblica non vuol dire (solo) statale

di Flaviano Zandonai

Evviva il referendum. Che miete le messi rigogliose dei dubbi e dei distinguo e che ci obbliga a dire “Sì” o “No”, riducendo i toni di grigio delle posizioni in campo. O bianco, o nero. Nel caso dei quesiti sull’acqua una possibile fonte di incertezza riguarda le forme di gestione che muovono lungo l’asse pubblico / privato. Chi sta da una parte e chi all’opposto? Nel campo delle soluzioni pubbliche si può rispondere senza vacillare che lo Stato (inteso in senso ampio, nelle sue articolazioni territoriali e funzionali) sta in buona compagnia con un insieme di soggetti di natura giuridica privata che perseguono finalità di interesse collettivo attraverso la partecipazione diretta dei beneficiari alla gestione. Dunque cooperative, associazioni, consorzi ecc., peraltro già presenti, soprattutto in alcune regioni italiane, proprio nella gestione di risorse idriche come dimostrano, tra l’altro, una recente indagine realizzata dal centro di ricerca Euricse e l’approfondimento pubblicato sul numero 51 di Communitas, di prossima uscita.

Ma a ben guardare, che “pubblico” non coincida più solo con “Stato” va ben oltre le risorse idriche e coinvolge molti altri aspetti rilevanti del nostro vivere: assistenza, cultura, educazione, ecc. C’è una sorta di giurisprudenza di fatto che dimostra che la funzione pubblica è esercitabile anche da organizzazioni private e pure d’impresa che non massimizzano l’interesse individuale a scapito di quello collettivo e che si dotano di assetti gestionali ispirati al gioco democratico che, va ricordato, non è un’esclusiva di elezioni politiche o anche solo dei referendum.

Basta rileggere l’articolo 43 della Costituzione. «A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale». I nostri padri costituenti avevano la vista lunga, non solo in avanti ma considerando anche esperienze di gestione che affondano nelle radici lunghe della nostra storia come le comunità di regola e gli usi civici.

Direi che non ci dovrebbero essere dubbi su ciò che significa acqua “pubblica” o “privata”. In ogni caso, per capire cosa ne pensano i promotori dei referendum e i loro avversari basta fare i cittadini e partecipare al dibattito. Fra le tante occasioni segnalo il Festival dell’economia (Trento/Rovereto, 2/5 giugno). Ci saranno un paio di appuntamenti utili – si spera – a tracciare un segno sulle schede referendarie senza troppi patemi o ripensamenti.

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