Welfare

Psichiatria, un rapporto shock. Pazzia e povert

Sanità: una nuova emergenza mondiale. Quattro paesi su dieci non curano le malattie mentali e uno su quattro non dispone di farmaci.

di Emanuela Citterio

L?invisibile ferita. Così l?ha definita l?Organizzazione mondiale della sanità. è quella del disagio psichico, del disturbo mentale, della follia, che nei Paesi poveri e nei Paesi in guerra è una ferita sempre più difficile da curare. è ciò che emerge dai dati del progetto Atlas, una gigantesca mappa mondiale che l?Oms sta costruendo sulle risorse che i singoli Paesi mettono a disposizione della salute mentale. I dati raccolti in tutto il mondo rivelano che il 41% dei Paesi esaminati (185 sui 189 che fanno parte delle Nazioni Unite) non ha una politica per la salute mentale e che la maggior parte investe meno dell?1% del proprio budget sanitario per affrontare i disturbi psichici. Non solo: il 45% ignora incidenza e rilevanza delle malattie mentali nella popolazione, non avendo dati per studiare il fenomeno, e ben uno su quattro non ha alcuna legislazione in materia. Secondo l?Oms, le malattie mentali sono molto più diffuse di quanto finora si sia pensato, e la povertà ne è una delle cause. Soprattutto nei Paesi poveri non ci sono risorse per affrontare la vastità del fenomeno. «Nei Paesi in via di sviluppo ci si preoccupa di portare aiuti di tipo materiale o si lavora per migliorare le condizioni economiche della popolazione. Il disagio psichico legato alle situazioni di miseria è stato trascurato anche dai governi, eppure le esigenze sono enormi e le risorse scarsissime», dice Maurizio Focchi, presidente di Cittadinanza, un?associazione che promuove progetti di salute mentale nei Paesi poveri. Un esempio tra i più drammatici è l?Africa: qui il 90% degli epilettici non riceve alcuna cura, eppure basterebbero solo 5 dollari l?anno per malato. Sempre in Africa, il 79 per cento dei Paesi spende per la salute mentale meno dell?1% del proprio budget sanitario. Spesso le risorse disponibili vengono usate male: in Mozambico, per esempio, tutte le risorse che il governo destina alla salute mentale vengono assorbite da grandi strutture (i manicomi) spesso inefficaci dal punto di vista terapeutico. Se la povertà aggrava il disagio psichico e impedisce la sua cura, nei Paesi in guerra sono la violenza e il terrore a provocare traumi nella psiche delle persone. «Dopo le guerre si parla sempre di ricostruzione. Ma una guerra non lascia dietro di sé solo case abbattute» dice Luigi Ranzato, psicologo, esperto degli interventi di assistenza psicologica per i traumi di guerra. «È molto più difficile e delicato affrontare le ferite profonde dell?animo umano, i danni che la violenza ha lasciato nella psiche delle persone». Come in Afghanistan, dove negli ultimi 23 anni la popolazione ha subito l?occupazione russa, le violenze della guerra civile, l?oppressione del regime dei talebani, la minaccia delle mine disseminate sul territorio. E poi mutilazioni e distruzione di case e città. E poi ancora carestie, terremoti (l?ultimo poche settimane fa), migrazioni di profughi. Da tempo le ricerche condotte in Afghanistan mettono in luce un aumento del disagio mentale, specialmente fra le donne: già negli anni 80, Medici senza frontiere aveva dato l?allarme facendo notare che un numero sempre crescente di giovani combattenti soffrivano di problemi psicologici, così come molti dei rifugiati che aveva visto morire i propri familiari. Cinque anni fa, quando al potere c?erano i talebani, una ricerca rivelò che l?81% delle donne riportava un declino nella salute mentale, l?86% sintomi di ansia e addirittura il 97% di depressione. Nel 1997 un rapporto dell?Unicef ha sottolineato la vulnerabilità dei bambini: il 40% aveva perso almeno un genitore, due bambini su tre avevano visto cadaveri e il 90% era convinto che sarebbe morto durante il conflitto. E tutto ciò accade in un Paese che, rileva ancora l?Oms, ha soltanto 8 psichiatri e 20 psicologi per una popolazione di 17 milioni di abitanti. A Kabul sono disponibili solo 50 letti per malati mentali, 30 per gli uomini e 20 per le donne. I segnali confortanti, tuttavia, non mancano. «Negli interventi umanitari e di cooperazione sta crescendo sempre di più l?attenzione al disagio psichico e alla malattia mentale» sottolinea Ranzato. «Anche negli interventi nei Paesi in via di sviluppo ci si è accorti che l?aiuto materiale non è efficace se non è accompagnato dall?attenzione alle persone dal punto di vista psicologico». Le grandi istituzioni internazionali, come l?Oms e l?Undp (l?agenzia per lo sviluppo delle Nazioni unite) hanno scelto di dare più importanza alla salute mentale nel mondo. Per l?Oms il disagio psichico è diventato addirittura un allarme di sanità pubblica per l?intero pianeta, come conferma il varo del progetto Atlas. E anche le organizzazioni non governtive sono scese in campo: l?88% dei Paesi esaminati può contare sul lavoro di ong impegnate nell?area del disagio mentale. Atlas È il nome del progetto dell?Oms condotto su 185 Paesi. Di cui il: 43% non ha una politica per la salute mentale 25% non ha una legislazione in materia 43% non offre la possibilità di formarsi nel settore 20% non ha disposizione farmaci essenziali 41% non offre un servizio medico di base 45% ignora la rilevanza delle malattie mentali perché non ha dati per studiarle


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