Famiglia
Psichiatria democratica e la legge Cancrini
Riceviamo e pubblichiamo il commento di Psichiatria democratica alla legge Cancrini su psicoterapeuti privati nelle Asl
di Redazione
La proposta di legge Cancrini e altri (N° 439, presentata il 4 maggio 2006) intende offrire agli utenti dei servizi psichiatrici sedute di psicoterapeuti e interventi di centri di psicoterapia privati, pagati con i fondi del servizio pubblico. Tra le motivazioni che troviamo nella premessa, si sostiene che:
1) “la maggior parte delle strutture pubbliche non può permettersi di offrire interventi psicologici strutturati”;
2) l’accesso alla psicoterapia è proposto come aternativo al farmaco e al ricovero ben più costosi;
3) il servizio pubblico offre una privacy minore di quello privato;
Queste considerazioni sono a nostro avviso molto discutibili.
1) Il progetto di legge, che sembra basarsi su una visione arretrata, rigida, dei servizi pubblici, intende creare una situazione di tipo privatistico avallata e pagata dal servizio pubblico come se il medesimo non fosse in grado di erogare adeguatamente psicoterapie. Esaminando i curricula degli operatori si può constatare quanta formazione psicoterapeutica sia stata acquisita in questi anni e come i servizi dispongano di ampie capacità psicoterapeutiche. Questi saperi, verificati e incrementati collettivamente, con modalità che nessuna formazione privata può uguagliare, hanno nel tempo elaborato modelli di intervento specifici dotati di una loro dignità teorica, continuamente validata dalle pratiche. Le competenze vengono utilizzate anche in psicoterapie sistematiche strutturate, erogate da operatori iscritti all’albo degli psicoterapeuti, in rapporti individuali, familiari e gruppali. Certo che formazione e aggiornamento continui sono indispensabili, ma questo è tutto un altro discorso. Per i casi più gravi non c’è nessuna prova che il privato intervenga meglio del pubblico, anzi. I servizi vedono sistematicamete pazienti che i privati non riescono più a gestire e che a volte sono stati trattati indeguatamente per la loro gravità. Mentre è ormai validato un approccio multidisciplinare integrato che si fa carico sia del livello fantasmatico che di quello concreto inerente a bisogni complessi come riabilitazione, inserimento lavorativo, ecc.
2) Il rapporto tra farmaci, ricovero e psicoterapie ci sembra posto in modo troppo meccanico. Tra questi aspetti esistono infatti sfumature continuamente modificabili, con continui aggiustamenti di tiro, legati al procedere del rapporto col paziente. Solo con pazienti meno gravi, o con terapeuti straordinariamente efficaci è possibile gestire rapporti psicoterapici interamente senza farmaci e ricoveri.
3) Infine c’è da rilevare che il servizio pubblico offre, nei limiti del possibile, la scelta tra i diversi operatori e rispetta scrupolosamente la privacy dei pazienti.
4) Il progetto di legge, implicitamente, si muove sui presupposti che i sistemi formalizzati delle psicoterapie siano superiori ai sistemi di trattamento dei servizi pubblici, più aperti al cambiamento e alla invenzione collettiva, a nuove possibilità di rapporto e di conoscenza. Di fatto, sembra che non si ritenga modificale in senso psicoterapeutico il servizio pubblico, quando, invece, sono proprio le psicoterapie che tendono a codificare le risposte in sistemi chiusi, ripetitivi, più interessate alla purezza dei settings, che alla creatività di risposte nuove, come continua sfida della irripetibilità dell’altro.
5) Il problema centrale sembra però essere quello economico. Date le difficoltà per gli psicoterapeuti privati a reperire pazienti paganti, per il moltiplicarsi delle scuole, ci si vuole assicurare sicuri proventi con l’avvallo dei servizi pubblici. Sul problema delle psicoterapie si giocano enormi interessi e anche spazi di malafede. Troppo spesso chi ha erogato all’università formazioni mediocri, ha poi riservato il meglio di sè per le scuole private di appartenenza. Solo che oggi ci sono sempre meno persone disposte a pagare prezzi altissimi senza contropartite- pazienti da analizzare – che nessuna scuola può assicurare.L’accesso ai pazienti del servizio pubblico diventa quindi linfa vitale, indispensabile, per il mantenimento in vita delle scuole stesse di psicoterapia.
6) Questo progetto di legge è un segno della crisi delle scuole di psicoterapia private, del loro essersi spinte troppo lontano rispetto alle richieste di mercato, per cui, per uscire dal guado, cercano i salvagenti del servizio pubblico. Proprio nella peggiore tradizione di ogni statalismo, come ogni azienda in crisi che cerca di trasferire sullo Stato i costi dei suoi fallimenti.
Inoltre, si cerca di far passare, attraverso la terapia di pazienti provenienti dal servizio pubblico, quella parificazione alle scuole di specializzazione universitarie che è stata negata per i concorsi nei servizi pubblici. Con i titoli delle scuole private di specializzazione in psicoterapia non si può partecipare ai concorsi pubblici. E’ questa una cosa che va ribadita con forza per non creare false aspettative e zone d’ombra.
7) La logica privatistica della legge concepisce la psicoterapia come un sovrappìù che si può aggiungere a piacere, alle altre prestazioni nella più assoluta separatezza.
Il servizio che funziona è invece una totalità che interagisce con le sue parti e con l’esterno. Il gruppo come terapeuta agisce sistematicamente nelle singole relazioni come totalità aprendo dialettiche reali e fantasmatiche tra l’uno e molti, creando transfert individuali, collettivi, istituzionali che arricchiscono e plasmano la terapeuticità di tutti, con modalità del tutto estranee all’intervento privato. Nelle situazioni che funzionano, infatti, le conoscenze specifiche degli uni si confrontano, si verificano con quelle degli altri, portando a una continua messa in questione dei vissuti e alla creazione di nuovi saperi.
8) Chi fa solo la professione privata ha evitato le continue contraddizione dei servizi, la verifica collettiva dei propri saperi, come pure la rigidità dei concorsi, selezioni, ecc..
9) Infine è, a nostro avviso, discutibile una legislazione nazionale che pretende di normare un aspetto così particolare della sanità che attiene invece alla sfera di competenze regionali.
Inoltre, date le carenze di fondi per i servizi pubblici, non vorremmo che con questa proposta fossero distolte risorse a favore del privato.
In conclusione – a meno a che non ci siano cose tra le righe, come l’autorizzazione a convenzionare strutture psicoterapeutiche private in grado di ricoverare – nonostante la roboante premessa che fa appello a tutta la psicopatologia, forse l’elefante vuole solo partorire il topolino ma non può dirlo.
Forse questa proposta di legge chiede solo che un pò di pazienti nevrotici, meno gravi, che i servizi fanno fatica a seguire perchè oberati dai pazienti più gravi, siano affidati a psicoteraeuti privati a spese dello Stato. Allora bisogna partire dalla quantità di disagio psichico presente nella nostra società, e, soprattutto, bisogna chiedersi se la psicoterapia sia lo strumento più adeguato a gestirlo.
Ma questo è tutto un altro discorso. Ad onor del vero va comunque detto che
– molti servizi pubblici non erogano risposte soddisfacenti per nessuno, altro che psicoterapia!
– i rapporti tra psicoterapia e servizio pubblico sono un problema serio sul quale bisogna riflettere in modo adeguato;
– in casi particolari può essere utile affidare singoli pazienti a terapeuti privati;
Va comunque rilavato che le persone sofferenti di nevrosi, o di disagio psichico anche temporaneo, raggiungono cifre astronomiche, si parla del 20 per cento della popolazione totale. Siamo quindi di fronte ad un enorme problema sociale con implicazioni etiche di altissimo livello, al quale non si può rispondere con la psicoterapia. E’ quindi indispensabile trovare altre forme di intervento, agire sulle cause del disagio.
Paolo Tranchina, Psicologo analista, direttore della rivista Fogli di Informazione
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