Welfare

Provenzano si trincera dietro il silenzio

Nel corso del primo interrogatorio nel carcere di Terni, a poca distanza dalla cella di Giovanni Riina, il boss mafioso si è avvalso della facoltà di non rispondere.

di Redazione

Tace Bernando Provenzano. Il boss mafioso si è avvalso della facoltà di non rispondere nel corso del primo interrogatorio nel carcere di Terni. I magistrati palermitani Pignatone, Prestipino e Sabelli sono rimasti nel penitenziario soltanto un’ora, dalle 11.15 alle 12.15 circa. E la brevità della permanenza aveva già lasciato supporre che Provenzano non avesse risposto alle loro domande. Poi è arrivata la conferma dall’avvocato di Provenzano, Fanco Marasà: davanti ai pm il boss arrestato l’11 aprile scorso a Corleone dopo 43 anni di latitanza si è limitato a dire di volersi avvalere della facoltà di non rispondere. Una scelta attesa, tanto che già ieri il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso aveva sostenuto che l’interrogatorio era un “atto doveroso”, ma che non nutriva speranze sul suo esito. L’interrogatorio di Provenzano si è svolto in una saletta del reparto 41 bis, a poca distanza dalla cella occupata da Giovanni Riina, figlio dell’altro boss della mafia Totò. I pm palermitani sono entrati nel perimetro del carcere varcando i cancelli pochi minuti prima delle 11. Un’ora prima era arrivato anche il legale di Provenzano, l’avvocato Marasà. Con Provenzano i magistrati si sono trattenuti solo 8 minuti. Il tempo necessario per verbalizzare la decisione di non parlare del boss. Rimane la possibilità che il prossimo 2 maggio Provenzano partecipi in videoconferenza al processo davanti alla Corte d’assise d’appello di Palermo, nel quale è imputato, relativo a diversi omicidi mafiosi negli anni ’80. “Potrebbe partecipare, se starà bene quel giorno – dice Marasà – e se avrà voglia di partecipare alla videoconferenza”.


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