Non profit
Prove tecniche di “dopo Berlusconi”
Il voto sul federalismo crocevia della legislatura
Prove tecniche per andare oltre il Caso Berlusconi (che definirlo caso Ruby è sicuramente fuorviante): i giornali di oggi parlano della reazione di Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, ma anche delle scadenze decisive per la legislatura, a partire dal voto sul federalismo.
Il tentativo di guardare oltre il fango del caso Berlusconi è già nel titolo di prima del CORRIERE DELLA SERA: “Governo insufficiente da 6 mesi” è il virgolettato delle parole pronunciate ieri da Emma Marcegaglia, che apre a Tremonti premier: “Se eletto, perché no?”. Il ragionamento del presidente di Confindustria è sviluppato nel pezzo di apertura di pagina 2: “La Marcegaglia apre al voto: senza riforme meglio altre scelte”, riprendendo molte delle frasi pronunciate durante una intervista televisiva di Fabio Fazio a “Che tempo che fa?”. A cavallo fra pagina 2 e 3 una grande foto di Emma e un altro virgolettato eloquente: “All’estero dico sempre che esiste un’altra Italia che va a letto presto, che lavora seriamente, produce, fa impresa e si impegna”. E mentre il ministro della Pubblica Istruzione si carica sulle spalle il compito di difendere la maggioranza: “Gelmini: ecco l’agenda (rispettata) del governo”, è il titolo della sua lettera aperta al CORRIERE, Monica Guerzoni, a pagina 3, registra le reazioni alla lettera al CORRIERE di un altro ministro, Roberto Maroni, pubblicata nell’edizione di domenica, e della quale riportiamo il passo conclusivo: “il prossimo 2 febbraio, – ha scritto Maroni – il Parlamento deciderà se approvare o meno il federalismo fiscale targato Umberto Bossi, determinando di fatto le sorti della legislatura. Esattamente 20 anni fa, in un nebbioso weekend di febbraio, si teneva alla periferia di Milano il congresso di fondazione della Lega Nord. Nasceva il partito della rivoluzione federalista e di quella economica. Sentite come Umberto Bossi descriveva allora l’ambizioso progetto della Lega: «La rivoluzione della Lega è l’unica possibile rivoluzione socio-economica in un sistema industriale avanzato: è l’avvento del liberismo federalista. Grazie ad esso il blocco sociale dominante dei burocrati assistiti viene scalzato dal blocco sociale dei produttori: imprenditori privati e lavoratori dipendenti. Un blocco sociale produttivo, composto da imprese private concorrenziali, libere professioni, servizi funzionanti». Ora, dopo 20 anni, siamo finalmente arrivati al momento della verità.” Dunque è la scadenza del voto sul federalismo il vero snodo della legislatura. “Il Pdl: bene l’appello di Maroni. Gelo di Casini, no di Pd e Idv” mentre i finiani si dicono cauti e disponibili a discutere nel merito. Interessante anche l’intervista al vicesegretario del Pd: “Enrico Letta: «La Lega deve scegliere. Con Berlusconi federalismo a rischio»”. E dopo una pagina dedicata all’imbarazzo della Chiesa per le notti di Arcore, la politica torna alle pagine 6 e 7. Da un lato Berlusconi che tiene duro e si affida ai sondaggi, come sempre, per orientare le sue uscite mediatiche, e trova conforto nei numeri. Dall’altro il consueto scambio di inviti non raccolti fra il premier e il presidente della Camera: “Fini chiede le dimissioni del Cavaliere. I ministri si schierano: ma lo faccia lui”.
“Da mesi il governo è bloccato”. L’apertura di REPUBBLICA è dedicata alle dichiarazioni della Marcegaglia. L’analisi di Ilvo Diamanti è dedicata a uno scenario futuribile “E se il cavaliere uscisse di scena”: «Cosa accadrebbe? In primo luogo, si sfalderebbe la maggioranza. Quel patto tra partiti e gruppi raccolti intorno a lui – e da lui – dal 1994 fino ad oggi. La Lega, An, i gruppi post e neodemocristiani che ancora non si sono allontanati da lui, confluendo nel Terzo Polo. Il Pdl, in primo luogo. L’ha detto a “Ballarò” il ministro Angelino Alfano, tra i più vicini al Premier. Senza Berlusconi, il Pdl non potrebbe esistere né resistere. Perderebbe senso e fondamento. Identità, organizzazione e risorse. Come un ghiacciaio enorme, dove stanno un po’ meno di un terzo degli elettori, ma una quota molto più ampia del sistema mediatico, della classe politica e amministrativa – centrale e locale: si scongelerebbe. Poi, la Lega. Se ne andrebbe per conto proprio, attirando gli elettori, i gruppi economici e sociali, ma anche gli amministratori e i leader vicini alla sua proposta politica. Giulio Tremonti, per primo. Nel complesso, si spezzerebbe quel puzzle fragile che Berlusconi aveva composto. Perché, va detto, Silvio Berlusconi è l’unico ad aver “unito” l’Italia, nella Seconda Repubblica. A modo suo, intorno a sé. Questa base elettorale e questo ceto politico, un tempo distribuito su base nazionale, nel passaggio da Fi al Pdl si sono meridionalizzati. Si disperderebbero. In che direzione? Nel Centro-Sud: un elettorato frammentato e instabile, largamente controllato da lobby locali, singoli leader, mediatori politici. Probabilmente si frazionerebbe ulteriormente, in tante piccole leghe meridionali. Nel Nord, invece, la Lega rafforzerebbe il suo radicamento e il suo peso elettorale. Non aderirebbe a una nuova alleanza di centrodestra con un partito rimasto senza leader. Ma, probabilmente, investirebbe, senza troppe remore, nell’indipendenza della “Padania”. Approfittando della crisi economica e delle difficoltà dell’euro».
IL GIORNALE se la prende con i «tarocchi Rai». Il titolo della prima pagina è «Ballarò inventa una finta escort e i cattolici scaricano Santoro». La fotonotizia centrale è sulla «ossessione gossip» di Lucia Annunziata, definita «guardona radical chic» dopo l’intervista di ieri a Emilio Fede. A pagina 3 viene riportata per intero la lettera del sacerdote don Maurizio Patricelli a L’Avvenire, in cui si dava «voce allo sdegno per le vignette di Vauro sui sacerdoti pedofili». Mentre per il corsivo di Marcello Veneziani «a sinistra è scoccata l’ora dei devoti “papagliacci”». Si chiede Veneziani: «Ma con che faccia invocate il Papa, il ritorno dei principi morali? Io vi ricordo uno per uno voi laici, radical e di sinistra quando prendevate in giro i bacchettoni e giudicavate i richiami alla morale come un’ipocrisia di preti e conformisti». La replica alla presa di posizione della presidente di Confindustria viene invece affidata a un commento di Francesco Forte: «Ora la Marcegaglia fa la maestrina ma è per nascondere il suo fallimento», è il titolo in prima, mentre a pagina 9 si scrive: «La Marcegaglia cambia cavallo: Tremonti premier». Ma Berlusconi ha già pronta una strategia; scrive Fabrizio De Feo a pagina 6: «Silvio punta sui quarantenni e ricompatta le anime del Pdl».
IL SOLE 24 ORE si occupa degli sviluppi politici sia sul cartaceo che online. Sul sito appare una copertina dedicata alla presidente di Confindustria. “Marcegaglia: da sei mesi l’azione del governo non è sufficiente, il contratto nazionale non è al tramonto”. «Occorre verificare se questo governo è in grado di andare avanti e fare le riforme, altrimenti bisogna fare altre scelte». Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, parlando alla trasmissione televisiva “Che tempo che fa”, condotta da Fabio Fazio, ha detto che, dopo aver agito bene per esempio nel tenere a posto i conti, dai sei mesi l’azione del governo non è più sufficiente». La presidente aggiunge poi, riguardo al governo che «Nei primi mesi della crisi il governo ha tenuto i conti pubblici a posto e abbiamo visto invece cosa succede in Portogallo e Spagna ma ora serve di più: da sei mesi a questa parte l’azione del governo non è sufficiente». Un pensiero anche a Tremonti come post Berlusconi «Un nuovo premier deve avere la maggioranza parlamentare ed essere indicato, e io sono d’accordo, dagli elettori. Se ci saranno le condizioni perché Tremonti abbia queste caratteristiche, perchè no?». Sul cartaceo invece a pagina 11 Antonello Cerchi firma “Maggioranza in cerca di fiducia”. «La maggioranza di governo insegue l’ennesima fiducia. La numero 38, in poco più di due anni e mezzo di legislatura. Questa volta il Parlamento è chiamato a sindacare l’operato di Sandro Bondi. Per il ministro dei Beni culturali, nonché portavoce del Popolo della libertà, si apre oggi la settimana della verità, dopo che la mozione è rimasta sospesa sulla sua testa per due mesi, da quando a Pompei si è sbriciolata la Schola Armaturarum. Montecitorio doveva esaminare l’atto già a dicembre, ma la contestualità con la fiducia sul governo ha poi deciso di farlo slittare. E ora ci siamo». La situazione è difficile perché «Si tratta di una nuova tegola sull’esecutivo, già alle prese con gli scandali sessuali del premier Berlusconi. I numeri, seppure risicati, dovrebbero consentire alla maggioranza di salvare la poltrona di Bondi. E questo anche se il terzo polo dovesse votare contro. Ma non è poi detto che quest’ultima eventualità si verifichi, perché la nuova mozione di sfiducia è “variabile”: potrebbe, cioè, trasformarsi in fiducia nel caso il ministro adottasse determinate misure a favore della cultura indicate dagli stessi terzopolisti. Si chiede, in particolare, a Bondi di reperire le risorse per salvaguardare il patrimonio e le attività dello spettacolo, progressivamente diminuite senza che il ministro della cultura – questa l’accusa contenuta nella mozione – abbia saputo opporsi ai tagli». Nella stessa pagina di spalla c’è “La Lega stretta tra Cavaliere e federalismo” di Lina Palmerini. «Il federalismo è stato il luogo e il pretesto per giocare la partita a scacchi sulla legislatura. Proprio il terreno fertile della Lega è diventato il campo di battaglia dei destini del Governo e del premier che non sono affatto inseparabili. Ed è stato questo il tentativo messo in atto dal terzo polo con la mossa di lanciare un aut aut a Umberto Bossi chiedendo uno slittamento dei tempi sulla riforma federale: mettere un cuneo nei rapporti tra Cavaliere e Senatur separando la sorte della legislatura da quella del Cavaliere». Cosa che era già stata tentata per l’ultimo voto di fiducia vinto da Berlusconi. «Ma oggi, il caso Ruby, ha invertito i ruoli tra vincitori e vinti. L’arma scelta il terzo polo è potente. La Lega non può permettersi di perdere la bandiera del federalismo, né può permettersi di stare al Governo senza portare a termine la missione per la quale ha chiesto il voto agli elettori padani».
«Casini: governo Pdl senza Berlusconi» è il titolo di apertura de LA STAMPA. Il leader dell’Udc rilascia un’intervista al quotidiano torinese e offre un patto alla maggioranza. Casini è disposto a entrare con il terzo polo in un governo con il Pdl a condizione che a presiederlo non sia Berlusconi. Spiega Casini a Marcello Sorgi: «Qui nessuno sta pensando a ribaltoni. Sto dicendo che se nasce un altro governo di centrodestra, in grado di allargare la maggioranza e portare la legislatura a compimento, ritengo che i responsabili non sarebbero solo quelli che si sono costituiti in gruppo». Potrebbe esserci anche il Terzo Polo, «non è automatico, ma si potrebbe discuterne». La prospettiva è quella di un governo di centrodestra senza Berlusconi. Secondo Casini: «Dentro quel partito ci sono personalità autorevoli che potrebbero guidare un governo “senza”, ma non “contro”, Berlusconi, che potrebbe conservare il ruolo di leader del centrodestra e dedicarsi a chiarire la sua posizione personale. Al di là di quel che dicono tutti i giorni in tv, credo che nel Pdl siano in tanti a pensarla così. Sarebbe una via d’uscita ragionevole. Altrimenti non restano che le elezioni». In quel caso il terzo polo sarebbe pronto alle urne e lo scenario sarebbe questo: «Se si va al voto, ci saranno stavolta tre aree e tre scelte possibili per gli elettori: destra, centro e sinistra. Eventuali intese si vedranno al momento opportuno». Il commento dell’economista Mario Deaglio, invece, si sofferma su «I problemi che l’Italia ha scordato». «Per una decina di giorni gli italiani hanno vissuto una sorta di «vita parallela» in cui le vicende di Ruby e Berlusconi hanno spiazzato i normali parametri della realtà. E’ ormai tempo di scuoterci di dosso il senso di disgusto per il modo in cui una parte della classe politica trascorre le proprie serate di rilassamento e di tornare a occuparci di cose sicuramente più banali e, altrettanto sicuramente, meno disonorevoli», scrive Deaglio. In particolare, andrebbe discusso il federalismo: «sicuramente accattivante a parole ma molto difficile da realizzare in concreto. Invece di rappresentare una soluzione, il semplice passaggio dal centro alla periferia del controllo di alcune attività amministrative crea esso stesso dei problemi». Il quotidiano dedica due pagine alla Riforma giunta «all’ora della verità». Governo, parlamento e Anci «cercano il compromesso», mentre sullo sfondo si afferma la figura di Giulio Tremonti, «personaggio chiave nella strategia leghista», come spiega nel suo retroscena Fabio Martini: «Giulio il tessitore che piace al Senatùr e al cardinale». A pagina 7 giovanni Cerruti ricorda che per la Lega questa è la «sfida finale», il movimento «nasce nel febbraio 1991: il suo ambizioso progetto è ancora incompiuto». Ovvero, il federalismo «un sogno lungo vent’anni».
E inoltre sui giornali di oggi:
PRIMARIE
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine dedicate alle primarie a Bologna e a Napoli, la 8 e la 9. La notizia è che il Partito Democratico stavolta riesce a far votare i suoi candidati in entrambe le città. A Bologna non passa Amelia Frascaroli, considerata vicina a Romano Prodi, e il Pd riesce a mobilitare per il voto, con 28 mila elettori, più che nelle precedenti del 2008. Passa dunque Merola, mentre a Napoli prevale Umberto Ranieri, il responsabile del Mezzogiorno per il Pd, anche se in questo caso aleggia l’ombra del sospetto sulla regolarità del voto.
EGITTO
LA REPUBBLICA – “La democrazia del web, così i blogger in Egitto sconfiggono la censura”. Un reportage di Bernardo Valli sulla protesta che dilaga attraverso i nuovi canali: «n dibattito democratico, appassionato, ininterrotto, non udibile, che l’autoritaria oligarchia dominante non può mettere a tacere del tutto. Sulla terra dei faraoni, blog, Facebook, Twitter, insomma tutte le forme di comunicazione offerte dal web consentono agli internauti di beffarsi dell’imponente apparato di repressione, e di promuovere dialoghi e progetti senza curarsi troppo della censura. (…) è Internet che inventa la democrazia. E’ nel suo ambito che si progetta di conquistarla e che già la si pratica con la libertà d’espressione. Si lanciano idee, si stilano annunci, si inventano slogan, si promuovono iniziative».
IMPRESE
LA REPUBBLICA – “Quando l’azienda coccola il dipendente – Dai massaggi all’autodifesa, tutti i nuovi benefit: «Si passa dal welfare al wellness»”: «La crisi non ha cancellato lo sforzo delle aziende per “coccolare” i dipendenti, uno sforzo che riguarda ormai quasi un quarto delle imprese italiane sopra i 20 dipendenti e che non è, o non è soltanto, un atto di liberalità. “Le ricerche internazionali mostrano che politiche di work/life balance e produttività sono direttamente collegate – dice Frank Cinque, managing director di Altis, l’alta scuola dell’Università Cattolica di Milano che studia il rapporto tra impresa e società e che promuove il premio “Famiglialavoro” – Per questo, e nonostante i problemi collegati ai mercati e alla produzione di questo periodo, la maggior parte delle aziende non ha abbandonato, anzi sta rafforzando oppure imbocca ora la strada delle politiche di conciliazione”. (…) Sostegno economico e servizi per i figli, a cominciare dai classici nidi aziendali (ormai quasi 300 in Italia, dopo un lungo periodo di oblio e di diffidenza anche sindacale) sono ai primi posti. Ma nella aziende dove l’età media è più bassa e che impiegano un maggior numero di quadri e di manager anche servizi più ludici e più orientati alla carriera hanno successo». Di spalla intervista a Marco Boglione, presidente di BasicNet: «Nella sede di Torino, abbiamo il 73% di donne e un’età media di 34 anni. Dunque si è pensato ai figli e alla famiglia mettendo a disposizione un autista e un fattorino che sbrigano commissioni e in caso di necessità vanno a prendere i bambini, ma anche alla palestra, dove il personal trainer è presente tutti i giorni. E l’estate prossima speriamo di poter offrire anche una piscina».
TASSE
ITALIA OGGI – Il quotidiano dei professionisti dedica tutta la pagina 8 a una curiosa ricognizione sulle tasse più strane del mondo. In cima alla lista c’è il Tennessee. Una norma approvata nel 2004 prevede una tassa sul possesso di droga: 3,5 $ al grammo per la marijuana, 50$ per la cocaina e 200 $ al grammo per crack. Sempre in Usa, nello stato della California, c’é una tassa del 33% sull’acquisto di frutta fresca presso distributori automatici, mentre in North Carolina si pagano 10 dollari all’anno su cani e gatti sterilizzati e di 75 su quelli non sterilizzati. In Svizzera invece si pagano 50 franchi l’anno sugli animali domestici. Come fa notare il pezzo “Evadi? Il fisco ti sopprime i cane”, chi non paga la tassa si vedrà soppresso il cane o il gatto. In Olanda invece, la possibilità di dedurre della tasse i costi per seguire corsi di formazione in magia.
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