Formazione

Prove Invalsi: i risultati sono terribili ma non diamo la colpa (solo) alla Dad

Il 39% degli studenti delle scuole medie non ha raggiunto gli standard minimi in italiano, il dato sale al 45% in matematica. E alle scuole superiori la percentuale sale ancora di più: rispettivamente al 44% e al 51%. La pandemia e la didattica a distanza sono state le “prime accusate" della situazione sull'apprendimento dei ragazzi ma «il Coronavirus e la dad», spiega Marco Rossi Doria, presidente di Con i Bambini, «sono state la coda lunga, uno tsunami che ci ha trovato impreparati, e non hanno creato ma solo accentuato la situazione drammatica della scuola in Italia»

di Anna Spena

Il 39% degli studenti delle scuole medie non ha raggiunto gli standard minimi in italiano, il dato sale al 45% in matematica. E alle scuole superiori la percentuale sale ancora di più: rispettivamente al 44% e al 51%.

Assomiglia ad un bollettino di guerra il Rapporto Invalsi che descrive la situazione degli studenti italiani. «Questi dati sono terrificanti», non usa mezze misure Marco Rossi Doria, presidente dell’Impresa Sociale Con i Bambini, e con le sue parole fotografa perfettamente la situazione drammatica in cui si trovano gli studenti italiani, quindi la scuola italiana, e ancora tutta la società. «In un Paese grande», aggiunge Rossi Doria, «tra i più ricchi del mondo, con tante persone e realtà, dagli insegnanti agli enti del Terzo Settore, che provano a fare bene, a supportare i ragazzi, questi dati sono deprimenti».

La pandemia e la didattica a distanza sono state le “prime accusate" dei danni enormi sull'apprendimento dei ragazzi. Ma il problema può davvero essere circoscritto agli ultimi due anni? «Il Coronavirus e la dad», spiega il presidente di Con i Bambini, «hanno solo accentuato la mancanza di politiche pubbliche serie. Sono almeno 25 anni che la scuola non ha l’attenzione della politica: i fondi europei sono stati indirizzati male e le politiche compensative stabili e di lungo periodo del tutto inesistenti. È un’interpretazione parziale quella di dare la colpa alla dad, è un’interpretazione che come presidente di Con i Bambini non posso accettare. É una lettura della realtà insufficiente, la dad è stata uno strumento necessario e largamente insufficiente, ma non la causa originaria della situazione della scuola in Italia».

E infatti anche se il calo è generalizzato in tutto il Paese, solo la provincia autonoma di Trento rimane sopra la media delle rilevazioni del 2018 e del 2019, ad essere più colpiti sono stati gli studenti e le studentesse che fragili lo erano anche prima della pandemia. «La pandemia ha impoverito i più poveri», spiega Rossi Doria, «è ormai un’anno e mezzo che denunciamo i problemi di connessione, di case piccole, di mancanza di device. Ma attenzione: questa è stata solo la coda lunga, uno tsunami che ci ha trovato impreparati dopo 25 anni di mancanza di politiche sull’articolo 3 della costituzione che che ci chiama a dare di più a chi ha di meno, come diceva Don Milani. L’ultimo vero atto importante e concreto che la scuola ricordi risale al 1963 con l’istituzione della scuola media unificata che ha esteso in maniera efficace ed efficiente a milioni di persone il diritto allo studio. I 20 anni successivi sono stati anni vivi per la scuola italiana. Ma poi? Da allora non c’è stata nessuna offerta che abbia creato compensazione. Chi ha lavorato per la riduzione del danno? Certo c’è stato l’impegno eroico di tanti insegnanti e degli enti del Terzo Settore, sono stati loro che hanno svolto un’azione compensativa. E se non ci fossero stati, i dati che ci troviamo davanti oggi sarebbero stati ancora peggiori».

E peggiore, come spesso accade in Italia, è la situazione di chi vive nelle regioni del Sud dove oltre la metà degli studenti non raggiunge la soglia minima di competenze in Italiano: Campania e Calabria 64%, Puglia 59%, Sicilia 57%, Sardegna 53%, Abruzzo 50%. In Campania il 73% degli studenti è sotto il livello minimo di competenza in matematica, 69% Puglia, in Sicilia 70%. «I divari territoriali dipendono dai divari di classe dovuti alle condizioni sociali di origine delle famiglie che sono peggiorati e anche dalle capacità degli amministratori locali di contrastare il fenomeno aiutando le comunità educanti. Ripeto anche in questo cosa siamo davanti ad un combinato disposto, non è colpa della dad, la dad non basta a creare situazioni così gravi, al massimo le accentua. Ma queste condizioni hanno origini lontane. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è esplicitata l’importanza di raggiungere le competenze di base in italiano, in scienze, matematica», dice Rossi Doria, «ma come si colmano le lacune dei ragazzi senza sostenere anche le loro famiglie? Ad aumentare in questi mesi è stata anche la sofferenza sociale. Dobbiamo creare luoghi di aggregazione o immaginare una scuola “sempre aperta” prolungandone l’orario. Durante la pandemia la scuola è diventata “più di classe” per citare ancora Don Milani. Ma non si risolve un problema utilizzando sempre lo stesso approccio al problema. Dobbiamo avere il coraggio di innovare la didattica».

Altro dato drammatico è quello della dispersione implicita. La dispersione scolastica nascosta coinvolge gli studenti che, pur non essendo dispersi in senso formale, escono dalla scuola senza le competenze fondamentali. Nel 2019 la dispersione scolastica implicita riguardava il 7% degli studenti che di fatto ha conseguito il diploma di scuola superiore ma con competenze di base equivalenti a quelle del primo biennio della scuola secondaria di secondo grado. Oggi questo dato è salito al 9,5% e in alcune ragioni del Mezzogiorno è raddoppiato o quasi: Calabria 22,4%, Campania 20,1%, Sicilia 16,5%, Puglia 16,2%. Il fenomeno è preoccupante perché nelle stesse regioni anche il numero di dispersi espliciti è molto più alto della media nazionale. «E questo non è in alcun modo accettabile», dice Rossi Doria. «E allora anche in questo caso c’è bisogno che i ragazzi vengano supportati, invogliati. C’è una parte della scuola che comprende quanto sia preziosa la collaborazione con il Terzo Settore. La co-progettazione, la creazione di una comunità educante, dove lavorano in sinergia la scuola, il privato sociale, i comuni e tutti le istituzioni più prossime ai cittadini, è la vera risorsa. C’è un’altra parte della scuola che invece continua a concepire una didattica che non è più aderente alla realtà dove “si apprende solo in classe”, le lezioni sono solo frontali, il giudizio si racchiude in un voto e la bocciatura è uno strumento valido. Eppure proprio sulle bocciature i dati invalsi ci dicono che non servono a niente perché gli studenti che hanno avuto una bocciatura, continuano ad avere risultati più bassi rispetto a chi non è stato bocciato».

A tenere di più in questi mesi è stata la scuola primaria che è riuscita ad affrontare meglio le difficoltà della pandemia, i risultati riscontrati oggi, infatti, sono simili a quelli del 2019. «Quando si entra nell’adolescenza», spiega il presidente di Con i Bambini, «la situazione peggiora. La scuola primaria tiene di più e questo è dovuto alla tradizionale e maggiore capacità di relazione educativa che che gli insegnanti alla scuola dell’infanzia e alle primarie sanno instaurare. Adesso non si può più procrastinare: la scuola e i giovani devono essere una priorità. Dobbiamo realizzare la programmazione UE 2021/2027, investire con il grande esercito civile italiano nella costruzione di comunità educanti. Anche noi come Con i Bambini ci battiamo da sempre per questo, ma solo i nostri bandi non bastano. C’è una distanza troppo larga tra le risorse messe in campo oggi e le necessità del Paese. Abbiamo bisogno di una riflessione politica seria, e ne abbiamo bisogno adesso. Ad oggi mi sembra ci sia più attenzione da parte del governo e spero che sapremo lavorare in questa direzione. Ma l’emergenza è chiarissima e l’economia di un Paese con un sapere diffuso così povero non può andare avanti».

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