Oggi alle 15 sul campo centrale di Wimbledon Andy Murray ha un appuntamento con la storia. Sua. E del tennis. Dopo aver perso 3 finali, tra il 2008 e il 2011, il tennista britannico potrebbe diventare il primo suddito di Sua Maestà a vincere un torneo del grande Slam nel singolare maschile dopo 76 anni. L’ultimo a farlo, nel 1936, fu un destro di Stockport, diventato famoso più per un marchio di abbigliamento che per la sua bravura (non poca) sul terreno di gioco. Il suo nome era Fred Perry e tra il 1934 e il 1936 conquistò 8 tornei dello Slam.
Una finale, quella di oggi, che vede il britannico (“sono scozzese quando perdo e inglese quando vinco”) contrapposto a Roger Federer, uno che a Wimbledon è di casa, avendo conquistato per sei volte il trofeo londinese. E che se dovesse battere Murray diventerebbe insieme a Pete Sampras e William Renshaw il tennista più titolato sull’erba dell’All England Lawn Tennis e Croquet Club. Se per Federer ogni titolo è un aggiornamento delle sue statistiche da leggenda, una vittoria per il 25enne britannico potrebbe essere la fine di un’era e l’inizio di un’altra.
Uno, Murray che il marchio del predestinato per lo sport e per la vittoria ce l’ha scritto nel Dna. Papà giocatore di calcio, con un passato discreto nell’Hibernian, mamma maestra di tennis. Risultato: Andrew e il fratello maggiore Jamie cominciano a giocare, poco dopo aver incominciato a camminare. Andy è bravo, molto. A 12 anni vince la sua categoria all’Orange Bowl, il torneo giovanile più importante del mondo. Poi a 13 anni lo stop. Stress, molte aspettative, il ragazzo decide di dedicarsi a un altro sport in cui riesce bene, il calcio. Sostiene un provino con i Rangers di Glasgow ma anche in quell’occasione si stanca e torna al primo amore: la racchetta. A 14 anni si trasferisce a Barcellona dove si forma all’Accademia Sanchez-Casals, diretta da Emilio Sanchez, il fratello di Arantxa ed ex numero uno del mondo nel doppio. La sua crescita è costante, nel 2004 vince il torneo juniores agli Us Open e nel 2005 arriva al terzo turno di Wimbledon, dopo aver usufruito di una wild card.
Da quel momento 22 vittorie in 33 finali giocate, ma nessuna consacrazione. “Non è maturo mentalmente”, dicono in molti. Di certo è che Andy, davanti alla meta, si scioglie come la neve al sole. Per vincere qualcosa ha anche assunto un nuovo coach, lo statunitense di origine cecoslovacca Ivan Lendl. Che di Slam ne ha vinti otto. Per sapere se è bastato, bisogna attendere solo qualche ora.
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