Welfare
Protezione speciale, ong ActionAid: «Basta retorica, migranti non sono un peso»
Lo scorso anno i beneficiari della protezione speciale sono stati 10.865, un numero più alto rispetto a chi ha ottenuto lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria. Adesso il Governo italiano mette a rischio la protezione speciale: «Dove andranno queste persone? Riempiranno gli hotspot o diventeranno illegali sul territorio?», spiega Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid. «Il problema vero del governo italiano è che sull’immigrazione manca di visione a lungo termine. I migranti che arrivano in Italia sono un’opportunità, ci aiutano a tenere in piedi il Paese»
di Anna Spena
Sono tre le forme di protenzione internazionale che i migranti che arrivano in Italia possono chiedere: asilo politico, protezione sussidiaria e protezione speciale. La prima dà accesso allo stato di rifugiato a cui viene rilasciato un permesso di soggiorno, chi la chiede deve dimostare un fondato timore di subire nel proprio paese una persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra; la seconda viene rilasciata a chi, pur non possedendo i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, viene protetto perchè se ritornasse nel Paese di origine, andrebbe incontro al rischio di subire un danno grave, la protezione speciale, invece, ha sostituito la protezione umanitaria abolita con il decreto Salvini. Di fatto si configura come un permesso di soggiorno temporaneo per casi speciali tra cui quelle per cure mediche. L’anno scorso i beneficiari della protezione speciale sono stati 10.865. Un numero più alto rispetto a quelli che hanno ottenuto l’asilo politico, 6.161, e la protezione sussidiaria, 6.770. Le domande esaminate per tutte e tre le tipologie di protezione sono state 52.625. Più della metà, il 53%, è stata rigettata.
Qualche giorno fa il governo italiano ha dichiarato, su proposta del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, lo stato di emergenza per sei mesi a seguito dell’incremento degli arrivi delle persone attraverso le rotte del Mediterraneo. Un provvedimento che stanzia fondi specifici, si parla di 5 milioni di euro, e può attribuire poteri straordinari al Governo. Ne abbiamo parlato qui "Sull'immigrazione lo stato di emergenza costa più dell’accoglienza". Le modifiche richieste dal governo nel decreto Cutro mettono a rischio la protezione speciale che può essere chiesta dai cittadini stranieri secondo l’articolo 19 del testo unico sull’immigrazione. “In nessun caso”, è esplicitato nel testo, “può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”.
Da qualche giorno divampa un dibattito interno sulla protezione speciale, ovvero se si tratta di un’eccezione italiana come indicato da alcune dichiarazioni rilasciate dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni o piuttosto di un’approccio previsto anche in altri Paesi dell’Unione Europea. La risposta è semplice: permessi di soggiorno molto simili alla protezione speciale vengono garantiti in molti Paesi dell’Unione. Ne abbiamo parlato qui “Protezione speciale, l'esperto europeo: «Meloni sbaglia, non esiste solo in Italia»”.
«Nel caso diventasse effettiva», spiega Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid, «immagino che non sarà retroattiva. Ma al momento dei rinnovi? La protezione speciale infatti dura due anni e il suo rinnovo è legato ad una rivalutazione della situazione da parte di un commissione territoriale. Ci saranno molti contenziosi e ricorsi e ciò comporterà un aumento di lavoro, e quindi anche di risorse spese, per la magistratura. Di fatto mentre i costi per la macchina dello Stato aumenteranno ci saranno persone costrette a vivere nell’incertezza più totale».
Ma se la protezione speciale sarà davvero ritirata cosa succederà a chi si trova già sul territorio italiano in attesa di risposta? «Presumiamo», continua De Ponte, «che le persone saranno spostate negli hotspot perché non entreranno nel sistema pubblico di accoglienza e integrazione e alcuni vivranno come irregolari sul territorio. Il problema del governo italiano è che sull’immigrazione manca di visione a lungo termine. I migranti che arrivano in Italia sono un’opportunità. Anche se volessi tenere per un momento da parte la questione umanitaria, che è fondamentale, la verità è che in Italia abbiamo bisogno di manodopera giovane che ci aiuti a tenere insieme il welfare e il sistema pensionistico. Basta con la retorica de “i migranti sono solo un peso per il Paese”».
E infatti quando si riferiscono al debito dell’Italia, le cifre del Documento di economia e finanza non possono però ignorare l’immigrazione. I numeri costringono a guardare la realtà, quella vera, non quella raccontata. L'impatto dell'immigrazione sul debito pubblico da ora al 2070 prospetta tre sono gli scenari: A) se la situazione rimane stabile, il debito pubblico italiano aumenterà di circa 10 punti di Pil; B) facendo diminuire l’immigrazione del 33% (un terzo) rispetto al numero attuale, il debito pubblico salirà al 200 per cento del Pil (oggi è al 145%); C): se l'immigrazione aumenta del 33%, il debito pubblico scende sotto il 130 per cento del Pil. Questa è la realtà. Una realtà che quella benda sugli occhi impedisce di vedere nella sua convincente limpidezza. Ne abbiamo parlato in questo pezzo "Def: cooperazione e immigrazione restano nell’ombra".
Credit foto ong Sea Eye
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