E’ una buotade lo ammetto. Forse per colpa degli allerta meteo di un venerdì invernale e piovoso. Ma perché non provarci? La nuova protezione civile in forma di società di capitali potrebbe essere un’impresa sociale. Tecnicamente credo si possa fare (anche se temo qualche smentita ad alzo zero): sulla finalità di interesse generale sfido chiunque a dimostrare il contrario, mentre per il settore di attività si potrebbe optare per l’ambiente (vabbé tirata per i capelli ma si è visto di peggio). L’aspetto forse più interessante è il coinvolgimento degli stakeholder: i lavoratori retribuiti (già sul piede di guerra) ma soprattutto i moltissimi volontari (e le loro organbizzazioni). E poi “gli utenti”, i cittadini rappresentati da associazioni ma anche dai loro enti locali (che da quel che capisco si sentono esclusi dal nuovo progetto). Sarebbe un ottimo antidoto ad una possibile deriva tecnocratica della nuova Spa e, ancor peggio, ad uno strapotere governativo su una struttura che, come si è dimostrato più volte, per funzionare bene ha certamente bisogno di un assetto più imprenditoriale, ma anche di una governance allargata. In fondo la protezione civile non è solo un dipartimento della pubblica amministrazione in cerca di maggiore autonomia e snellezza, ma una specie di “brand” che fa bella mostra non solo sul pullover blu di Bertolaso ma anche sulle giacche catarifrangenti di vigili del fuoco, ingegneri, geologi, volontari in generale. Tutta gente che ha contribuito non poco a renderlo un marchio di successo.
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