Welfare

Protezione civile digitale

di Flaviano Zandonai

Siamo tutti d’accordo: in caso di calamità bisogna sporcarsi le mani. Intervenire sul posto per soccorrere e, per quanto possibile, ripristinare. Dunque colonne di automezzi, strutture da campo e così via. E’ questa la rappresentazione della protezione civile, ben corredata da uno spirito professionale e volontaristico che nonostante l’assetto burocratico da amministrazione centrale e progetti di riforma in stile SpA è – per fortuna – duro a morire. Ma anche Hackathon Terremoto è protezione civile. Qualche giorno fa a Bologna si è tenuta una sessione di programmazione informatica collaborativa (una maratona di hacker) che in un paio di giorni (e di notti) ha focalizzato i bisogni delle persone vittime del recente terremoto in Emilia e ha ideato soluzioni che consistono in applicazioni per gestire domanda e offerta d’aiuto, valutare le condizioni strutturali della propria abitazione, gestire la vita nelle tendopoli, trovare case in affitto e così via. Soluzioni semplici a problemi ben definiti. Certo, senza colonna mobile della protezione civile non si esce dall’emergenza.  Ma anche scaricando un’app sullo smarthphone può aiutare, almeno per coloro – e sono sempre più – che sono dotati di strumenti e di un minimo di cultura d’uso. Da notare inoltre che queste applicazioni prevedono una qualche forma di attivazione da parte di beneficiari e che, tutto sommato, questa versione digitale della protezione civile si può facilmente integrare con i classici interventi d’aiuto “off line”. Un esempio, non il primo peraltro, che dimostra come l’innovazione sociale, alla prova dei fatti, è meno eterea e sfuggente di quel che appare, soprattutto se ci sono di mezzo iniziative, come quella bolognese, che sono sociali sia nei mezzi che nei fini. Infine: tutte le applicazioni di Hackaton Terremoto, con qualche adattamento, potrebbero essere altrettanto utili per gestire altre attività, anche in contesti non così critici. Basta volerlo.

p.s. le app di Hackathon Terremoto sono startup e possono essere finanziate (via paypal); visto che l’Emilia Romagna è (anche) terra di fundraiser non sarebbe male prevedere una più robusta campagna a riguardo.

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