Formazione

Prostituzione, le lucciole invadono Seul

Manifestazione senza precedenti: 3mila prostitute sudcoreane protestano contro una legge che mira a chiudere tutti i quartieri a luci rosse della capitale

di Redazione

Oltre 3.000 prostitute sudcoreane in magliette gialle e jeans, mascherine sulla bocca e occhiali neri per proteggere la propria identita’, cappellini rossi, bianchi e blu, hanno inscenato oggi una dimostrazione senza precedenti a Seul contro la lotta dura scatenata dal governo nei confronti dei quartieri a luce rosse e chiesto a gran voce le dimissioni del ministro per le pari opportunita’. ”Dobbiamo vivere anche noi”. ”La repressione e’ inutile. ” Si’ alla prostituzione legale”, hanno scandito in coro le dimostranti che si sono scagliate in particolare contro la signora ministro delle pari opportunita’ Chin Eun Hee, ispiratrice della legge che mira a chiudere tutti i quartieri a luci rosse del paese, e all’origine di una vasta azione di polizia iniziata lo scorso 22 settembre con retate giornaliere contro i gestori di bordelli clandestini, prostitute e clienti. In poco meno di 30 giorni sono finite in carcere oltre 3.000 persone. La legge approvata pochi mesi fa, dopo anni di campagne a tamburo battente di movimenti per i diritti delle donne e di censure internazionali contro il lassismo delle autorita’, introduce il reato di tratta di schiave del sesso, punisce con dieci anni di carcere e multe pesantissime i trafficanti e i gestori di locali di prostitute. Anche per i clienti che ne approfittano sono previste pene: fino a un anno di carcere e un’ammenda di tre milioni di won (circa 2.100 euro al cambio attuale). ”Ci battiamo per la nostra liberta’. Nessuno ci ha costretto a scendere in piazza” hanno rivendicato le dimostranti negando di aver preso parte alla protesta dietro pressioni dei gestori di locali per sesso mercenario, l’obiettivo principale delle retate della polizia. L’industria del sesso sudcoreana genera all’anno proventi per circa 21 miliardi di dollari Usa, pari al 4% dell’ intero Pil sudcoreano. Nonostante la sua facciata di paese con una morale rigidamente confuciana che l’ha portata nel 1948 a dichiarare illegale la prostituzione, la Corea del sud era stata finora largamente tollerante verso l’industria del sesso. Secondo un’ inchiesta condotta nel 2003 dall’Istituto nazionale di criminologia, il 20% dei maschi adulti si e’ dichiarato cliente abituale dei quartieri a luci rosse, con una media di quattro rapporti sessuali mercenari al mese, mentre il 4,1% delle donne dai 20 ai 30 anni di eta’ ha ammesso di guadagnarsi da vivere con varie forme di prostituzione. Ora il vento nella classe politica e’ cambiato e l’attuale governo del presidente riformista e progressista Roh Moo Hyun ha accolto le istanze dei movimenti femminili e le sollecitazioni della comunita’ internazionale per il pugno duro contro la tratta delle schiave del sesso. All’inversione di tendenza hanno contribuito alcuni gravi incidenti nei fatiscenti quartieri a luci rosse. Il piu’ clamoroso, nel 2002, nella citta’ sudorientale di Kunsan dove 15 prostitute rimasero uccise nell’incendio che divoro’ il bordello clandestino dove erano costrette a vivere e lavorare.


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