Sostenibilità

Prosit! E’ la cura dell’uva

Italia mia.

di Redazione

I primi anni che mi recavo in Baviera, nei venerdì di fine settembre vedevo file lunghissime di auto dirette verso i vigneti del Sud Tirolo. Appresi poi che si trattava di un?antica tradizione che consisteva nel nutrirsi di uva per tutto il weekend, rientrando a casa con il bagagliaio pieno per continuare nei giorni successivi. La cura consiste nel mangiare per almeno tre settimane da uno a tre chili di uva al giorno: ricca di potassio, calcio e magnesio, è una ricarica di energia particolarmente adatta per diete a basso contenuto di sale. Nell?organismo questa dieta favorisce un?azione antiacidosa e antifermentativa, diuretica, favorisce la digestione ed elimina l?acido urico. Sto parlando di uva da tavola, ma l?operazione si può compiere anche con l?uva da vino. C?è anche un modo poco noto di conservare l?uva ed è il vino cotto che Plinio nella sua Storia naturale chiamò ?sapa?. Si ottiene facendo bollire il mosto in un paiolo di rame fino a quando il suo contenuto non si sia ridotto di un terzo. A questa ricetta erano destinate le uve che non avevano raggiunto la maturazione completa, poiché con la bollitura la sostanza zuccherina si concentra e il vino cotto risulta energico, gradevole, tonificante. Per conservarlo si metteva, ancora bollente, in una botte e si tirava fuori nelle grandi occasioni oppure per intingervi la polenta. Peccato che sia il vino cotto sia la cura dell?uva siano spariti dalle nostre abitudini!

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