Welfare

Prorogate al 31 gennaio le mense carcerarie delle coop sociali. E poi?

Il servizio coinvolge dieci carceri, altrettante coop e centinaia di lavoratori detenuti e non. Ma senza un rapido finanziamento strutturale, l'esperienza, valutata positivamente anche dai direttori degli Istituti di pena, volgerà al termine

di Redazione

Come si può cancellare un esperimento che funziona, piuttosto che renderlo strutturale una volta per tutte? Domande che si stanno facendo in tanti nel mondo carcerario italiano, da quando il servizio mensa garantito da detenuti assunti da cooperative sociali in dieci carceri è a rischio data l’imminente scadenza della convenzione: doveva essere il 15 gennaio 2015, lo scorso 30 dicembre è stata prorogata dal ministero della Giustizia al 31 gennaio, ma a oggi quest’ultima è la data della fine della sperimentazione e dello stop al lavoro di almeno 170 reclusi, più altrettanti lavoratori dell’indotto e almeno 40 tra psicologi, educatori, cuochi e formatori che collaboravano a rendere virtuosa l’esperienza.

Virtuosa, sì. E non lo dicono solo i membri delle cooperative: c’è una lettera congiunta di tutti i direttori dei 10 istituti coinvolti (allegata in alto a destra), datata 28 luglio 2014, che sottolinea “l’indubbio miglioramento della qualità del vitto somministrato ai detenuti”, nonché “di pari passo con quello delle condizioni igienico-sanitarie delle cucine” e con numerosi “vantaggi economici”, come i risparmi “sulla manutenzione ordinaria e, non di rado, straordinaria delle attrezzature”, “sull’acquisto di prodotti per le pulizie, “per le utenze e le mercedi”. Ancora, i direttori sottolineano i risultati in termini trattamentali: “I detenuti assunti dalle cooperative hanno avuto modo di sperimentare rapporti lavorativi veri che li hanno portati ad acquisire competenze e professionalità rivelatesi decisive per il loro reinserimento sociale”. Alla fine della lettera, essi chiedono il passaggio “da una fase progettuale a un sistema strutturato di esternalizzazione del servizio”.

Nato nel 2003 e finanziato fino al 2009 dal Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) con capitoli di spesa legati alle mercedi, negli ultimi cinque anni è stato garantito da stanziamenti ad hoc della Cassa delle ammende. Ma ora il rubinetto si chiude, come ha sentenziato lo stesso ministro Andrea Orlando (escludendo categoricamente legami con gli scandali di Mafia capitale) alle cooperative e ai garanti dei detenuti presenti lo scorso 30 dicembre 2014 all’incontro a cui è seguita la proroga di 15 giorni del servizio. “Non è escluso che le cooperative possano continuare a gestire alcuni servizi, si valuterà caso per caso. Ma va ripensata l’architettura del sistema”, sono state le parole del ministro. In tutto, servirebbero 3,5 milioni di euro che, per ora, non ci sono. “La proroga concessa è un elemento positivo e la nostra fiducia permane, ma i tempi si accorciano e la preoccupazione aumenta”, sottolinea Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa sociale Giotto, una delle 10 coop coinvolte che occupa personale detenuto e non nel carcere di Padova.  Il nuovo capo del Dap Santi Consolo, operativo da fine dicembre 2014, dovrebbe incontrare nei prossimi giorni ognuna delle coop coinvolte. "Speriamo si arrivi presto a una soluzione positiva. Davvero non capiamo quale sia il motivo di un eventuale conclusione del servizio dati i risultati ottenuti”, analizza Boscoletto. I garanti dei detenuti, in primis quello di Roma, Angiolo Marroni, avevano chiesto almeno sei mesi di proroga, per un servizio che garantisce 7mila pasti al giorno e che ha dimostrato negli anni come si possa fare a tutti gli effetti impresa sociale in carcere.


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