Non profit

Proporre, oltre a fare

Livia Turco é stata alla guida della Solidarietà sociale con i governi del centrosinistra.

di Francesco Agresti

Livia Turco, piemontese, classe 1955, ministro della Solidarietà sociale nei governi Prodi, D?Alema e Amato. Per due anni ha tenuto su Vita una rubrica, Camera con vista. Ha firmato per la legge sulla deducibilità delle donazioni, la ?+ Dai – Versi?. Il periodo 1994-2004 è stato un decennio caratterizzato da un forte sviluppo del Terzo settore in Italia. Di cosa si occupava nel 1994? Mi occupavo di donne, di sociale e di volontariato. Nel 94 svolgevo la mia attività a Torino occupandomi di temi sociali, temi che ho incontrato per la prima volta nell?oratorio della mia parrocchia a Morozzo, in provincia di Cuneo. A Torino ho seguito la nascita dei comitati spontanei di quartiere, e avevo frequenti contatti sia con le Acli che con il Gruppo Abele. In che termini il suo impegno nel sociale si strutturava allora? Che differenze con quello attuale? Nonostante il ruolo da parlamentare ho conservato il legame con il territorio, non solo quello del mio collegio. L?esperienza che ho maturato svolgendo attività politica, prima a livello locale e poi fino a quella di governo, mi ha convinto che si possa governare dal basso. Qual è il traguardo di cui va più fiera? In passato, infrangendo le regole del centralismo democratico, ho votato in consiglio regionale (in Piemonte, ndr), contro la centrale nucleare di Trino Vercellese. Come ministro sono molto contenta della legge quadro sulle politiche sociali, la 328, e di quella sull?infanzia e sull?handicap, la 461. Qual è l?ostacolo che si rammarica di non aver superato, o la ?battaglia? persa cui teneva di più? Il diritto di voto agli immigrati è una battaglia che non sono riuscita a portare a termine perché la società italiana lo impedì e anche perché non era considerata dal centrosinistra una priorità. Sono rammaricata anche del fatto di non essere riuscita a mettere a regime l?esperimento del Reddito minimo di inserimento. Qual è, secondo lei, il passo in avanti più significativo che ha fatto il Terzo settore italiano negli ultimi 10 anni? Il passo più significativo è quello di essere diventato, tranne qualche sbandamento, protagonista a tutto campo rimanendo se stesso. Mi auguro che in futuro continui a svolgere la sua funzione profetica di denuncia delle ingiustizie sociali mantenendo, e questo è un aspetto cui tengo in modo particolare, la sua autonomia. Quale sarà secondo lei la sfida del Terzo settore nei prossimi anni? La sfida è quella di essere sempre più soggetto politico nel senso di costruttore di proposte, protagonista dell?Italia, così come lo sono le imprese, le famiglie. Per quanto mi riguarda continuerò a impegnarmi nel sociale perché rappresenta la dimensione materna della politica, quella che si prende carico degli altri, si occupa di costruire delle relazioni e su queste tenta di rinnovare la politica.


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