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Pronto il Rapporto su Italia e welfare

L’ampio documento costituisce la fotografia dell’Italia cui vanno indirizzate le politiche di welfare. Inoltre è lo strumento su cui definire i Lep-livelli essenziali delle prestazioni

di Benedetta Verrini

È stata presentata al pubblico (e discussa nell?ambito di una conferenza pubblica, a Roma, il 22 settembre) la prima bozza del Rapporto di monitoraggio sulle politiche sociali. Si tratta di un documento analitico di grande portata, frutto di un gruppo di lavoro del ministero del Welfare costituito presso la Direzione generale per la gestione del Fondo nazionale per le politiche sociali e monitoraggio della spesa sociale. Il rapporto è stato aperto al confronto dei rappresentanti del mondo della ricerca e dell?accademia, delle istituzioni territoriali, delle parti sociali e del terzo settore. Costituisce un importante quadro di riferimento in vista della definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni-Lep, e analizza l?intera gamma delle prestazioni sociali erogate in Italia, con un focus che va dal 2000 al 2004, e una approfondita analisi del contesto socio-demografico di riferimento. La seconda parte del rapporto di monitoraggio, che riserva una più dettagliata analisi quantitativa alle prestazioni per ciascuna area di intervento (famiglia, anziani, disabilità ecc.) sarà disponibile entro la fine del mese di ottobre. Dei primi tre capitoli disponibili, si propone di estremo interesse quello dedicato al contesto sociale: si va dall?analisi dei bisogni emergenti nella società (cambiamenti nella struttura socio-demografica della popolazione; invecchiamento; fenomeni migratori; popolazione disabile) fino agli indicatori di povertà ed esclusione sociale (condizioni economiche delle famiglie e rischio di povertà; rischio di esclusione sociale; disoccupazione, ecc). Grande rilievo viene dato, in particolare, al processo di invecchiamento della popolazione italiana, «che andrà progressivamente intensificandosi nei prossimi anni e che inevitabilmente costituirà il cambiamento strutturale di maggiore impatto sulle politiche sociali». Un dato su tutti: mentre nel 1993 il numero di anziani (65 e più anni) era grosso modo equivalente a quello dei bambini (0-14 anni), alla fine del 2003 era del 30% superiore e le proiezioni demografiche indicano che potrà crescere al 2050 fino a diventare tre volte quello dei bambini. A rendere la situazione più critica, in qualche modo, si aggiunge il crescente numero di famiglie con un solo componente (anziani, vedove, separati e/o divorziati) e la minore frequenza di famiglie con figli. Per quanto riguarda la disabilità, il gruppo di lavoro ha lavorato su un criterio restrittivo (secondo cui sono considerate persone con disabilità solo quelle che hanno riferito una totale mancanza di autonomia per almeno una funzione essenziale della vita quotidiana), che ha condotto a censire 2 milioni 615mila persone disabili, pari al 5% della popolazione di età superiore a 6 anni che vive in famiglia (la stima, però, cresce a oltre 6 milioni di cittadini se si allargano i criteri di classificazione anche a chi manifesta ?apprezzabili difficoltà? nello svolgimento di queste funzioni essenziali). Notevolissime sono le differenze sul territorio nazionale per quanto riguarda la povertà (relativa): la quota di famiglie povere nel Mezzogiorno (21,3%) è quattro volte quella del Centro-Nord. L?incidenza di povertà più alta rispetto alla tipologia familiare si rileva comunque nelle famiglie numerose (tra queste una su cinque si trova in condizione di povertà). All?estremo opposto invece si collocano le coppie senza figli e i single non anziani: tra queste tipologie familiari, la povertà riguarda meno di una famiglia su 25. Info: www.welfare.gov.it


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