Sostenibilità
Promesso: la darò a bere a tutti
Riccardo Petrella, presidente dell'Acquedotto pugliese. Vuole «ritrasformare l'acqua in bene comune». Qui spiega come, quando (e perché) lo farà
di Chiara Sirna
In campagna elettorale l?aveva annunciato: «L?acqua deve tornare ad essere un bene comune». Ma ora è passato alla pratica. Assegnando la carica di presidente dell?acquedotto pugliese a Riccardo Petrella, leader italiano del Contratto mondiale sull?acqua, impegnato da anni sul fronte anti privatizzazione, il neo governatore Nichi Vendola, ha bloccato in tronco il processo di privatizzazione iniziato nel 99, sotto l?allora governo D?Alema, con la trasformazione dell?Ente autonomo Acquedotto pugliese in società per azioni (decreto legislativo 141 dell?11 maggio 1999). Mossa politica che, a fronte delle pachidermiche dimensioni della rete idrica in questione, prima in Europa e terza al mondo, con quasi 20mila chilometri di estensione, 430 comuni serviti e 5mila utenti sparsi in cinque regioni diverse (Puglia, Basilicata, Campania, Molise e Calabria) potrebbe segnare una svolta epocale sulla strada della riappropriazione pubblica dell?acqua come risorsa per l?umanità.
Vita: Professor Petrella, qual è la portata strategica di quest?inversione di rotta?
Riccardo Petrella: Alla base di questa linea d?azione c?è una cultura politica per cui l?acqua non può e non deve essere considerata una merce come tante, ma un bene comune. Quando l?Ente autonomo Acquedotto è stato trasformato in spa, all?inizio le quote appartenevano per il 100% al ministero del Tesoro. Poi sono state cedute all?83% all?Acquedotto pugliese e per il resto a quello lucano. Ma nonostante la Regione abbia continuato a detenerne il capitale, la gestione è passata in mano ai privati. Si trattava di scegliere se aprire il capitale sociale al mercato oppure no. E il presidente Vendola ha deciso di fare marcia indietro.
Vita: Adesso cosa succederà in concreto?
Petrella: Ho ricevuto mandato di trasformare la spa in un?agenzia dell?acqua a governo pubblico. Il mio compito è dimostrare che è possibile godere delle risorse idriche come bene comune e allo stesso tempo portare avanti una gestione efficace. L?ubriacatura della privatizzazione si è dimostrata fallimentare perché ha risposto a un solo criterio fino ad oggi: quello dell?arricchimento degli azionisti, a tutto discapito della qualità dei servizi, dell?acqua stessa, degli investimenti strutturali, della tutela ambientale del territorio e delle sue produzioni. Oggi una nuova politica di accesso all?acqua lontano da logiche di mercato e di speculazione, deve essere sperimentata.
Vita: La Toscana, regione ?rossa? ha fatto da apripista nei processi di privatizzazione dell?acqua. Poi si sono susseguite Campania, Puglia, Lazio e Molise. Adesso molti stanno facendo marcia indietro, sull?onda di movimenti di protesta. Sono sempre state negative le esperienze di privatizzazione?
Petrella: In Toscana tuttora è in atto un dibattito serrato. Le autorità regionali si vantano di aver ottenuto ottimi risultati con il modello privatistico. Ma intanto i movimenti di protesta incalzano. Hanno addirittura raccolto 30mila firme per far approvare una nuova legge che introduca il governo pubblico dell?acqua. In Campania è arrivata la sospensione della gara d?appalto per l?affidamento della gestione ai privati dei servizi idrici in seguito alla pressione esercitata dal comitato civico in difesa dell?acqua. In rivolta sono anche altre zone: Torino, Viterbo, Ferrara, Pescara.
Vita: In Puglia in passato ci sono verificati disordini per l?aumento delle tariffe. Anci Puglia, Cgil regionale e Rifondazione comunista hanno preso posizione più volte contro l?acquedotto. La privatizzazione ha sempre portato svantaggi in termini di tariffe e tutela per il cittadino?
Petrella: Si verificano sempre perdita di investimenti e qualità, e cattiva gestione del territorio. In Puglia come altrove. L?inconveniente maggiore è che le imprese Ato (Ambiti territoriali ottimali), iniziano ad allearsi con le multinazionali dell?acqua per partecipare alle gare d?appalti. Si stanno creando delle multiutilities di gas, acqua, telefono. Esempi lampanti in Italia sono la Hera di Bologna, Agma di Genova, Aem di Milano, la municipalizzata di Torino. Il problema però è che nel momento in cui una branca non conviene più la si abbandona.
Vita: A cosa porterà nei fatti la ?ripubblicizzazione? dell?acquedotto?
Petrella: Ripubblicizzare vuol dire trasformare l?acqua da merce a bene comune. E poi amministrarne la gestione nel suo insieme, valutando le quote da destinare a risorsa potabile, al mondo industriale, all?attività agricola e così via. Infine bisognerà tagliare gli sprechi. Lei pensi che l?Acquedotto pugliese produce 580 milioni di metri cubi d?acqua l?anno e ne fattura solo 260 milioni: 320 milioni vanno persi. Con un governo pubblico in Svezia e Svizzera sono riusciti a rimanere sotto il livello naturale di dispersione dell?8%. E questo perché hanno coinvolto i cittadini e gli enti locali negli organismi di rappresentanza, nell?ambito di una democrazia partecipata.
Vita: C?è chi sostiene che esistano problemi di insostenibilità finanziaria per la Regione. Crede che le istituzioni possano sopportare un simile onere economico?
Petrella: Ovviamente no.
Vita: Allora qual è la via d?uscita?
Petrella: La logica della mercificazione obbliga oggi i governi a ricorrere ai mercati finanziari quando le risorse sono insufficienti. Lo ha fatto anche l?Acquedotto pugliese, aprendo un prestito obbligazionario di un miliardo di euro. Bisogna arrivare a istituire casse di deposito e risparmio e anche istituti finanziari pubblici a servizio degli enti locali. Si tratta di scegliere se investire o meno nell?acqua. Se lo si vuole fare, la strada da intraprendere è questa.
Il caso Toscana
Firenze acqua controcorrente, è la sinistra che privatizza
La Toscana, regione ?rossa?, ha fatto da apripista alla privatizzazione dei servizi idrici in Italia, prevedendo l?ingresso del socio privato in minoranza (40-45%) nelle società di gestione dei 6 Ato (Ambiti territoriali ottimali) regionali. Nel 99 la multinazionale Suez aveva preso possesso dell?Ato 4; tra il 2004 e il 2005 l?Ato 2 Siena-Grosseto e l?Ato 6 sono andate alla cordata Suez-Acea-Mps, mentre l?Ato 3 del medio Valdarno (1 milione 200 mila abitanti in 50 comuni) è stato affidato a un soggetto a capitale pubblico, Publiacqua spa, in cui la Acea spa di Roma è subentrata come socio privato per il 40%. Sotto l?ondata di tariffe antipopolari però, caso unico in Italia, l?opposizione ha dato vita a una proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell?acqua. Nel testo si prevede la decadenza delle gestioni private o mista entro il 2008 e l?accesso gratuito all?erogazione del quantitativo giornaliero di acqua potabile. Intanto gli aumenti continuano. Dal 1° gennaio la quota fissa annua in bolletta è passata da 15 a 20 euro, e le tariffe base sono cresciute in tre anni del 21,5%, passando da 358 a 435 euro per un consumo di 250 metri cubi d?acqua.
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