Famiglia

Programmi elettorali ai raggi X: dov’è la differenza?

A dispetto di una campagna elettorale all'insegna degli insulti e delle minacce, i documenti programmatici dei due poli, salvo che sulla scuola, sembrano placidamente sovrapponibili

di Giampaolo Cerri

I programmi! I programmi! Come in ogni campagna elettorale che si rispetti, anche in questa, tormentatissima, che ci ha condotti al 13 maggio, non è mancato il refrain dei programmi. I Poli si sono accusati reciprocamente di non averli, di nasconderli, di riciclarli. Oppure li hanno branditi, reclamizzandone la completezza, la serietà, l’equilibrio, aggiungendo persino la scansione delle realizzazioni: entro cento giorni faremo questo, entro un anno faremo quell’altro, entro la legislatura salveremo l’Italia. L’Ulivo, le sue 125 pagine suddivise in 122 paragrafi di programa, le ha consegnate ad un editore e messo in vendita la pubblicazione: schiaffo rutelliano al diretto concorrente, che ha invece scelto di inviare un fotoromanzo nelle case di tutti gli italiani. Il Cavaliere però il programma l’ha messo nel sito (www.votaberlusconi.it) e si affida ai media per diffonderlo. Lo stesso hanno fatto quelli di Rifondazione comunista (www.rifondazione.it) e di Democrazia europa (www.sergiodantoni.org). E naturalmente il corposo programma ulivista è sul sito ufficiale www.rutelli2001.it. Li abbiamo presi in esame tutti e quattro, cercando – fra effluvi di buoni propositi e ondate di netti proclami – di enucleare alcune aree di rilevanza sociale, per vedere come la pensano i poli e gli outsider di sinistra e di centro, su alcuni problemi molto vicine alla realtà delle persone comuni. Come l’assistenza, ad esempio. Quali sono le principali differenze? Il Polo vede un’Italia in cui siano soprattutto i volontari e il Terzo settore ad operare, come ad esempio nell’assistenza agli anziani, nel recupero dei giovani a rischio e dei disabili, dove si prospetta l’intervento delle cooperative sociali. Nessun riferimento alla legge quadro sull’assistenza, approvata di recente, né indicazioni di come si debba procedere. La legge la invoca invece Rutelli, felice di appuntarsela all’occhiello. Su come procedere in concreto però scopre una sola carta: quella dell’assegno servizi, una sorta di buono con cui si potrà ricevere assistenza a domicilio (anche da parte di soggetti non profit). Metà del costo sarà a carico del cittadino, che invece non pagherà niente se indigente. Più che una novità programmatica, sembra una stangatina da finanziaria. I dantoniani di Democrazia europa, parlano di «riorganizzazione dello Stato sociale attraverso il principio di sussidiarietà nel rapporto fra pubblico, privato e privato sociale». Con adeguate condizioni giuridiche e fiscali di servizi, si dice, la società civile può offrire le risposte necessarie. Più in concreto si pensa ad una partecipazione al welfare attraverso un redditometro che tenga conto dei carichi familiari di ogni cittadino. Nette le posizioni di Rifondazione: pieni diritti a disabili e inabili, aumento delle spese per i servizi sociali essenziali e gestione rigorosamente pubblica degli stessi. Il partito di Bertinotti non ha mai nascosto la sua vocazione statalista ma, in occasione di questa tornta elettorale, ha fatto del Terzo settore un punto del proprio programma: bene se serve «ad allargare i diritti», male se diventa un modo «per esternalizzare i servizi pubblici e sostituire a basso costo i dipendenti pubblici». Va decisamente nella direzione opposto la Casa delle libertà, che promette una “Tremonti sociale”: detassazione delle donazioni al non profit, rendendole deducibili «fino ad una misura da individuare» dai redditi dei donatori; mentre per l’impresa sociale, si garantisce addirittura la riforma del Codice civile. Sotto le bandiere di Democrazia europea si parla di «sussidiarietà solidale» mentre l’Ulivo promette «il riconoscimento del privato sociale» e un Testo unico per il Terzo settore che armonizzi gli aspetti tributari e civilistici oltre alla riforma del Codice, di cui parla anche la concorrenza. Ma qui di detassazione delle donazioni, non c’è traccia. Sulla scuola gli unici a difendere le riforma demauriana dei cicli sono gli ulivisti che enfatizzano la libertà di scelta di studenti e famiglia fra pubblico e privato, senza far cenno però al problema del finanziamento. Nodo che sembrano sciogliere Sergio D’Antoni, che promette contributi alle scuole non statali, e Silvio Berlusconi, che garantisce un “buono scuola” per le famiglie. Sul fronte opposto quelli di Rifondazione: risorse solo per la scuola pubblica. Il miracolo accade quando si entra nel terreno dei docenti: tutti vogliono aumentarne lo stipendio. Le differenze si misurano sul quantum: «Ai livelli europei», dice il Polo, «avvicindandocisi» puntualizza Rutelli. Sulla famiglia è una gara a tre, perché Rifondazione si chiama fuori: dicendo no a qualsiasi politica “familista”. Bertinotti ed i suoi enfatizzano esclusivamente i diritti individuali. Centrosinistra e centrodestra invece tengono famiglia e si sfidano a colpi di fisco: reddito minimo non esente per i nuclei fino a 22 milioni di reddito, spara Berlusconi; fino a 40 (per quattro persone), risponde Rutellli. Che mette sul piatto anche assegni di maternità a 6 mesi dai 3 mesi attuali, con la prospettiva di raggiungere addirittura i 3 anni di età del bambino. Più cauta De, che parla di maggiori risorse e di riconoscimento della funzione sociale della famiglia e «di conciliazione dei tempi di cura e di lavoro, di servizi». Sull’ambiente unità di vedute a sinistra: Ulivo e Rifondazione d’accordo sull’attuazione del protocollo di Kyoto, sulle energie rinnovabili, sul riciclo dei rifiuti. Meno probabile l’intesa su opere faraoniche come il Ponte sullo stretto, che il centrosinistra non mette in programma ma che l’ex-sindaco di Roma rivendica nei comizi. Chi si dichiara convinto di conciliare conservazione dell’ambiente e sviluppo è il presidente di Forza Italia: «Senza sviluppo, ambiente e paesaggio non vengono tutelati ma abbandonati». E promette chilometri e chilometri di nuove autostrade: ecologiche, evidentemente. Sconfortante il silenzio sulla cooperazione internazionale (e sul tema interviene Sergio Marelli a pagina 3). Solo Rifondazione fa cenno alla legge di riforma, che le ong aspettano da anni. La politica estera, secondo gli schieramenti, ondeggia fra il vago riformismo ulivista e le virtù taumaturgiche del Polo, che pretendere di rendere buona la globalizzazione, mentre Democrazia europea sorvola, evidentemente puntando tutto sull’esperienza di Giulio Andreaotti. In compenso i dantoniani si rifanno sull’immigrazione, valorizzandola come contributo allo sviluppo e alla cultura del nostro Paese. Sul punto, s’allarga la forbice a sinistra: l’Ulivo difende i flussi che Rifondazione rifiuta di netto, chiedendo anche la chiusura dei centri di permanenza per i clandestini e reclamando la regolarizzazione di questi ultimi. I neocomunisti, tra l’altro, sono anche gli unici che propongono il voto agli immigrati e che spendono qualche riga di programma (chapeau!) per i Rom e i Sinti, paria della nuova Italia. Berlusconi colloca invece l’argomento immigrazione nel capitolo sicurezza e il ghostwriter di turno incappa in uno scivolone, scrivendo che «va regolamentata l’immigrazione clandestina, fattore di crimine». Regolamentare un illecito? Mah… Nel complesso l’argomento non è di quelli che impegni molte pagine di programma. Anche se la palma dell’understatement spetta al carcere. Ad un controllo delle occorrenze sui testi del programma, il risultato è desolante (vedi box). Che la lettura più attenta conferma. Dal centrodestra al centrosinistra, un solo grido: «Certezza della pena». Fa eccezione, ancora, il Prc. L’Ulivo liquida con tre-righe-tre la questione del recupero del detenuto. La condizione di vita dei carcerati, il sovraffollamento tragico dei penitenziari, sono sepolti sotto il macigno del silenzio. Decisamente più di moda la parola sussidiarietà, declamata da tutti i politici e un tempo relegata alle noiosissime settimane sociali dei cattolici. Oggi la usano tutti. Anche per dirne male, come fa Bertinotti. Le (poche) parole che ci hanno detto Parola ULIVO POLO DE PRC N° pagine 125 32* 16 31 Sussidiarietà 4 3 4 2 Non profit 7 7 1 3 Terzo settore 7 6 2 12 Volontariato 9 7 1 3 Scuola 1 23 8 17 Famiglia 14 22 3 20 Carcere 2 1 – 8 *Le pagine prese in esame fanno parte dei capitoli “Pilastri culturali” e “Programma sociale” Abbiamo messo i programmi elettorali sotto la lente, contando quante volte ricorressero alcuni termini sociali. Il lessico politico risulta quantitativamente ancora lontano dal popolo dei senza fine di lucro. Le notazioni sono per lo più di ordine semantico. Ormai sdoganato il termine “sussidiarietà”, introvabile o quasi alle precedenti politiche. Drogato, a questo proposito, il dato di Prc: le due occorrenze sono tutte in negativo.Bene il “non profit”, sempre alle prese con qualche scivolone grammaticale: si continua a scriverlo “no profit”. E se per l’Ulivo e Prc può essere una freudiana allergia al profitto, gli errori del Polo (sei volte su sette) danno da pensare. Più impopolare che ostica, la parola “carcere”. Forse per questo i programmi glissano.


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