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Disabilità

Progetti di Vita, a Bologna un prototipo

Bologna non ha atteso la sperimentazione nazionale che partirà nel 2025 e ha già messo a punto un format prototipale per redigere progetti di vita personalizzati e partecipati. Il primo è stato sottoscritto a marzo da una trentenne con autismo. Le sfide e le prospettive nel racconto del responsabile del Servizio Sociale per la Disabilità cittadino

di Francesco Crisafulli

Il percorso normativo iniziato con la Legge 22 dicembre 2021, n. 227 “Delega al Governo in materia di disabilità” e proseguito con il recente Decreto Legislativo 3 maggio 2024 “Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato” ha impresso un notevole impulso alla sfida di dare piena e reale attuazione ai diritti delle persone con disabilità.

La paternità del “Progetto di Vita” è nella Legge 328 del 2000 (“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”) che all’articolo 14 “Progetti individuali per le persone disabili” poneva in capo ai Comuni, d’intesa con le Aziende Sanitarie, «la predisposizione di un Progetto di vita su richiesta dell’interessato». Anche altre Leggi hanno creato dei presupposti importanti che vanno in analoga direzione: una fra tutte la Legge 112 del 2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, conosciuta come legge sul “Dopo di noi”.

I territori sono chiamati adesso alla sperimentazione su una nuova formula per valutare la condizione delle persone con disabilità e per definire i Progetti di Vita. Alcune province sono state individuate come apripista di questa sperimentazione a partire dal 1° gennaio e per tutto il 2025 (Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste) e nel frattempo è prevista una formazione agli operatori su scala nazionale.

Il prototipo bolognese

Nel Comune di Bologna (come sono certo sia accaduto anche in altri Enti Locali) a partire dal 2023 abbiamo lavorato alla costruzione di un “prototipo di Progetto di Vita – Individuale, personalizzato e partecipato” (PdV-IPP) che è arrivato oggi, nell’accogliere le ultime indicazioni normative, alla versione 5.0. Si tratta di un format accessibile alle operatrici e operatori dei Servizi Sociali e Sociosanitari (educatori professionali, assistenti sociali, ecc) che raccoglie in un unico documento i soggetti coinvolti, la domanda espressa, la valutazione multidimensionale della condizione di disabilità (clinica, funzionale e della raccolta delle preferenze), il piano di intervento con la definizione di obiettivi nel medio-lungo periodo, con i servizi alla persona già in erogazione compresi gli altri servizi coinvolti e prestazioni di cura e riabilitazione in essere, il budget di progetto; chiude il format la ratifica del PdV-IPP con il piano delle verifiche programmate.

Questo prototipo viene sperimentato da mesi nel nostro Servizio Sociale del Dipartimento Welfare e Benessere di Comunità del Comune di Bologna, con risultati molto incoraggianti per il prosieguo dell’attività. Abbiamo iniziato a pensare ad un percorso di validazione dello strumento, a partire dalla rilevazione di output ed outcome, ma soprattutto dalla verifica di efficacia nel suo utilizzo sui diretti interessati e sulle proprie famiglie. Nel marzo 2024 abbiamo sottoscritto il primo PdV-IPP per una ragazza di 30 anni con disturbo dello spettro autistico di livello 3 e una famiglia che la sostiene. Durante la redazione del documento – realmente partecipato in tutti i suoi passaggi – vi è stato anche il coinvolgimento di uno studio legale e di uno specialista del comportamento che hanno arricchito la multidimensionalità del lavoro. Guardiamo quindi con fiducia lo sviluppo di questo prototipo.

Nonostante le ambizioni implicite nel titolo “Progetto di Vita”, al Servizio Disabili di Bologna ci siamo dati un orizzonte temporale di 3-5 anni nella stesura dei PdV-IPP, per poi effettuare una verifica ed eventualmente riformulare il progetto. Si tratta di un vero e proprio percorso che i servizi devono intraprendere con tutti coloro che a diverso titolo ruotano intorno alla persona con disabilità, per arrivare ad un “patto con le pubbliche amministrazioni” per una vita di obiettivi, di partecipazione e di giusti sostegni. Un elemento prezioso che guida la costruzione del Progetto di Vita è il richiamo al concetto di “accomodamento ragionevole” già contemplato nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2008: «si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali».

Il 18 aprile scorso, ad Exposanità, in un seminario molto partecipato dal titolo “Progetti di vita  individuali, personalizzati e partecipati rivolti alle persone con disabilità – L’integrazione tra i servizi sociali e sanitari per rispondere ai bisogni complessi delle persone” abbiamo illustrato il nostro Prototipo di PdV-IPP ed il quadro dell’integrazione tra servizi nel quale questo si deve sviluppare: il servizio per le disabilità dell’ente locale, la persona in condizione di disabilità e la sua famiglia, l’unità di valutazione multidimensionale coordinata dalle aziende sanitarie, gli enti del Terzo settore e le associazioni di promozione sociale, senza dimenticare l’accesso alle cure specialistiche per le comorbilità e alcuni temi critici come le transizioni della vita, l’invecchiamento precoce, l’insorgenza di comportamenti problema. Credo che sia molto importante in questa fase potersi confrontare tra i territori del Paese per portare le buoni prassi verso una proposta complessiva che dia realmente supporti e benefici alle persone in tutti i domini che qualificano la qualità di vita delle persone con disabilità. 

Condizioni per la buona riuscita dell’operazione “Progetti di Vita”

Vi sono alcuni punti di attenzione che saranno, a mio avviso, le sfide dei prossimi mesi per una buona riuscita dell’operazione “Progetti di Vita”. Il primo è quello dello sviluppo di competenze di mediazione e di accomodamento ragionevole, da parte delle operatrici e degli operatori dei servizi. Assistiamo ad una stagione in cui il conflitto tra le persone nella società riverbera anche nei rapporti con i servizi: senza un nuovo dialogo tra i professionisti degli enti pubblici e degli enti erogatori di servizi, le persone e le famiglie, si rischia di attribuire ad un nuovo strumento di lavoro come il PdV-IPP funzioni di risoluzione delle controversie che invece vanno ricercate in altre premesse come il dialogo, il rispetto e la fiducia reciproca.

Ancora sulle competenze professionali saranno da perfezionare quelle per la definizione della diagnosi funzionale (che definisce il funzionamento di una persona nelle attività della sua vita quotidiana: cura del sé, lavoro, mobilità, tempo libero e partecipazione), sulla rilevazione delle preferenze, sulla progettazione e sulla valutazione.

Il recente Decreto legislativo del 3 maggio 2024, dedica un articolo alla terminologia; questo passaggio è molto importante e la sfida sarà quella di contagiare il lessico comune a partire dalle modifiche – molto importanti – dei termini sui documenti ufficiali. Nominare le cose nel modo appropriato è un fattore imprescindibile per ripensare, in chiave evoluta, la disabilità. 

Ed infine – non ultima per valore e importanza – c’è il tema delle risorse economiche (comprese quelle che riverberano sul personale) e della sostenibilità dei progetti. Senza piagnistei o rivendicazioni, è importante allocare le giuste risorse per la realizzazione dei progetti di vita per le persone in condizione di disabilità. Partecipando ai lavori dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità – nel sottogruppo sul Progetto di Vita – è emersa una proposta molto interessante avanzata da un collega intervenuto per Anci: inserire il Progetto di Vita tra i Leps-Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali, indicando il corrispettivo di Pil da destinarvi. Questo mi sembra il modo giusto per innovare in modo sostenibile.

Francesco Crisafulli è responsabile del Servizio Sociale per la Disabilità – Dipartimento Welfare e Benessere di Comunità del Comune di Bologna. Foto di Davide Cantelli su Unsplash


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