Economia

Profumo: il boom dell’inflazione? Un patrimoniale al contrario

Sintesi dall'intervento del presidente di Acri in occasione della 98ª edizione della Giornata Mondiale del Risparmio: "L’aumento medio dell’inflazione - e le stime preliminari su ottobre appena diffuse dall’Istat disegnano uno scenario ancora peggiore -, che si attesta ormai sull’8,9%, risulta composto da un aumento del 7,6% per i redditi più alti e dell’11,6% per i redditi più bassi. Ancora una volta a soffrire maggiormente delle crisi sono coloro già vivono in condizioni difficoltà"

di Redazione

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è stata celebrata ieri a Roma la 98ª edizione della Giornata Mondiale del Risparmio, istituita nell’ottobre del 1924 in occasione del 1° Congresso Internazionale del Risparmio, e da allora organizzata annualmente da Acri, l’associazione delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di Risparmio Spa. Quest’anno il tema della Giornata è “Il valore del risparmio nell’era dell’incertezza”. Insieme al Presidente di Acri, Francesco Profumo, sono intervenuti: il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il Presidente dell’Abi Antonio Patuelli.

A seguire i passaggi principali dell’intervento del presidente di Acri Francesco Profumo (foto):

«Quest’anno il tema della giornata è “Il valore del Risparmio nell’era dell’incertezza”. Si tratta di un titolo che abbiamo individuato all’inizio dell’anno, quando ancora la gravità della situazione non si era palesata in tutta la sua gravità, come abbiamo, purtroppo, avuto modo di scoprire nel corso del 2022. Oggi incertezza vuol dire vivere in uno scenario in costante cambiamento. Ciò significa che è necessario imparare a vivere in una condizione di instabilità permanente. Ovvero che quello di crisi non è uno stato eccezionale, ma una nuova normalità basata su una costante ricerca di nuovi equilibri.
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Per progettare nell’era incertezza è necessario tenere a mente almeno tre fattori. Il primo è la rapidità della risposta. L’abbiamo visto nei primi mesi della pandemia, la capacità di adattarsi a scenari in repentino e costante mutamento è fondamentale per fornire risposte adeguate e tempestive. Altro fattore è la necessità di sperimentare soluzioni innovative che incidano sulle cause strutturali. Le fasi di crisi sono anche l’occasione per trovare nuove strade per rispondere a problemi antichi. Non vanno sprecate, continuando a battere sentieri noti, solo per evitare per il rischio di fallire, provando a cambiare. Infine, le risposte non devono essere mai individuali, ma di rete. Nessuno si salva da solo è forse uno dei più chiari lasciti che dovremmo aver imparato da questi anni terribili. L’adozione simultanea di questi tre fattori è stata perseguita recentemente nel nostro Continente. L’Unione Europea è stata in grado di mettere in campo una risposta straordinaria, scrollandosi decenni di tentennamenti, in pochi mesi ha attivato un piano di approvvigionamento vaccinale e, contemporaneamente, ha approvato il Next Generation Eu Plan, che ha aperto una nuova stagione, anche per il nostro Paese.
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In molti hanno lanciato l’allarme sul fatto che la Pubblica amministrazione territoriale – com’era prevedibile – si sia trovata in grande difficoltà nell’intercettare i bandi del PNRR per una conclamata carenza di competenze progettuali. Sono gli stessi amministratori, soprattutto dei piccoli Comuni che, dopo anni di mancate assunzioni, assenza di aggiornamento e invecchiamento del personale, hanno chiesto aiuto, in molti casi proprio alle Fondazioni, auspicando di essere accompagnati in questa fase molto delicata e dai tempi strettissimi. Sul tema del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, se non riusciamo a intervenire in maniera organica su questo fronte, rischiamo di perdere una straordinaria occasione per produrre una reale innovazione del Paese. Quella che poteva tradursi in una fase per rinnovare processi e competenze progettuali della Pubblica amministrazione, lasciando una traccia duratura al termine della transitoria fase PNRR, rischia di trasformarsi in un’occasione mancata.
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Il risparmio è la risposta all’incertezza strutturale dei nostri tempi. L’abbiamo visto negli anni della pandemia, quando il livello di risparmio accumulato sui conti correnti di famiglie e imprese ha raggiunto livelli record. Ma le vicende degli ultimi mesi dimostrano come si tratti di un’illusione monetaria, poco lungimirante e, sul lungo periodo, fallimentare. Almeno per due motivi: l’inflazione e il suo rimanere liquido. Il primo aspetto si sta palesando in questi mesi: la perdurante crescita dell’inflazione tende a far evaporare il risparmio, privandolo di gran parte del suo valore. L’inflazione galoppante è, inoltre, una “patrimoniale iniqua” – come l’ha definita la CGIA di Mestre -, perché introduce un terribile differenziale di classe. Come noto, la spesa per l’energia e gli alimentari pesa maggiormente sulle famiglie con i redditi più bassi; mentre le famiglie con redditi più alti spendono la quota maggiore del loro reddito in servizi. Questo fa sì che l’aumento medio dell’inflazione – e le stime preliminari su ottobre appena diffuse dall’Istat disegnano uno scenario ancora peggiore -, che si attesta ormai sull’8,9%, risulta composto da un aumento del 7,6% per i redditi più alti e dell’11,6% per i redditi più bassi. Ancora una volta a soffrire maggiormente delle crisi sono coloro già vivono in condizioni difficoltà. Analizzando il comportamento dei pochi che decidono di investire, emerge un altro dato che fa riflettere: in Italia, appena il 5% del risparmio delle famiglie viene investito nel nostro Paese; contro il 14% in Germania e il 34% in Francia. In questo contesto l’industria bancaria italiana – nella sua varietà – continua a svolgere in maniera meritoria il ruolo di intermediario, per accompagnare la trasformazione del risparmio in investimento, con tutte le difficoltà e i rischi che una simile operazione comporta.
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Tra gli istituti di credito attivi nel nostro Paese resiste una minoranza di Casse di Risparmio Spa – associate in Acri – che, insieme alle altre banche locali, continuano ad animare la “biodiversità” bancaria dei territori. Pur costituendo una piccola porzione del settore, a loro vanno riconosciuti diversi meriti. Vorrei richiamarne almeno due. Innanzitutto, le banche di territorio, come le Casse di Risparmio, tutelano il “relationship banking”, un aspetto che sta finalmente tornando all’attenzione degli studiosi. Perché la loro prossimità e conoscenza diretta di famiglie e imprese, le rende antenne sui territori, in grado di intercettare le diverse esigenze, adattarsi rapidamente agli scenari in evoluzione, favorire l’inclusione finanziaria. Inoltre, contrastano la “desertificazione bancaria” dei territori, continuando a presidiare luoghi in cui la presenza bancaria tende a diradarsi.
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Le Fondazioni di origine bancaria sono un esempio emblematico di una modalità per convogliare il risparmio privato verso l’economia reale, trasformando le risorse accumulate in fertili investimenti per accompagnare lo sviluppo del Paese. Tanto con la gestione dei loro patrimoni – che ammontano complessivamente a circa 40 miliardi di euro -, che con la loro attività erogativa istituzionale, le Fondazioni adempiono alla loro di missione di contribuire allo sviluppo sociale ed economico del Paese. Nell’era dell’incertezza permanente, continuano, come sempre, a lavorare su un doppio fronte: da un lato sull’emergenza, dall’altro sul lungo periodo. Da una parte, infatti, continuano a contrastare gli effetti delle varie crisi, contribuendo a mitigare la povertà, a combattere l’esclusione sociale di giovani e anziani e a supportare gli Enti del Terzo settore. Dall’altra, lavorano per contrastare le cause delle emergenze, investendo su giovani, formazione, ricerca, innovazione, affinché oggi non si alimentino le disuguaglianze di domani, ma si creino le basi per uno sviluppo sostenibile duraturo.
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L’indagine Acri-Ipsos sul “Risparmio degli Italiani”, che realizziamo da 22 anni in occasione di questa Giornata, ci dice che, rispetto all’anno scorso, sono praticamente raddoppiate le famiglie in difficoltà (dal 18 al 35%) e quelle che registrano una situazione positiva sono scese dal 35 al 23%. Inoltre, pensando al futuro, il 76% degli italiani si sente preoccupato (era il 56% nel 2021). Dopo il positivo “effetto rimbalzo” post Covid del 2021, l’impatto della nuova crisi energetica e inflazionistica, con il fantasma della recessione alle porte, inizia a intaccare i risparmi degli italiani, offuscando le previsioni per il futuro.
Nell’era dell’incertezza il risparmio continua ad avere il suo inestimabile valore riconosciuto dai Costituenti quasi settantacinque anni fa: un valore che la Repubblica è chiamata a incoraggiare e a tutelare.
Se saremo in grado di accompagnare gli italiani in una transizione consapevole, verso un sapiente mix di liquidità per gli imprevisti e investimento per gli anni a venire, ancora una volta il risparmio potrà rivelarsi uno strumento imprescindibile per attraversare indenni la tempesta e immaginare – e iniziare finalmente a costruire – un futuro migliore per tutti».

Qui il video e i testi integrali degli interventi

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