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Profughi, Miraglia (Arci): L’Europa è governata da cinici insopportabili”
"Dietro le scelte di chiusura ulteriore delle frontiere c'è opportunismo elettorale, non lotta al terrorismo o interesse per fermare le stragi nel Mediterraneo", sottolinea il vicepresidente di Arci. "Anche di fronte a numeri non così alti, si preferisce parlare di rivedere il Trattato di Schengen anziché mettere in atto strumenti efficaci come la direttiva 55 del 2001 per la protezione temporanea di sfollati da guerre o persecuzioni"
“I ministri degli Interni europei stanno affrontando il tema profughi con un cinismo insopportabile”. È netto Filippo Miraglia, vicepresidente di Arci, nel commentare a caldo le ultime decisioni del “colloquio informale” tra i ministri degli Interni dell’Unione europea avvenuto nelle scorse ore ad Amsterdam.
L’obiettivo attuale sembra concentrarsi sulla revisione del Trattato di Schengen per la libera circolazione delle persone. Si parla di riproporre i controlli per due anni e di una pressione verso gli stati di ingresso affinché effettuino fin dalla prima identificazione scelte rigide sul destino successivo dei profughi. Come vede tale approccio?
Lo vedo come un approccio totalmente elettorale. Si vuole consolidare a tutti i costi l’idea dell’invasione, quindi sulla scia di questo ragionamento si rendono necessari provvedimenti urgenti per fermarla. Ma la verità sta sotto gli occhi di tutti: il flusso è cresciuto per ragioni concrete, le guerre. L’80 per cento degli ingressi di persone nella Ue proviene da Siria, Afghanistan e Iraq, non da chi arriva cercando fortuna. In Europa sono arrivate un milione di persone, lo 0,2 per cento della popolazione europea, mentre la gran parte si concentra in Stati come Libano, Giordania e Turchia, che tra l’altro hanno una minore disponibilità economica e quindi non riescono a rispettare gli standard minimi di accoglienza. I ministri europei continuano a interrogarsi sulla chiusura delle frontiere, mentre ogni giorno si verificano nuovi naufragi e nuove vittime in mare. Ancora di più, cercano poi di chiudersi nell’egoismo interno sigillando i propri confini, in un modo davvero insostenibile a livello morale.
Una delle mosse più recenti dell’Unione europea è garantire tre miliardi di euro alla Turchia per far fronte all’emergenza…
Sì, ma stiamo parlando di una nazione che per fermare i migranti poi li detiene in centri appositi per mesi, quando invece avrebbero diritto di n da subito all’asilo politico. In Turchia c’è un governo assolutamente non democratico e l’Ue gli sta delegando la gestione dei flussi, quasi lavandosene le mani e soprattutto spendendo soldi che portano a nessun deterrente, dato che i trafficanti continuano con i loro sporchi guadagni dato che le famiglie in fuga appena riescono prendono la via del mare, unica speranza per una vita migliore dato che la vita nei campi profughi è insostenibile. Nemmeno il recente summit a Malta con gli Stati africani ha portato a un cambiamento concreto, se non il tragico aumento delle vittime. Alla luce di questo, che non si venga a parlare di lotta al terrorismo quando, lo ribadisco, alla base di queste scelte ci vedo solo puro cinismo elettorale.
Da anni si parla in sede europea a una necessaria revisione del Trattato di Dublino sull’ingresso dei profughi in Europa: ultimamente il commissario Ue Avramopoulos ha fissato per la primavera tale revisione. Sarà la volta buona?
Mi spaventa tale prospettiva, nel senso che ho paura che la tanto agognata revisione di Dublino alla fine si riveli peggiorativa proprio nell’ottica di un atteggiamento di disinteresse verso l’aspetto umanitario. Si veda la recente proposta dell’Austria o di altri Stati di accettarne una quota prestabilita: questo va contro le leggi europee attuali sull’asilo, e nel caso andrebbero rifatte nella sostanza, con conseguenti tempi lunghi. Invece una soluzione c’è già da ben 15 anni: è la direttiva 55 del 2001, che consente l’immediata protezione temporanea di fronte a un ingente flusso di sfollati a causa di guerre o violazioni dei diritti umani. È emblematico che in tutti questi anni i decisori politici europei non l’abbiano fatta propria: guardano ai risultati delle elezioni, non all’importanza della vita delle persone o al futuro dell’Europa.
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