Non profit

Profughi, il peggio dell’Europa

Italia isolata, dura partita fra chi è più cinico o più furbo

di Franco Bomprezzi

L’Italia bocciata dall’Unione Europea, la tentazione di Maroni di uscire dall’Europa, le preoccupazioni del presidente Napolitano, la sorte, a questo punto ancora più incerta, dei tunisini sbarcati nel nostro Paese, mentre il flusso non si interrompe, anzi, è incrementato dalla vicenda del permesso umanitario. Una situazione complessa e grave, che trova ancora ampio spazio sui giornali di oggi, nonostante irrompa con forza la vicenda parlamentare del processo breve.

“La Ue boccia Roma sui migranti. Maroni: perché stare in Europa?” è il secco titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA. Altri due pezzi partono dalla prima, un commento di Antonio Polito: “Il vero interesse nazionale”, e “All’Italia dico: i clandestini vanno espulsi”, intervista di Stefano Montefiori all’ex ministro della giustizia francese Rashida Dati. Alle pagine 2 e 3 la cronaca europolitica di ieri: bocciata la proposta italiana di ripartire fra i paesi dell’Unione il carico dei migranti arrivati dal Nordafrica, accanto all’Italia, ironia della sorte, si schiera solo Malta. E Maroni minaccia l’uscita dell’Italia dall’Unione. Berlusconi commenta: “Faremo da soli”. Interessante il retroscena a centro pagina: “Ma nel governo c’è chi rimpiange il mancato «scambio» con le basi per la Libia” raccontato da Maurizio Caprara. Scrive Caprara: “La sera del 17 marzo, quando all’Onu fu approvata la risoluzione 1973 che ha permesso i bombardamenti sulla Libia chiesti principalmente da Parigi, Londra e Usa, il ministro della Difesa Ignazio la Russa dovette condurre in una certa solitudine, tramite i militari, i negoziati con gli alleati per definire quali aerei e quali mezzi avrebbe fornito l’Italia. Senza proclamarlo, nel governo c’è chi ritiene sia stato un errore non preparare per tempo uno scambio informale con la Francia e altri alleati: l’Italia poteva offrire basi e aerei in cambio di una mano a distribuire nell’Unione i flussi dall’Africa settentrionale”. Marzio Breda segue come sempre da vicino il presidente della Repubblica. Titolo di pagina 5: “Napolitano: niente ritorsioni o dispetti alla Ue” . Scrive Breda: “Aveva lanciato un segnale di grande preoccupazione, ma non si può dire che sia stato davvero raccolto. Aveva suggerito un atteggiamento dialogante, ponderato e prudente, nel rapporto con l’Ue. A partire dal vertice di ieri in Lussemburgo, in modo che si tentasse di tutto per risolvere il caso dentro e con l’Europa. Aveva spiegato al ministro degli Esteri, Franco Frattini, e fatto sapere, che il suo «animo è per un impegno forte dell’Italia in Europa, affinché il nostro Paese continui a perseguire una visione comune ed elementi di politica comune anche sul tema immigrazione» . E aveva avvertito che non avrebbe «nemmeno preso in considerazione posizioni di ritorsione o dispetto o addirittura di separazione» . Uno appello frustrato, quello di Giorgio Napolitano, date le reazioni di alcuni membri dell’esecutivo alla bocciatura della linea italiana per affrontare l’emergenza dei profughi dal Nord Africa”. A pagina 6 l’atteggiamento della Francia: “Parigi invia poliziotti al confine «Gli irregolari non passeranno»”.

 “Lo strappo di Maroni: via dalla Ue” è il titolo principale, mentre la foto-notizia in taglio centrale è per il “Berlusconi show, poi il duello con il pm «Pagai Ruby perché non si prostituisse»”. Con la sua apertura LA REPUBBLICA sceglie di dare più spazio alla polemica innescata dal ministro degli Interni che, deluso dalla decisione degli stati Ue, ieri si è chiesto «se abbia ancora senso continuare a far parte dell’Ue. Se la risposta dell’Europa, è questa meglio soli che male accompagnati». Parole libere e al di là di ogni diplomazia che vengono in parte ridimensionate ad esempio dal presidente ungherese della riunione, Sandor Pinter: «il ministro italiano non ha protestato. Ha approvato le conclusioni con riserva. Ma le ha approvate». Conclusioni assunte a larghissima maggioranza secondo le quali quella che sta vivendo il Belpaese non è una emergenza (mentre lo è a Malta). L’Europa inoltre si aspetta (lo ha detto il ministro tedesco) che «l’Italia rimandi in Tunisia gli immigrati irregolari». Una gara di solidarietà nella solidarietà, vien da dire. Nella quale adesso ci si mette anche il governatore del Veneto, Zaia: «Il Veneto è solidale ed è a fianco del ministro Maroni e del Governo. Noi stiamo chiudendo il nostro piano regionale: li ospiteremo in forme diffuse sul territorio, con concentrazioni molto piccole… I veneti possono stare tranquilli». Chi non è sereno, come spiega nel suo retroscena Umberto Ross, è il presidente della Repubblica irritato con Maroni: quella del governo è una «linea ondivaga, oscillante, ambigua e confusa… fonte di ulteriori preoccupazioni per il Colle: sulla vicenda drammatica dell’immigrazione si sta giocando la partita delle elezioni amministrative di maggio» sottolinea il commentatore. Da Lampedusa intanto notizie letteralmente incendiarie: ieri i migranti, avvertiti per sms dai primi rimpatriati (convinti di partire per la terra ferma italiana), hanno bruciato materassi, lenzuola di carte e inscenato una protesta. Solo a tarda sera la situazione si è normalizzata. Sulla polemica europea, doppio commento. Il primo di Barbara Spinelli (“Il tempo dei profeti”) che sottolinea il ruolo appunto profetico di Napolitano e la disattenzione con cui il governo accoglie i suoi richiami. «Governi e classi dirigenti sono schiavi del consenso democratico anziché esserne padroni e pedagoghi con visioni lunghe… È la schiavitù del consenso a secernere dispetti, rancori, furberie». Ma a non saper fare un’operazione verità non è il solo Berlusconi: anche gli altri stati e le istituzioni europee sono incapaci di dire alcune verità. Ad esempio che la guerra rivela una grande immobilità e un vuoto di idee, che l’Europa non ha una politica di cooperazione e sviluppo verso i paesi arabi, che il multiculturalismo, di cui ci si affretta a dichiarare il fallimento, non è un’opinione: è una realtà rispetto alla quale i governanti europei si sono dimostrati incapaci. Il secondo commento è di Jurgen Habermas: “La politica senza qualità”. Una analisi molto diffusa che guarda ai meccanismi decisionali dei singoli stati, partendo dalla Germania, per arrivare  a una conclusione che forse tutti li riguarda: «la riscoperta dello Stato nazionale tedesco, il dominio del breve termine in un mondo politico che procede senza bussola, la fusione tra le classi politica e mediatica potrebbero spiegare l’incapacità di affrontare un grande progetto come quello dell’unificazione europea».

Alla «Emergenza immigrati» IL GIORNALE dedica un titolo di spalla in prima pagina: «Egoista e insensibile: uscire da questa Europa non è una bestemmia» è il titolo del commento di Giancarlo Loquenzi. Scrive Loquenzi: «Ieri si è sfogato anche il ministro Maroni dopo l’ennesimo «no» della Commissione ai permessi temporanei per gli immigrati tunisini: “Mi pare che se l’Europa è questa, francamente meglio soli che male accompa­gnati”. Ma l’Europa è questa. Lo si è visto con la crisi dei debiti sovrani e della zona euro prima e nell’ emergenza immigrazione dal Nord Africa poi: l’Europa non esiste se non nella gestione burocratica di se stessa, ma nelle evenienze drammatiche e impreviste la soluzione “europea” finisce col coincidere con l’interesse dei più forti. Così l’Europa ha fatto pagare ai contribuenti europei il debito greco per proteggere le banche tedesche invase di titoli tossici del governo ateniese e ora aiuta la Francia a chiudere le sue frontiere contro l’invasione tunisina». La notizia viene approfondita a pagina 8 e 9: «I “fratelli” europei ci scaricano. L’ira di Maroni: “Meglio soli”. Un «retroscena» di Massimiliano Scafi riferisce: «E Napolitano bacchetta i ministri». Si riferisce di questo scambio telefonico tra il presidente della Repubblica e il ministro degli Esteri Franco Frattini: «Caro Franco, come tu ben sai, l’Europa è una cosa seria. Invece nelle ultime ore ho sentito troppe parole in libertà. Separazione, ripicche… Non scherziamo, bisogna essere più responsabili». «Sì, presidente, sono d’accordo. Però a Bruxelles c’è qualcosa che non va». Scrive Scafi: «quando ha sentito che dall’Italia, in caso di un no alla proposta di concedere una tutela temporanea agli sfollati, si parlava di organizzare “ripicche” o di “andarsene” dalla Ue», il presidente ha reagito con «irritazione» per le «dichiarazioni considerate “fuori misura” e pericolose per la nostra politica estera».

Gioca con la parola euro il titolo di apertura del MANIFESTO che è “Neuro”, dove la “N” è nera e la scritta “euro” in arancione. Sotto il titolo la foto dei ministri Frattini e Maroni. «”Meglio soli che male accompagnati”, il leghista Maroni inguaia l’Italia al vertice europeo sull’immigrazione minacciando l’uscita del paese dall’Ue. Ignorato anche l’invito del presidente Napolitano ad evitare “strappi” con l’Europa: per placare il proprio elettorato, il partito di Bossi gli risponde picche. La politica estera del governo si riduce ai rimpatri forzati. E Lampedusa vive una giornata di rivolta dei migranti tunisini» riassume il sommario che rinvia alle pagine 4 e 5  quasi completamente dedicate a quanto sta accadendo tra Italia e resto d’Europa, oltre che a Lampedusa dove ieri dopo il primo volo per Tunisi nel centro di primo soccorso si è scatenata una rivolta. Ai rapporti con l’Europa è dedicato anche l’editoriale “Ipocrisie europee” di Sandro Mezzadra. «Lo scontro interno alle destre europee, con il governo italiano preso tra l’incudine del suo elettorato e il martello dell’Europa di Merkel e Sarkozy, indica sia la deriva populista che l’ipocrisia della solidarietà alle rivolte del Maghreb. Un futuro di pace e cooperazione (comunque si intendano questi termini) nell’area euro-mediterranea non può prescindere da una specifica declinazione del desiderio di libertà e della pretesa di dignità di queste popolazioni. L’alternativa la conosciamo: è la prosecuzione della guerra contro donne e uomini migranti che ha trasformato il mediterraneo in un cimitero. (…)» e prosegue: «(…) L’Italia e l’Europa desiderano regimi almeno moderatamente autoritari, perché è con quei regimi che si stipulano gli accordi che li obbligano a svolgere la funzione di gendarmi per conto d’altri. È un desiderio inconfessato e forse (in questi giorni) inconfessabile, ma in fondo il desiderio lo è spesso per sua natura. Se poi evoca fantasmi un po’ imbarazzanti (come ad esempio l’idea che per gli arabi la democrazia sia poco adatta), diventa ancora più difficile confessarlo. (…) La contraddizione tra il desiderio di libertà dei giovani ribelli del Sud (questo sì pienamente confessato e agito!) e la Realpolitik europea risulterebbe ancora più plateale, così come la fragilità della seconda. E daremmo forse un piccolo contributo all’apertura di spazi in cui immaginare e costruire una diversa area euro-mediterranea». A pagina 5 Galapagos intervista Guglielmo Epifani (oggi a Roma per un convegno sulle governance europea) che afferma «Sull’immigrazione furbate all’italiana e egoismi che ritornano». Nell’intervista si parla del patto di stabilità e dei piani di salvataggio oltre che della difesa della moneta. Sull’immigrazione Epifani osserva che: «(…) Ha ragione il governo a chiedere la solidarietà europea, ma non puoi far finta di non vedere che la trovata “oggi diamo un permesso umanitario purché gli immigrati se ne vadano in altri paesi” non risponde alla ricerca di una soluzione condivisa: è la solita furbata italiana con la quale di pensa di scaricare i problemi sugli altri. Ma gli altri se ne sono accorti e hanno detto “no” (…) alla poca solidarietà europea si contrappone una furbizia tutta italiana».

“Bruxelles boccia l’Italia sui permessi agli immigrati. Maroni: usciamo dall’Ue” è questo il lancio in prima che IL SOLE 24 ORE dedica alla questione “Lampedusa”. Due i commenti, quello di Stefano Folli (“Il fallimento europeo è figlio di un’assenza di leadership”) e quello della direzione del giornale. L’apertura di pagina 12  ci offre la cronaca: siamo a Bruxelles, riunione dei ministri degli interni europei, e contro le ipotesi di Maroni & Co si schiera il resto d’Europa. E allora, dice il ministro, perché rimanere in Europa? Della serie: chi non è d’accordo con me è mio nemico, una matrice culturale di questo governo. Napolitano, intanto, avvisa: non scherziamo sull’Europa. Di taglio basso il racconto di Najib, dalla Tunisia con destinazione Germania per raggiungere la propria famiglia. Folli dixit: «Nell’assenza di una vera “leadership” di governo, il ministro dell’Interno Maroni ha dovuto sbrigarsela da solo a Bruxelles e il suo fallimento era annunciato (…)  Ma chi può riannodare i fili con l’Europa? Dovrebbe essere il premier Berlusconi che invece è impegnato nell’estremo duello con la procura di Milano. La contraddizione non potrebbe essere più drammatica. Tanto più che lo stesso Pdl appare in preda a una serie di convulsioni interne».

Su ITALIA OGGI si parte come di consueto con “l’analisi” di Pierluigi Magnaschi che titola “Sarkozy sparando alla Libia ha impallinato l’Europa”. Il giornalista cita uno dei più seguiti giornali francesi per inquadrare la situazione «il Figaro di ieri (che è il più diffuso quotidiano francese e, tra l’altro, di simpatie sarkoziste) ha invece spiegato che il ministro dell’interno d’Oltralpe, Claude Guénant, ha confermato a Maroni che la Francia «si sente in diritto di riportare in Italia» tutti gli immigrati che volessero entrare clandestinamente in Francia (come se questi non fossero entrati clandestinamente in Italia, oltretutto fuggendo alle bombe che la Francia sta entusiasticamente sganciando sulla Libia)». Magnaschi, dopo aver citato il caso della Germania che rifiuta di accogliere chiunque e quello di Malta che ha salvato dei migranti in mare salvo poi volerli sbarcare a Lampedusa, commenta sarcastico «Voleva fare la generosa con il portafoglio degli altri.  E c’è anche rimasta male». Conclusione? «Ecco perché l’Europa esce sfigurata da queste vicende. Esprime l’egoismo dei più forti, non la solidarietà fra 27 paesi». Franco Adriano con il suo “Italia isolata, Maroni sotto attacco”, fa un breve riassunto della giornata di ieri. Se sul fronte nord africano «l’emergenza immigrazione per l’Europa non è paragonabile alla crisi finanziaria in occasione della quale “noi abbiamo espresso la nostra solidarietà alla Grecia, all’Irlanda, al Portogallo”, ha aggiunto Maroni. Questa volta, dunque, varrebbe il motto: “Cara Italia, sono affari tuoi”». Non si lasciano scappare l’assist le opposizioni Fini, Casini e Bersani attaccano la maggioranza. “Migranti, l’Europa è latitante” a firma di Carla Signorile che intervista «Sergio Vento, ex ambasciatore italiano alle Nazioni Unite e attuale presidente di Nordest merchant (banca d’affari del Gruppo Banca Popolare di Vicenza)». Vento ha spiegato che «I nostri partner nordici, dalla Germania alla Gran Bretagna, per non parlare degli scandinavi, non avvertono il problema come proprio», su Sarkozy ha sottolineato «Certo che in vista delle elezioni presidenziali del 2012 che si preannunciano problematiche per il presidente francese, i temi di politica estera sono stati strumentalizzati anche in maniera incauta» e ha chiuso con un monito: «il tempo lavora e ha lavorato a favore di Gheddafi». Molto interessante il commento di Piero Laporta. «Dall’inizio della guerra sono giunti a Lampedusa circa 20mila persone, fra questi libici e tunisini, ma anche altre etnie provenienti dal Corno d’Africa e da altre aree meno accoglienti dell’Italia», scrive nel suo “Sbarchi, prezzi crollati”, «Il traghettamento di ciascuno nei primi giorni dell’esodo costava fra 1000 e 2mila euro, in contanti, neanche a dirlo. In passato, quando la domanda di trasporto era più bassa, il traghettamento costò il doppio. Negli ultimi traghettamenti il prezzo s’è abbassato ancor più. Si verifica quindi un fenomeno alquanto stravagante: la lievitazione della domanda fa abbattere il prezzo, in luogo di farlo schizzare in alto secondo le sacre leggi del mercato. È un miracolo, a meno che qualche manina, sottobanco, non paghi la differenza alla cupola che organizza l’esodo». Chiude sempre Laporta, che firma anche “Libia, devastanti i bombardamenti”, in cui spiega «esaminiamo qualche dato obiettivo della guerra innescata in Libia. 100milioni di dollari è il costo dei 110 missili Tomahawk lanciati all’alba del 17 marzo, immediatamente dopo la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, quella che autorizza «tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione civile». E poi approfondisce il discorso sull’arma «Il Tomahawk si approssima all’obiettivo volando a 10 metri dal suolo. A questa quota un radar avvista il missile solo quando è a 15 chilometri di distanza, cioè si hanno solo 30 secondi di tempo per reagire: impossibile abbatterlo. Il Tomahawk colpisce l’obiettivo con un errore di un metro. Da qui la definizione “arma chirurgica”. Si dimentica che ogni missile trasporta mezza tonnellata di esplosivo, che distrugge tutto entro un raggio di 50 metri, cioè una circonferenza nella quale ci sta comodo un campo di calcio. Le schegge e i detriti volano anche fino a 500metri. L’obiettivo è colpito con la precisione d’un metro, ma è difficile che i civili nei suoi dintorni abbiano voglia di congratularsi né si sentono rassicurati dalla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza». 

AVVENIRE apre con il titolo “Un ‘muro’ sulle Alpi” per commentare la bocciatura Ue ai permessi temporanei. Non passa la proposta di Italia e Malta di attivare la direttiva sulla protezione temporanea dei rifugiati. I servizi sull’emergenza immigrazione, da pagina 4 a pagina 7, cominciano con la cronaca del Consiglio di Lussemburgo e “L’altolà dei 27”: «Duro il ministro dell’Interno tedesco Friedrich: siete un Paese grande, 23mila profughi non sono un problema», mentre il commissario europeo Malmstrom commenta : «L’Italia è un patrimonio per l’Europa e nessuno vuole che abbandoni l’Ue». A pagina 5 “L’ira di Maroni: Serve restare nella Ue?”. Nel sommario: “Anche Frattini condanna l’egoismo dell’Europa. Ma Berlusconi vede Barroso e stempera». Un articolo parla dell’invito di Napolitano a “non scherzare con l’Ue” perché “uscirne è impensabile” e  un taglio basso riporta i  commenti delle opposizioni “Vogliono portarci nell’Unione africana”. La pagina 6 è dedicata al confronto con la Spagna che respinge i migranti con radar, barriere e denaro. Infine a pagina 7 la situazione a Lampedusa che ha vissuto un’altra giornata di tensione con decine di migranti che hanno tentato la fuga dopo la partenza del primo volo per Tunisi. Nell’editoriale “Bombe sì, profughi no” Giorgio Ferrari si chiede «è possibile vergognarsi dell’Europa?» e risponde: «Sì, è possibile, e per quanto ci riguarda sta accadendo in queste ore e in questi giorni convulsi, dove quel club di ventisette nazioni che si proclama come Unione Europea sta offrendo al mondo – ma soprattutto a se stesso, alla propria sotterranea coscienza – la peggiore delle immagini possibili… Quella stessa Europa che –pur nel guazzabuglio politico e diplomatico nel quale è solita navigare, dove ciascuno si muove in ordine sparso e spinto da interessi e pressioni interne che nulla hanno a che fare con la politica estera comune della quale la Ue  dovrebbe farsi carico – ha impiegato molto meno tempo ad adottare l’azione militare. Come dire bombe sì e profughi no… Un’Europa dove s’indovina o strepito sempre più rumoroso delle destre xenofobe e sotto traccia la palpabile paura dei governanti di perdere consenso se non ne inseguono gli umori… Ed eccola qui, finalmente la ratio, la chiave di questa contabilità da retrobottega che si maschera dietro i Trattati e si nasconde dietro solidarietà fumose e inconsistenti: paura di perdere il potere e il consenso. Una miopia politica che si avvicina alla cecità».

“Maroni: meglio uscire dall’Ue”: LA STAMPA titola in prima pagina a partire dalle parole del ministro dell’Interno. All’interno:  “Berlusconi trova il nemico e giustifica la Lega”, un pezzo sul «rammarico» del Presidente della Repubblica (“La carta di Napolitano: inviare un messaggio al parlamento”) e un’intervista a Giorgio La Malfa, eletto con il Pdl e ora nel gruppo misto. L’Italia, dice La Malfa, «ha di fatto provocato gli egoismi nazionali dell’Europa: se si accetta e anzi si rivendicano gli egoismi del Veneto, della Lombardia e del Piemonte, perché poi non devono poi fare lo stesso la Francia con gli egoismi della Provenza e la Germania con quelli del Baden-Wurttenberg?». Esponenti della Lega, continua La Malfa, hanno poi detto chiaramente in parlamento che la questione dei permessi temporanei era un mezzo per mandare i migranti in altri Paesi europei. A ciò si aggiunge una «perdita di credibilità dell’Italia».  In Europa sarebbe andata assai diversamente se a Lampedusa si fosse dato il senso della pronta organizzazione che affrontare drammi richiede, continua il parlamentare. «Un Paese normale, di fronte alla crisi dei migranti nordafricani, impegna il Parlamento», «noi siamo stati e saremo a discutere e votare provvedimenti ad personam per Berlusconi».

E inoltre sui giornali di oggi:

FRANCIA
IL MANIFESTO – Richiamo breve in prima al commento di Ida Dominijanni e all’articolo dedicato al divieto “impossibile” con il niqab. A pagina 5 Anne Marie Pommard scrive da Parigi “Legge anti-burqa al via, caos e contestazioni”. «La legge dell’11 ottobre 2010 che bandisce il velo integrale – niqab e burqa da tutti i luoghi pubblici è entrata in vigore ieri in Francia. Tra provocazioni e proteste, la prima giornata ha messo in luce le incongruenze e le difficoltà di applicazione della norma. (…) Ma ieri a protestare c’erano anche i poliziotti, che hanno voluto denunciare che la legge è inapplicabile. Il sindacato France police afferma che la norma è semplicemente “ridicola”, si tratta di “una procedura abnorme per un risultato assurdo: non si combatte l’estremismo religioso con una contravvenzione”. Per Philippe Caron, di Unsa Police, il rischio sono le “provocazioni”. Persino Alliance, sindacato molto a destra, vicino all’Ump (il partito di Sarkozy) sostiene che l’applicazione della legge non sarà “la priorità” dei poliziotti. Che hanno deciso di chiudere un occhio. (…)» e conclude ricordando quando previsto dalla normativa francese che vieta il velo integrale nei luoghi pubblici: «Se una donna velata entra in uno di questi spazi, deve togliersi il velo. Se rifiuta, viene chiamata la polizia, che, in caso di nuovo rifiuto, deve mettere la donna in stato di fermo, identificarla e darle una multa di 150 euro. Alla donna può anche essere proposto uno stage di “cittadinanza”, per cercare di convincerla ad abbandonare una pratica non accettata in Francia».

WEB
IL SOLE 24 ORE – Si chiama crowdfunding. E’ la collaborazione online fra persone che usano il denaro messo in comune per sostenere enti e persone e il quotidiano di Confindustria lo elegge a soluzione (parziale) dei tagli alla cultura: «Da ottobre lavorano per lanciare Fund for culture, sito web che finanzi iniziative culturali. Il meccanismo è semplice: l’utente pubblica un progetto, definisce il budget e chiede alla comunità online di finanziarlo con piccole donazioni». Tutto questo succede a pagina 17.

ECONOMIA SOLIDALE
AVVENIRE – A pagina 3 pubblica un’inchiesta sul Terzo settore e le banche intitolata “Il non profit in allarme. A rischio il credito al sociale”. Con Basilea3 i finanziamenti diventano più difficili e le nuove norme penalizzano il Terzo settore. AVVENIRE sottolinea come «Le organizzazioni senza scopi di lucro sono clienti modello per gli istituti creditizi: chiedono pretiti più bassi e li rimborsano con maggiore facilità». Ma dal 2013 le banche dovranno accantonare cifre più alte prima di concedere un prestito. La situazione può diventare critica per cooperative sociali, associazioni ed enti religiosi, che chiedono di essere valutati secondo parametri adeguati a ciò che rappresentano realmente, mentre oggi sono equiparati alle imprese normali. Un’infografica ricorda che l’ammontare dei prestiti concessi a 22mila realtà del Terzo Settore è di 10,7 miliardi di euro. In una intervista Stefano Zamagni, presdiente dell’Agenzia per le Onlus,  lancia l’appello a Bankitalia perché «impedisca l’eutanasia». Un box parla dell’esperienza di Banca Prossima che ha introdotto un modello di valutazione del rischio di credito su misura per il non profit.

FUKUSHIMA
IL MANIFESTO – «Tokyo si svegli, decine di migliaia in piazza per dire basta al nucleare» è il titolo dell’articolo a piè di pagina 9 che nell’occhiello ricorda come sia trascorso un mese dal terremoto e dallo tsunami e che nell’anniversario una violenta scossa ha messo fuori uso l’impianto di raffreddamento di Fukushima. «(…) All’ombra dei ciliegi in fiore, l’altro ieri oltre 15mila persone hanno manifestato per le strade di Tokyo per protestare contro la dipendenza del Giappone dall’energia nucleare. In quella che è stata forse la manifestazione più grande e movimentata degli ultimi quarant’anni, persone di tutte le età hanno sfilato al ritmo di musica gridando “No al nucleare!”». L’articolo che aggiorna su quanto successo in Giappone si chiude osservando: « (…) il governo sta pensando di ampliare il raggio di evacuazione della zona intorno all’impianto oltre i 20 chilometri attuali. Tuttavia, nessuna decisione certa è stata ancora presa in merito e gli esperti di Greenpeace, che da tempo insistono sulla necessità di rafforzare le misure di prevenzione, temono che le autorità si riducano come sempre all’ultimo momento. Quello che la gente si aspetta ora non sono dati snocciolati minuto per minuto, ma lungimiranza, una qualità che il governo di Kan non sembra ancora aver dimostrato».


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