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Profughi dal kosovo quali garanzie ora?

Sono scaduti i termini di protezione temporanea per i rifugiati. L'Acnur sconsiglia rientri forzati e chiede più attenzione per chi non appartiene all'etnia albanese

di Redazione

Scrivo a nome di un cittadino kosovaro mio amico, in Italia dallo scorso anno, che grazie allo status di rifugiato ha lavorato per alcuni mesi. Ora invece è senza occupazione, e ho sentito che dal 30 giugno non ha più titolo per restare qui. Cosa gli succederà?
A. S. (email, Vicenza)

Risponde Walter Citti, segretario Asgi
Al momento in cui si scrive, nessun provvedimento è stato ancora adottato in relazione ai permessi di soggiorno per protezione temporanea rilasciati alle persone provenienti dalle zone di guerra della Repubblica Federale di Jugoslavia (Kosovo). È difficile quindi dare una risposta al suo quesito, poiché la situazione attuale ci consente soltanto di fare supposizioni su quanto il governo potrebbe decidere in questi giorni. È lecito pensare che si atterrà alle raccomandazioni formulate dagli organismi internazionali, l’Acnur in primis. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha elaborato una serie di raccomandazioni affinché i provvedimenti e le politiche di rimpatrio corrispondano ai principi di non refoulement sanciti da precisi obblighi internazionali e ai requisiti di dignità, sicurezza e umanità.
Il documento Acnur precisa che le condizioni di sicurezza e di vita in generale delle persone di etnia non albanese in Kosovo permangono estremamente precarie, per cui restano immutate le raccomandazioni volte ad assicurare la proroga delle misure di protezione internazionale a favore di rifugiati kosovari di etnia non albanese (rom e serbi). Alla luce della situazione di violenza e di impunità ancora vigente in Kosovo, anche talune categorie di kosovari albanesi subiscono sistematiche violazioni dei diritti umani e serie minacce alla loro vita e libertà. Di conseguenza l’Acnur raccomanda ai governi di concedere, alla scadenza delle misure di protezione temporanea, ai rifugiati kosovari albanesi appartenenti alle seguenti categorie, l’accesso a procedure di determinazione individuale dei motivi per cui non intendono rientrare: a) persone o nuclei familiari di origine etnica mista; b) persone che hanno collaborato con il regime serbo o che vengono ritenute collaborazioniste dalla popolazione locale; c) persone che hanno rifiutato di unirsi all’Uck o vi hanno disertato; d) persone che si sono espresse criticamente nei confronti dell’Uck e/o del governo provvisorio, o appartengono a partiti politici critici verso l’Uck; d) persone che hanno disubbidito a ordini e provvedimenti emanati dal governo provvisorio dell’Uck.
Secondo il documento dell’Acnur, dovranno essere esaminate con particolare attenzione le istanze di proroga della protezione avanzate da individui traumatizzati durante il conflitto (vittime di tortura o di violenza sessuale). Anche rifugiati appartenenti a gruppi vulnerabili dovrebbero essere esentati da un rientro forzato. È il caso di persone handicappate o malate e dei loro familiari, di anziani soli, di minori non accompagnati e di donne con figli prive di marito o parenti in Kosovo. Ci si può attendere che il governo assicurerà ai profughi l’accesso a un esame individuale delle richieste di proroga della protezione. Per gli altri rifugiati di etnia albanese, non ricadenti in alcuna delle categorie sopra menzionate, l’Acnur non ritiene vi siano necessità particolari di protezione che impediscano il rientro. Tuttavia esprime la propria preferenza verso forme di rimpatrio volontario e raccomanda un rientro scaglionato.
Alla luce delle esperienze precedenti (profughi dall’Albania nel ’97), è anche possibile che il governo decida di consentire ai profughi che svolgano regolare attività di lavoro, subordinato o autonomo, la conversione della protezione temporanea in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Il Consorzio italiano di solidarietà e il Consiglio italiano per i Rifugiati hanno lanciato un appello affinché sia garantita la volontarietà del rimpatrio e consentito ai rifugiati che non intendono rimpatriare di rimanere in Italia, convertendo il permesso di soggiorno secondo modalità analoghe a quelle già previste in passato per i rifugiati ex-jugoslavi, somali ed albanesi con il Dpcm 06.08.1998. Il consiglio che possiamo dare ai kosovari è di tenersi in contatto con le organizzazioni per la tutela dei rifugiati in Italia per essere tempestivamente informati sugli sviluppi (Consiglio Italiano per i Rifugiati, via del Velabro, 5/a, Roma tel. 06.69200114: o Ics Trieste, via Marconi, 36/b, Trieste, tel. 040.52248).

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