Politica

Profughi, 27mila fantasmi a spasso per l’italia

Fuggono da nazioni disastrate e sono stranieri regolari, ma nessuno è tenuto a occuparsi di loro. Lo Stato, l’unico in Europa senza una norma ad hoc, riesce ad assisterne meno di 5mila.

di Redazione

Ormai quando dalla pancia degli aerei provenienti dal Sud del mondo scendono i richiedenti asilo – nell?ultimo periodo la media è stata di 80 sbarchi al mese – gli agenti dell?hub milanese della Malpensa si mettono le mani nei capelli: «Mo? questi dove li mettiamo?». Un interrogativo che, nella stragrande maggioranza dei casi, rimane senza risposta. Di certo c?è solo il Fondo per le politiche e i servizi dell?asilo che nel 2006 garantirà l?accoglienza a 2.428 persone. Gli altri? Si arrangino, non c?è posto per tutti. I guardiani della Maiolo Né al ministero degli Interni, né all?Acnur, l?Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono in grado di fornire cifre ufficiali su quanti siano i richiedenti asilo e gli stranieri con protezione umanitaria effettivamente presenti sul nostro territorio. Per ottenere una stima su quanto sia esteso questo limbo sociale e legislativo, occorre allora affidarsi alle stime di Christopher Hein, direttore del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati. «Attualmente in Italia vivono circa 27mila richiedenti asilo, a cui si aggiungono altri 5mila casi di permessi per ragioni umanitarie». Il totale fa 32mila. «Sottraendo i più fortunati che vengono inquadrati in uno dei progetti finanziati attraverso il Fondo e una quota di circa 2.500 persone pari alle presenze medie nei sette centri di identificazione e che in un modo o nell?altro godono di una qualche forma di assistenza», continua il ragionamento, «si può presumere che in Italia vaghino circa 27mila stranieri regolari con permessi temporanei che spesso non conoscono la lingua e non hanno lavoro e di cui nessuno è chiamato ad occuparsi». Fantasmi che, di tanto in tanto, si materializzano. Come nel caso dei 275 (237 uomini, 30 donne e 8 bambini) del gruppo ribattezzato di ?via Lecco? a Milano. Sudanesi, etiopi ed eritrei, che a oltre sei mesi dal loro arrivo non hanno ancora trovato un posto dove stare. «Mangiano alla mensa dei poveri dell?Opera san Francesco e qualcuno lavora in nero», rivela Sara Sasso dell?associazione Todo Cambia, una delle sigle che insieme alla Caritas, la Casa della Carità, Acli, Arci e altre realtà territoriali «ha provato a mettere un tampone a una situazione paradossale». A preoccupare è soprattutto la condizione abitativa: «Malgrado le promesse del Comune non ci sono ancora soluzioni definitive». Alcuni hanno quindi trovato rifugio nel dormitorio di viale Ortles, «altri invece sono finiti in uno scantinato in zona porta Romana, e altri ancora addirittura in una sorta di baraccopoli di container recintata in via Di Breme dove una pattuglia di guardiani agli ordini dall?assessore Maiolo impedisce l?ingresso anche ai volontari e ai giornalisti». Via Lecco da esportazione Il modello ?via Lecco? non è però un?esclusiva milanese. «Repliche se ne possono trovare in tutto il territorio nazionale», conferma Hein. A Caserta, per esempio. Fabio Basile è il portavoce del Movimento dei migranti e dei rifugiati politici, gruppo animato dal vescovo Raffaele Nogaro, dal centro sociale Ex canapificio e da altre associazioni locali. «Nella nostra provincia ci sono fra i 400 e i 500 richiedenti asilo e100 stranieri con protezione umanitaria. Contando anche i richiedenti a cui è stato negato il permesso, si arriva a mille persone. L?offerta abitativa a loro disposizione invece non raggiunge le 100 unità». Nel casertano il Fondo nazionale per l?asilo assicura infatti solo 15 posti letto. «L?accesso al finanziamento è permesso solo a quei progetti di accoglienza a cui partecipi almeno un ente locale. I nostri Comuni però non sembrano molto interessati a questo tema». Rimane vivissimo, invece, l?interesse dei richiedenti casertani (per lo più provenienti da Liberia, Costa d?Avorio, Ghana e Nigeria), per un lavoro e un tetto. «Cento euro a testa per un appartamento da condividere in 10/12 persone», questi i prezzi degli affitti. Quanto al lavoro, il nero è una necessità e forse anche un affare, «qui la camorra si sente», ricorda Basile. Le tariffe? «Per un giorno nei campi o in cantiere, 35 euro». Più o meno le stesse cifre che si prendono a Foggia per raccogliere i pomodori o a Rosarno, in Calabria, con le arance. «Questa gente segue inevitabilmente il flusso degli impieghi stagionali. Da febbraio a giugno in Campania, a luglio in Puglia, dicembre e gennaio in Calabria», conclude Basile. Promesse da mercanti Le ?vie Lecco? a Roma si chiamano Romanina o via Collatina. Recentemente l’amministrazione comunale ha reso pubbliche cifre da allarme sociale. «A fronte di una disponibilità di 4mila posti letto, registriamo una domanda abitativa che supera le 10mila domande», ricorda Alfonso De Vito della Rete antirazzista. In Sicilia invece si vive un?emergenza non stop. La tratta più battuta è la linea Libia-Lampedusa: 250 sbarchi e 14mila arrivi solo nel 2005. «Di questi almeno la metà ha fatto richiesta di asilo, ma solo il 15% di loro ha ottenuto un permesso di soggiorno. Nessuno però ha mai lasciato l?isola», spiega Giorgia Listi dei Cobas di Palermo. «Non dobbiamo meravigliarci: l?Italia è rimasto l?unico paese europeo senza una legge sul diritto d?asilo», attacca Hein. Dopo il flop del centrosinistra, infatti, anche in questa legislatura un progetto di legge bipartisan firmato da Antonio Soda (Ds) ed Enzo Trantino (An) è finito su un binario morto, malgrado gli impegni presi. «In caso di vittoria alle elezioni la legge sul diritto d?asilo sarà inserita nel programma dei primi 100 giorni», ha dichiarato in queste ore la diessina Livia Turco a Vita. Staremo a vedere.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA