Profitto e politica: ecco perché Bush ha potuto rimangiarsi Kyoto
L'amministrazione Bush intenderebbe ritirare l'adesione degli Stati Uniti a Kyoto, venendo meno cosi' al proprio impegno per la riduzione dei gas ad effetto serra
di Redazione
La Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è stata adottata il 9 maggio 1992, ratificata da 186 Paesi, ed è entrata in vigore il 21 marzo 1994. Collegato alla predetta Convenzione è il Protocollo di Kyoto, adottato l?11 dicembre 1997, “firmato” da 96 Stati, ma “ratificato” soltanto da 21, di cui uno solo (Romania) appartenente ai Paesi sviluppati. Questo Protocollo, come ogni altro, è legato alla sua Convenzione madre, di cui sottolinea e specifica alcuni profili obbligatori soltanto per gli Stati a cui il Protocollo si riferisce e che infine lo “ratificano”, ossia lo accettano definitivamente come parte del proprio ordinamento. Comunque, in base al Protocollo di Kyoto, tutte le Parti aderenti devono migliorare la qualità dei coefficienti di emissione e attenuare i cambiamenti climatici. Con un?avvertenza importante: soltanto gli Stati elencati in un allegato al Protocollo, e corrispondenti al gruppo dei Paesi sviluppati, sono obbligati a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra secondo una quota percentuale definita per ciascuno. Inoltre tutti sono obbligati a ridurre almeno del 5% le emissioni di gas ad effetto serra registrate nel 1990. L?obiettivo globale deve essere raggiunto dagli Stati obbligati tra il 2008 ed il 2012.
Dunque conta molto per il Protocollo di Kyoto l?obiettivo globale, indipendentemente dai luoghi in cui vengono raggiunti i risultati da sommare algebricamente. Pertanto i Paesi sviluppati che si sono impegnati nel Protocollo a raggiungere determinati risultati possono assolvere i loro obblighi anche aiutando singoli Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni. Comunque il Protocollo di Kyoto non è ancora in vigore: lo sarà quando lo avranno “ratificato” almeno 55 Paesi parti della Convenzione madre sui cambiamenti climatici, purché nell?insieme rappresentino almeno il 55% del volume totale delle emissioni di gas ad effetto serra prodotte dai Paesi sviluppati. Si tratta dunque di un complicato congegno, peraltro non eccezionale nel sistema internazionale, in cui si combinano elementi politici e strategici, interessi economici e profili di solidarietà. In questo contesto occorre ricordare la posizione degli Stati Uniti è stata sempre piuttosto critica sul Protocollo e sulla sua attuazione. In effetti gli Usa sono i maggiori produttori di emissioni, e dunque quelli che dovrebbero contribuire per primi alla loro riduzione; per farlo però vorrebbero un impegno non generico da parte dei Paesi in via di sviluppo.
Soprattutto, gli Stati Uniti vorrebbero mettere alla frustra e insieme aiutare i Paesi nel cui territorio si registrano i contributi più elevati e più dissennati all?inquinamento. Insomma l?obiettivo statunitense sarebbe quello di vendere tecnologie avanzate antismog ai Paesi arretrati detraendo i relativi risultati dal monte di obblighi che gli Usa dovrebbero assolvere nel proprio territorio. A fronte di questa posizione sta quella dell?Unione europea che vorrebbero che l?obbligo di abbattimento dell?inquinamento previsto dal Protocollo di Kyoto venga realizzato nell?ambito di ciascun Paese sviluppato per almeno il 50% della quota ad esso corrispondente.
Che la politica interna abbia un ruolo di rilievo nella questione è facile da dimostrare. Il presidente George W. Bush, anche se in campagna elettorale aveva confermato di voler «ridurre le emissioni di inquinanti», si è trovato a fronteggiare la crisi energetica della California che ha portato a ridurre l?erogazione di energia elettrica in case e fabbriche. Ha così comunicato al Congresso di non voler porre limiti ulteriori ai produttori di energia elettrica e non voler sostenere la ratifica del Protocollo di Kyoto.
D?altra parte il Protocollo di Kyoto era stato negoziato e firmato (non ?ratificato?) durante l?amministrazione democratica di Clinton e già allora il Senato, a maggioranza repubblicana, aveva manifestato dubbi. Ora Bush intenderebbe ritirare la firma apposta dalla precedente amministrazione. A sua volta l?Unione europea intenderebbe ratificare comunque il Protocollo entro il 2002, ritenendo che il numero necessario di ratifiche sia raggiungibile anche senza l?aiuto degli Stati Uniti.
Questo lo scenario complessivo, che intreccia profili di segno e natura molto diversi. Peraltro sul piano internazionale la logica e la tecnica del negoziato sono di gran lunga prevalenti sulle rotture definitive, sicché in molti sperano in un accordo, che salvi almeno lo spirito e l?essenziale del Protocollo di Kyoto.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.