Università

Professioni socio-sanitarie: prime per occupabilità

La quota di laureati che a un anno dalla pergamena può contare su un contratto di assunzione si attesta al 76,8% contro una media del 38,5% di tutti gli altri corsi universitari

di Francesco Dente

Prime per occupabilità. Le lauree nelle professioni sanitarie (categoria ministeriale che comprende anche alcune professioni sociali) si confermano, seppure con una leggera flessione, i titoli più sicuri per chi cerca subito un lavoro anche nel terzo settore.

La quota di laureati che a un anno dalla pergamena può contare su un contratto di assunzione si attesta al 76,8% contro una media del 38,5% di tutti gli altri corsi universitari. Quasi il doppio in termini percentuali. A certificarlo è il XXVI rapporto annuale del Consorzio interuniversitario Almalaurea di Bologna sul profilo e la condizione occupazionale di chi ha il titolo di dottore. I 22 corsi di studi di area sanitaria – suddivisi a loro volta nelle quattro aree di Infermieristica e Ostetricia, Riabilitazione, Tecnica e Prevenzione – garantiscono al Terzo settore una serie di profili indispensabili per le attività con i minori, gli anziani, i detenuti, gli immigrati, le persone con disabilità o affette da dipendenze. Primo fra tutti quello degli educatori professionali. Per non parlare degli ormai introvabili infermieri richiesti dalle cooperative sociali che operano nell’ambito dell’assistenza domiciliare integrata.

Nel complesso, la maggior parte dei 16.242 laureati nel 2022 (in calo dell’1,7% rispetto ai 12.331 nel 2021) ha un impiego già dopo aver ottenuto il titolo di primo livello (72%) mentre solo il 4,8% lavora e continua a studiare per conseguire anche la laurea magistrale di secondo livello. La riduzione del numero di laureati è comunque inferiore rispetto a quella della generalità delle facoltà che segnano invece un meno 2,1% secondo i dati elaborati da Angelo Mastrillo, docente in Organizzazione delle Professioni sanitarie a Bologna e Segretario della Conferenza nazionale dei corsi di laurea delle Professioni sanitarie.


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Entrando nel dettaglio dei singoli corsi, emerge che ben il 74,1% dei laureati del corso di Educatore professionale ha un’occupazione dopo un anno dal termine degli studi. Un’ottima percentuale sebbene in discesa da ormai quattro anni dopo aver toccato l’83,1% nel 2019. Ancora meglio per chi ha seguito le lezioni per diventare infermiere: il 77,7% è già in corsia dopo dodici mesi. In questo caso tuttavia va sottolineato il calo in termini di occupabilità del 2,8% rispetto alla rilevazione precedente. Bene anche per tre figure sempre più presenti fra le risorse umane delle imprese non profit di area sociosanitaria: terapista neuropsichiatrico dell’età evolutiva (81,1%), logopedista (76,9%) e tecnico della riabilitazione psichiatrica (74,7%). Quest’ultimo profilo, pur registrando come gli altri due un lieve calo rispetto al 2021, è l’unico che rispetto al 2007 concretizza una crescita con segno più. Negli ultimi sedici anni, l’occupazione a un anno dalla laurea degli operatori sanitari specializzati in interventi tesi a favorire l’autonomia personale di soggetti con disabilità psichiatrica è passata dal 69,8% del totale laureati al 74,7%. Un’indicazione per chi si accinge a iscriversi alle Professioni sanitarie.

Foto: unsplash


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