Famiglia
Professioni sociali, un argine contro l’esclusione
«Un italiano su tre rischia l’esclusione, la povertà non è solo questione di soldi», dice il presidente del Consiglio Nazionale degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi. Solo di assistenti sociali «ne servirebbero almeno 2mila in più, da inserire negli enti locali per raggiungere i LEPS previsti». Un tema ancora poco raccontato, a cui Vita dedica la copertina del numero di maggio
Il mondo è cambiato rapidamente dopo il Covid e ora con la guerra. I fenomeni già esistenti si stanno accelerando e le crisi economiche derivanti da pandemia e conflitti rendono ancora più difficile la situazione. Per questo, osserva Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale ordine assistenti sociali, «c’è un grande bisogno di tutte le professioni sociali e sanitarie e di competenze specifiche. Assistenti sociali, infermieri, educatori e psicologi solo per citare quelle più urgenti da inserire nel sistema dei servizi».
Un bisogno insoddisfatto
«Oggi, realisticamente, andrebbero inseriti nel sistema degli enti locali almeno 2mila assistenti sociali per raggiungere i LEPS previsti, mentre nel sistema salute la situazione è ancora più drammatica», sottolinea Gazzi. «Secondo le nostre proiezioni oggi sono meno di 5mila i professionisti in sanità, all’inizio degli anni 2000 erano quasi il doppio». Un tema a cui Vita dedica il numero di maggio, con il titolo "Lavoro sociale, lavoro da cambiare", in distribuzione dal 6 maggio.
Oggi andrebbero inseriti nel sistema degli enti locali almeno 2mila assistenti sociali per raggiungere i LEPS previsti
Gianmario Gazzi
Emergenza ucraina: servono politiche integrate
«Ma sia chiaro -sottolinea Gazzi- non bastano i professionisti e le competenze, servono visione di sistema e integrazione delle politiche». Solo per fare degli esempi. «Accompagnare bambini e giovani che fuggono oggi dalla guerra, in un Paese nuovo, non significa solo mandarli a scuola. Significa elaborare lutti, imparare la lingua e sistemi nuovi di regole, significa accogliere i loro genitori e dare mezzi per vivere e trovare lavoro. Ho visto che il ministro all’istruzione, Bianchi, nei giorni scorsi, si è posto e ha posto il tema, perché non possiamo affrontare con interventi spot bisogni così complessi. Servono assistenti sociali per costruire i progetti con chi arriva, servono educatori e psicologi per l’accompagnamento».
Il tema della non autosufficienza
Dall’emergenza Ucraina alle emergenze quotidiane: «oggi ci confrontiamo, sempre più, con esigenze di una popolazione anziana e delle loro famiglie, la non autosufficienza è la priorità di oggi e di domani. «Paghiamo a caro prezzo la mancanza di assistenti sociali nella sanità con l’interruzione di percorsi di cura tra ospedale e territorio, la scomparsa progressiva della prevenzione e dei consultori. Il servizio sociale avrebbe proprio il compito di evitare situazioni di nomadismo tra uffici e servizi e costruire il miglior progetto possibile per sollevare le persone e le famiglie in difficoltà».
Un italiano su tre rischia l’esclusione
Un italiano su tre rischia l’esclusione. Povertà assoluta, sì, ma anche povertà minorile, abbandono scolastico, mancanza di aiuto in caso di malattie croniche, disabilità che impediscono una vita normale, emarginazione a causa del proprio orientamento sessuale. Ai 5,6 milioni in povertà assoluta, si aggiungono un milione 380mila di under 18, quell’italiano su 10 che nel 2020 ha rinunciato a curarsi, quell’anziano su 10 che ha limitazioni nell’autonomia ed è spesso solo, quei 2,3 milioni di famiglie che hanno un componente con limitazioni gravi. La povertà, dunque, non è soltanto una questione di soldi. Nel 2021 l’ISTAT certificava che 15 milioni e 390 mila persone, 25,6% della popolazione, erano a rischio povertà ed esclusione, ma, osserva Gazzi «la pandemia non debellata e la guerra in corso «porteranno a un peggioramento che rileviamo già nei nostri uffici e nei servizi dove arriva chi non era mai entrato e dove torna chi era riuscito a risollevarsi. Se non si metteranno immediatamente in campo delle politiche strutturali di contrasto, arriveremo al 33%. Speriamo di sbagliarci, certo, ma il solo PNRR non potrà bastare».
Nei nostri uffici e nei servizi arriva chi non era mai entrato e dove torna chi era riuscito a risollevarsi
Gianmario Gazzi
Tra i compiti degli assistenti sociali c’è quello di «aiutare le persone a vedersi garantiti i diritti fondamentali che non sono soltanto l’aiuto materiale, ma anche la dignità e un progetto personalizzato. Rendere possibile la permanenza a domicilio, prevenire situazioni di povertà estrema o aiutare un rifugiato a inserirsi, sono percorsi che richiedono un intervento complesso che solo professionisti competenti possono assicurare. In questo senso, investire sulle équipe e sui servizi significa garantire diritti. Forse ora si può sperare in un cambiamento, ma bisogna fare in fretta».
Qual è la soluzione allora? «Dobbiamo uscire dal “welfare a progetto” di servizi che durano per il tempo del finanziamento europeo e dare certezze. In molte regioni d’Italia i professionisti ci sono, ma hanno preferito altre attività (insegnamento ad esempio) perché non c’era la possibilità di un futuro non precario», conclude l’esperto.
Foto Unsplash
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.