All’inizio le hanno chiamate “fughe in avanti”, ma in una manciata di giorni quella “chiamata diretta” che sembrava una velleità nordista ha fatto incetta di via libera a tutti i livelli e si appresta a diventare realtà in tempi brevissimi. A patto di non chiamarla così, con quel nome che suggerisce l’immagine di un preside che si sveglia al mattino, alza la cornetta e chiama come suo insegnante il raccomandato di turno.
E infatti che non sia una “chiamata diretta” è la prima cosa che entrambe le protagoniste della volata, due donne molto diverse tra loro, si affrettano a precisare. Una è del Pdl, Valentina Aprea, e solo a marzo era presidente della commissione Cultura della Camera: l’ha abbandonata per fare l’assessore all’Istruzione della giunta Formigoni, portando a casa, il 3 aprile scorso, la possibilità per le scuole statali lombarde di scegliersi i supplenti annuali, reclutandoli tra i già iscritti in graduatoria con un concorso indetto dai singoli istituti o da reti di scuole. L’altra è Marta Dalmaso, assessore all’Istruzione della Provincia autonoma di Trento, che il 2 aprile ha presentato la proposta per “Nuove procedure per il reclutamento del personale insegnante della scuola”.
Così vicine, così lontane
Anche qui l’idea è di selezionare in loco i professori, seppure a livello provinciale, attraverso un albo con tanto di pre-selezione attitudinale all’ingresso, cui attingere sia per gli incarichi annuali sia per un concorso a cattedra da indire ogni 2-3 anni. La Dalmaso però è del Pd. E a sorpresa ha l’appoggio della Flc-Cgil locale (la stessa che in Lombardia ha definito «incostituzionale» la proposta Aprea). Il suo piano di lavoro ha scatenato il putiferio nel Pd nazionale, già sulle barricate contro la legge lombarda: Francesca Puglisi, responsabile Scuola, in una nota ha ribadito che «il Pd è contrario a sperimentare forme di chiamata diretta». Ma la Dalmaso va dritta: «Il Pd nazionale ha stoppato un chiacchiericcio nato su voci sbagliate, non la mia proposta.
Non sono stata mi nacciata di espulsione e guarderò con interesse a quel che Valentina Aprea sta facendo in Lombardia. È stolto impedirci di ragionare insieme e senza preclusioni su temi così delicati». Politicamente il tema è caldo. Concretamente è una rivoluzione, che potrebbe vedere la luce già a settembre in Lombardia – «Noi siamo pronti, dipende se l’accordo con il ministero arriverà entro giugno», dice la Aprea – e nel 2013 in Trentino, quando scadranno le attuali graduatorie. Per la Aprea il nuovo meccanismo consentirà di «ridurre la mobilità dei supplenti annuali, che in alcune scuole riguarda anche il 15-20% degli insegnanti e che è particolarmente alta tra gli insegnanti di sostegno, con i danni che è facile intuire».
Aumenterà la «continuità didattica, perché tra i criteri di selezione vi potrà essere l’aver già lavorato con profitto in quella scuola. In questo senso il concorso garantisce la trasparenza, perché c’è una esplicitazione dei criteri di selezione», precisa. Ma non c’è il rischio che questa competizione tra le scuole crei disuguaglianze e magari le più ricche attraggano i professori migliori anche attraverso un incentivo economico? «Questo non è previsto», dice la Aprea. Quanto alla competizione sui Pof, «non è l’uniformità che garantisce il criterio della qualità. Ci possono essere modi diversi di essere scuola di qualità, dipende dalle caratteristiche dei territori e degli studenti».
Ricambio generazionale
Spostandosi a Trento, l’accento passa sull’«elevare la qualità dell’insegnamento» e sul «consentire l’accesso ai giovani». Marta Dalmaso spiega che «con le graduatorie ad esaurimento di oggi, qui a Trento arriveranno alla cattedra tra 15 anni, quando non saranno più giovani. Prevedere il concorso accanto alle graduatorie è il modo per garantire quel mix generazionale che per noi è un valore».
Il concorso però, e si torna alla qualità dell’insegnamento, «non può valutare solo la conoscenza della materia, ma le capacità didattiche, relazionali, l’attitudine all’insegnamento». L’idea è di mettere questo “filtro” all’inizio del percorso, quando gli abilitati chiederanno l’iscrizione all’albo provinciale che si configurerà così come «una base costante e coltivata di docenti accompagnati nel loro percorso sul tempo determinato». Chi sta nell’albo sarà valutato alla fine di ogni contratto. Ed è qui che, secondo Nicola Zuin, animatore degli Stati generali della scuola trentina, «c’è una inaccettabile discrezionalità dei dirigenti, che coordineranno i vari comitati di valutazione. Anche perché quella valutazione contribuirà a definire il tuo posto in graduatoria».
La strada sembra segnata. Anche perché autonomia responsabile, valutazione delle scuole, nuove forme di reclutamento sono, non a caso, ai primi tre posti delle priorità indicate dal ministro Profumo nel suo atto di indirizzo. Con il placet anche degli studiosi: per Marco Gioannini, ricercatore della Fondazione Agnelli – che a inizio aprile ha valutato la qualità delle scuole superiori di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Calabria attraverso i risultati universitari dei loro ex alunni –, «l’attuale sistema di reclutamento e in particolare le graduatorie sono uno dei mali della scuola italiana. È giusto che una scuola possa scegliersi i propri docenti, attraverso bandi che attingano ad albi di abilitati costruiti sulla base di rigorosi standard di qualità nazionali». Al Tavolo con le Regioni per l’attuazione del Titolo V di prossima attivazione, Aprea e Dalmaso non siederanno sole.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.