Non profit

Privato sociale, di solo altruismo non si cresce

"Il sistema italiano ha relegato il non profit nel recinto del solidale.Ma l’economia sociale deve essere vettore di sviluppo..." Parla Giancarlo Provasi

di Francesco Agresti

Ma chi l?ha detto che il non profit debba occuparsi solo di sociale? O che, peggio, debba dipendere dalle risorse pubbliche? «Dai distretti culturali in Europa alla Silicon Valley, dalle corporation di Community development negli Stati Uniti ai parchi scientifici e tecnologici, esiste un non profit diverso. Ed è quello che vorrei anche in Italia, dove, purtroppo, ancora non c?è». È un non profit che si occupi anche di sviluppo economico quello che ha in mente Giancarlo Provasi, professore di Sociologia dei processi economici all?università di Brescia, dove è anche prorettore. Il suo è un non profit che non c?è per ragioni culturali, ma che, se ci fosse, sarebbe in grado di attivare un circuito virtuoso in grado di trovare forme alternative ai finanziamenti e alle commesse pubbliche. SocialJob: Professore, non profit e sviluppo economico per molti è poco più che un ossimoro. E invece? Giancarlo Provasi: E invece non è così, e lo dimostrano le esperienze del Nord America e della Gran Bretagna, esempi concreti di come il privato sociale possa essere creativamente tradotto in un vettore di sviluppo economico, e non solo in aree depresse, ma anche caratterizzate da maturità economica. Si tratta di una via che in Italia rimane ancora largamente inesplorata e che invece consiglierei di approfondire ulteriormente, sia sotto il profilo teorico che della diffusione di pratiche conseguenti. SocialJob: Come mai secondo lei l?Italia è arretrata da questo punto di vista? Provasi: Nel nostro Paese il privato sociale è stato declinato prevalentemente come risposta a esigenze e bisogni. Non è mai stato indirizzato, come invece è avvenuto in altri Paesi, ad affrontare le emergenze poste dalla crisi dello Stato sociale e, più in generale, dai problemi posti dalla crescente debolezza della nostra economia. SocialJob: Come potrebbe il non profit affrontare problemi di tale importanza? Provasi: Riconquistando il senso della dimensione dei beni comuni, i commons del mondo anglosassone, da non confondere con i beni pubblici, prodotti dallo Stato. I beni comuni sono quelli necessari al vivere civile prodotti dall?azione sociale, consapevole e responsabile, di una comunità dei cittadini. SocialJob: Perché in Italia il non profit non può occuparsi dei beni comuni? Provasi: Se in altri Paesi il non profit, a prescindere dagli obiettivi che si dà, copre per intero lo spazio dell?azione comune, in Italia l?implicito senso di colpa che accompagna l?azione utilitaristicamente orientata e che deriva dalla matrice cattolica della nostra cultura, porta a sviluppare soluzioni compensative di tipo altruistico sociale. Mancano quindi forme di condivisione e cooperazione che superino i limiti individualistici. SocialJob: Quali le conseguenze? Provasi: Il non profit resta associato all?idea di volontariato solidale nei confronti dei più deboli anche quando iniziano a essere accettate forme più sofisticate e professionali di organizzazioni senza scopo di lucro. Senza nulla togliere al valore sociale, oltre che etico, di questa dimensione, credo che l?economia sociale debba ricoprire uno spazio più ampio di quello in cui è stato confinato dalla cultura italiana. SocialJob: Cosa manca per fare questo salto culturale? Provasi: Fondi e legislazione, che sono variabili connesse. SocialJob: Partiamo dalle leggi. Provasi: La nostra legislazione è farraginosa, pasticciata. Ci vorrebbe più chiarezza nel definire i criteri distintivi delle organizzazioni non profit. L?assenza di finalità lucrativa è necessaria ma non sufficiente, servono criteri rigidi sulla governance. SocialJob: E i fondi? Provasi: Accettata l?idea che il privato sociale possa fare altro rispetto all?ambito in cui oggi è relegato, e definito un quadro legislativo chiaro e coerente, istituzioni come le fondazioni, soprattutto se di comunità, e il credito cooperativo potrebbero svolgere attività di venture capitalist finanziando progetti di sviluppo economico che assicurerebbero incrementi di benessere sociale e ritorni economici. CHI E’ UNA CARRIERA DEDICATA ALLA SOCIOLOGIA ECONOMICA L?ultimo libro di Giancarlo Provasi è Lo sviluppo locale: una nuova frontiera per il nonprofit (Franco Angeli, 2004). Da sempre impegnato in ricerche su temi centrali per la sociologia economica e industriale (il rapporto tra economia e istituzioni sociali e la teoria delle decisioni), Provasi è prorettore dell?università di Brescia dopo essere stato preside della facoltà di Economia. È consulente del sindaco di Brescia per i temi del lavoro.


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