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Privatizzazione, un altro passo

Via libera in Senato alla riforma dei servizi pubblici locali che non piace al Forum dei movimenti per l'acqua

di Redazione

Via libera del Senato alla riforma dei servizi pubblici locali, contenuta nel decreto «salva-infrazioni». la riforma, spiega il relatore Lucio Malan (Pdl), prevede un passaggio graduale, ma rapido, alle gare ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione delle utilities «che produrranno concorrenza effettiva». Entro il 2015, la partecipazione pubblica nel capitale delle ex municipalizzate quotate dovrà scendere sotto il 30%, pena la cessazione delle concessioni. In sostanza ci sono tre anni in più di tempo rispetto al testo originario. La gestione dell’acqua potabile potrà essere affidata a società miste pubblico-private, ma la proprietà e il governo delle risorse idriche restano pubblici.

Il decreto deve diventare legge entro il 24 novembre. Secondo chi si oppone (in primis il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, si sta cercando di fare passare l’idea che l’acqua sia “un servizio pubblico a rilevanza economica” anziché un diritto umano e un bene comune. È l’ultimo passaggio verso quella che per molti è una strada che porterebbe la privatizzazione dell’acqua.

“Inserire una riforma tanto importante per i cittadini qual è quella dei servizi pubblici locali nel dl obblighi comunitari ha significato non solo privare il Parlamento della possibilità di un esame approfondito del provvedimento ma creare una riforma pasticciata che non tiene conto delle specificità di ciascun servizio pubblico”, sostiene il senatore del Pd Filippo Bubbico, che ha presentato e visto approvare un emendamento che, come spiega il senatore Roberto Della Seta, capogruppo del Pd nella commissione Ambiente,  “mette dei paletti alla privatizzazione, garantendo il rispetto della proprietà pubblica dell’acqua, come stabiliscono i principi comunitari. Nonostante questo, tuttavia, le norme approvate oggi dal Senato sono molto gravi.
L’acqua è un bene comune – prosegue Roberto Della Seta –  non è una merce e in base alla Costituzione la titolarità della sua gestione è in capo alle Regioni e agli enti locali. Prevedere non la possibilità, ma l’obbligo entro 1 anno, di affidare a privati la gestione dei servizi pubblici vuol dire espropriare Regioni e Comuni del diritto-dovere di amministrare l’uso dell’acqua nell’interesse delle persone e delle comunità, e apre la strada a un monopolio privato dell’acqua nelle mani di 3 o 4 multinazionali”.


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