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Principi e criteri per il rilascio dell’autorizzazione allosvolgimento delle pratiche inerenti l’adozione dei minori stranierida parte di enti ed organizzazioni ai sensi dell’art. 38 della legge4 maggio 1983, n. 184.

di Redazione

Decreto Ministeriale 28 giugno 1985 (in Gazz. Uff., 28 settembre, n. 229). — Principi e criteri per il rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento delle pratiche inerenti l’adozione dei minori stranieri da parte di enti ed organizzazioni ai sensi dell’art. 38 della legge 4 maggio 1983, n. 184. Art. 1. L’autorizzazione, di cui all’art. 38 della legge 4 marzo 1983, n. 184, può essere concessa, a domanda, agli enti ed organizzazioni che siano in possesso di personalità giuridica, non perseguano fini di lucro e dimostrino di possedere capacità operativa e struttura organizzativa adeguate in relazione allo svolgimento delle finalità che la legge stessa si prefigge. Art. 2. La domanda dovrà essere presentata dall’ente o dalla organizzazione interessati al Ministero degli affari esteri — Direzione generale dell’emigrazione e degli affari sociali — Ufficio X e, per conoscenza, al Ministero di grazia e giustizia — Ufficio per la giustizia minorile, con allegata la seguente documentazione: copia dell’atto costitutivo e dello statuto; copia del decreto di riconoscimento di personalità giuridica; bilanci consuntivi dell’ultimo biennio e di previsione per l’anno in corso; ogni documentazione utile per comprovare l’idoneità. Art. 3. Ai fini dell’accertamento dell’idoneità, gli enti e le organizzazioni richiedenti dovranno concretamente dimostrare: di avere la sede sociale in Italia; di disporre di strutture organizzative rispondenti al tipo degli interventi da attuare in Italia e all’estero; di avere operato nel settore dell’adozione internazionale, ovvero di essere in grado dal punto di vista tecnico ed organizzativo, di poter efficacemente operare nel campo predetto. I richiedenti dovranno inoltre indicare: contenuti, indirizzi operativi e metodologie degli interventi; eventuale attività svolta e programma dell’attività che intendono effettuare; struttura organizzativa (organi statutari, organigramma uffici, nominativi e qualifiche dei responsabili, numero e qualifiche dei dipendenti); Paesi stranieri nei quali operino o intendano operare e loro corrispondenti in Italia e all’estero; area geografica italiana nella quale operino o intendano operare. Art. 4. L’autorizzazione può essere limitata a determinati Paesi od aree geografiche, in Italia o all’estero. In tal caso essa potrà successivamente essere estesa, a domanda, una volta esperita la necessaria istruttoria. Art. 5. L’autorizzazione può essere revocata o limitata anche con riferimento a singoli Paesi od aree geografiche, in qualsiasi momento, per il venir meno delle condizioni in base alle quali era stata concessa, o qualora sopraggiunti motivi lo consiglino ad avviso dell’autorità di vigilanza. Art. 6. L’autorità di vigilanza procederà di regola ogni tre anni ad accertare il persistere delle condizioni che avevano determinato il rilascio dell’autorizzazione. Art. 7. Gli enti e le organizzazioni che intendano estendere i propri rapporti ad altri corrispondenti stranieri nell’ambito dei Paesi per i quali sono stati autorizzati, debbono informarne l’autorità di vigilanza. Art. 8. Gli enti e le organizzazioni devono essere in grado di fornire agli aspiranti adottanti adeguate informazioni sul contesto normativo che regola l’adozione e gli istituti similari di protezione dei minori nei Paesi con i quali operano; devono inoltre informare i propri corrispondenti nel Paese di provenienza dei minori del contesto normativo che regola nel nostro Paese l’istituto dell’adozione ed il diritto di famiglia, con particolare riferimento alla dichiarazione di idoneità, ai requisiti di età nonchè alla normativa che regola la dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento straniero che non sia contrario ai principi fondamentali in Italia del diritto di famiglia e dei minori. Art. 9. Gli enti e le organizzazioni sono tenuti a fornire agli aspiranti adottanti specifiche informazioni scritte in cui siano precisate le condizioni alle quali viene prestata l’assistenza. Art. 10 Gli enti e le organizzazioni debbono curare la corretta informazione degli adottanti circa i documenti di cui dovranno essere in possesso per consentire il regolare ingresso in Italia del minore e circa le successive procedure ai fini dell’adozione in Italia. Art. 11. Prima di avviare la procedura all’estero, gli enti e le organizzazioni debbono accertarsi che gli aspiranti adottanti siano in possesso della dichiarazione di idoneità all’adozione di cui all’art. 30 della legge n. 184/83. Non appena individuato il minore per il quale saranno proposti gli aspiranti adottanti, l’ente o l’organizzazione ne informano il Tribunale per i minorenni che ha rilasciato la dichiarazione di idoneità. Art. 12. Gli enti e le organizzazioni debbono: tenere uno schedario delle domande di adozione — coperto da segreto professionale — ad esclusiva disposizione dell’autorità di vigilanza; presentare annualmente, alla stessa autorità, una relazione sull’attività svolta e sui casi di adozione seguiti, segnalando i casi relativi ai minori entrati in Italia per loro tramite; inviare annualmente all’autorità di vigilanza il bilancio consuntivo e quello di previsione per l’esercizio successivo. Art. 13. Gli enti e le organizzazioni possono collaborare nelle diverse fasi dell’adozione qualora richiesti dal competente tribunale per i minorenni o dai servizi locali. Art. 14. Le funzioni di autorità di vigilanza di cui agli articoli 5, 6, 7 e 12 del presente decreto sono affidate all’ufficio per la giustizia minorile del Ministero di grazia e giustizia. Art. 15. Le disposizioni del presente decreto si applicano anche alle richieste di autorizzazione presentate anteriormente alla sua entrata in vigore.


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