Welfare

Primo maggio, basta lavoro povero

Intervista al vicepresidente Acli, Stefano Tassinari, che ha illustrato i recenti dati di una ricerca svolta a partire dai dati del Caf dell'associazione, con Iref, su 760mila modelli fiscali 730. «Fra lavoratori poveri e vulnerabili, situazione a rischio». Ascolta l'episodio n. 9 di VitaPodcast, seconda stagione

di Giampaolo Cerri

«Dobbiamo rimuovere le diseguaglianze che si creano nell’iniqua distribuzione della ricchezza dentro il rapporto tra lavoro e massimizzazione di profitti e speculazione», dice Stefano Tassinari, Vicepresidente nazionale Acli, responsabile Area Lavoro. Lo abbiamo intervistato in occasione della Festa del Lavoro, per il nono episodio di VitaPodcast, seconda stagione.

Tassinari ci ha parlato della recente ricerca Lavorare pari: dati e proposte sul lavoro tra impoverimento e dignità, realizzata propiro dall’Area Lavoro Acli in collaborazione con l’Iref e il Caf Acli. «Lo studio», ha spiegato Tassinari, «delinea la situazione economica e lavorativa di migliaia di persone in Italia, attraverso l’analisi di oltre 760mila dichiarazioni dei redditi 2021, su un totale di 1.326.573 modelli 730 presentati presso il Caf Acli.

«Emerge che il 14,9%, pur lavorando, ha un reddito inferiore o pari a 9mila euro. Se si considerano anche i redditi complessivi inferiori o uguali a 11mila euro, ovvero quelli dei lavoratori poveri (working poor), si arriva ad una percentuale di lavoratrici e lavoratori pari al 19,5%; mentre si raggiunge il 29,4% tra quanti hanno un reddito complessivo che non va oltre i 15mila euro e che possiamo definire “vulnerabili”, ovvero a rischio di povertà di fronte ad un evento inaspettato o fuori dall’ordinario (una malattia, un divorzio o perfino la nascita di un figlio)».

Le donne e i residenti al Sud hanno redditi più bassi. A scontare una peggiore condizione reddituale sono i residenti nelle regioni del Sud e le donne. Nel dettaglio, queste ultime sono il 21,7% delle persone che possono contare su 9mila euro annui (gli uomini il 7,1%). Le lavoratrici che hanno redditi inferiori o uguali a 11mila euro sono il 27,9% (gli uomini il 9,8%) e sono il 40,9% delle persone povere o comunque vulnerabili.

Il 27,2% dei residenti al Sud o nelle Isole ha un reddito fino a 9mila euro, il 33,5% arriva a 11mila euro e, infine, il 44,4% può contare fino a 15mila euro. Se si considera la fascia tra i 40 e i 54 anni, cioè uomini e donne nel pieno della loro vita attiva, coloro che non superano i 9mila euro di reddito sono il 10 per cento in più della media nazionale (19,8% rispetto al 9,8%). «Tuttavia è alto il dato dei vulnerabili anche nel nord, che resta sopra un quarto del totale», osserva Tassinari.

Il lavoro povero è prerogativa dei giovani, spiegano le Acli. «Le diseguaglianze di reddito sono più marcate tra i giovani. Ha, infatti, un reddito fino a 9mila euro il 28% dei giovani fino a 29 anni (dato che arriva al 31,7% nel caso delle giovani donne)», dice il vicepresidente aclista, «questa percentuale diminuisce significativamente nelle classi di età successive (12,5% 30-34 anni; 11,3% 35-39 anni; 9,8% 40-54 anni) per poi tornare a crescere tra coloro che hanno un’età compresa tra i 55 e i 60 anni (11,4%) e poi raggiungere addirittura il 30,3% tra chi ha più di 60 anni. Non diminuisce però il divario di genere che, al contrario, dopo i 29 anni aumenta in modo costante: in tutte le classi di età le donne con redditi che non vanno oltre i 9mila euro sono almeno il dieci per cento in più degli uomini e tra gli ultrasessantenni le donne con i redditi al di sotto dei 9mila euro sono il 43,7%, rispetto al 7,2% degli uomini».

Ascolta l’episodio n. 9 di VitaPodcast su Spotify.

Foto in apertura di Brian Odwar per Pixabay

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