Si pensa di dover sempre reinventare la ruota. Mentre a volte basterebbe guardarsi un po’ indietro, o solo fermarsi un momento a riflettere.
Prendiamo per esempio tutto il gran discutere che si fa, e giustamente sia chiaro, sul tema della conciliazione, del bilanciamento vita-lavoro o famiglia-lavoro (work-life balance). Sulle aziende o più in generale sulle organizzazioni che promuovono politiche family friendly, di attenzione alle esigenze delle famiglie dei dipendenti. Questioni che rientrano nelle politiche di pari opportunità, di diversity. Che a sua volta può dirsi una branca della csr.
Ma a parte il gioco dei sottoinsiemi, del cosa rientra in cosa o di quale insieme è un sottoinsieme di un altro insieme (quasi mi ci perdo…), ciò che voglio dire è: usare tante parole anche altisonanti può essere utile, persino efficace, quando queste parole hanno un significato chiaro e condiviso. Cosa che in questo caso non è, direi per nessuno dei termini che ho citato prima.
E allora, perché non usare poche parole, anche molto semplici, e meno di moda di altre anche perché non prese dall’inglese ma dall’italiano, per dire le stesse cose ma facendosi capire in modo chiaro da un pubblico più vasto?
La frase che ho messo nel titolo è quella classica delle situazioni di salvataggio. Quella che si sente nei film. Quella che se qualcuno ricorda di averla sentita dal vivo è perché per sua sfortuna si è trovato in una situazione di emergenza, se non di vero e proprio pericolo, e per sua fortuna ne è uscito e ha potuto raccontarla.
Difficile che non si capisca, quella frase. Per cui non serve spiegarla. Mi piacerebbe trovarla in qualche bilancio sociale, in qualche presentazione di programmi di csr. Cose così. Perché mi darebbe subito l’idea che quell’azienda, quell’organizzazione, ha molto ben chiaro e sa comunicare in modo altrettanto chiaro che cosa bisogna fare per prima cosa per assicurare un futuro non solo a sé stessa ma alla collettività, al pianeta, per essere sostenibili, durevoli nel tempo. E cioè mettere davanti a tutto le esigenze di coloro che rappresentano allo stesso tempo una delle categorie sociali (anzi, due) più deboli e allo stesso tempo più proiettate verso il futuro e capaci di costruirlo, il futuro. Di dargli vita. Un abbinamento, tra l’altro, quello tra debolezza e capacità di futuro, che fa anche molto riflettere…
Conciliazione, bilanciamento vita-lavoro, work-life balance, family friendly, diversity, csr? Va tutto bene, ma restano sempre espressioni da decodificare. Buone soprattutto per chi ci lavora e per non molti altri.
Non c’è nulla da decodificare, invece, quando si dice: prima le donne e i bambini. Direi che c’è più responsabilità sociale, sostenibilità, saggezza e fiducia nel futuro in queste poche parole che in tante, tante, taaante altre.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.