Famiglia

Prima i ragazzi: da dimenticati a protagonisti della ripartenza

Per tre mesi 10 milioni di cittadini italiani sono stati invisibili. La chiusura delle scuole era inevitabile, ma la rimozione dell'impatto della crisi su bambini e ragazzi no: invece ci sono voluti 53 giorni perché comparissero in un discorso ufficiale. Il nuovo numero di VITA, in distribuzione da venerdì 5 giugno, è dedicato a loro. "Prima i ragazzi", abbiamo scritto in copertina: tutti insieme abbiamo l'opportunità di gettare le basi per un futuro radicalmente nuovo, tutto a colori

di Sara De Carli

Ci sono voluti 53 giorni perché nell’emergenza Coronavirus venisse pronunciata per la prima volta la parola “bambini”. Per tre mesi 10 milioni di cittadini italiani sono stati invisibili. La chiusura delle scuole era inevitabile, d’accordo, ma la rimozione del tema no: questo invece è ciò che accaduto in Italia. La Bicamerale Infanzia, per dire, da febbraio ad oggi non si è mai riunita.

Il nuovo numero di VITA, in distribuzione da venerdì 5 giugno, è dedicato a loro: bambini, adolescenti e giovani. Vogliamo non solo farli uscire dall’ombra, ma dire che non c'è ripartenza se non si riparte da loro. "Prima i ragazzi", abbiamo scritto in copertina. La copertina. firmata da Emma Verdet, è in bianco e nero, come sono stati per loro questi mesi: è tempo di tornare a mettere colori nel loro futuro.

La sospensione della scuola e di tutti i supporti educativi ha acuito le disuguaglianze fra bambini e ragazzi, essendo la casa il luogo dove la disuguaglianza è massima, altro che “davanti al virus siamo tutti uguali”. Gli adolescenti sembrano intrappolati in un lockdown emotivo che li trattiene nella “tana” e hanno bisogno di essere accompagnati a guardare al futuro senza paura, come è proprio della loro età. Degli 80 miliardi di euro stanziati in deficit per rispondere alla crisi (che peseranno sulle spalle dei nostri figli e nipoti) a bambini, ragazzi e famiglie va poco o nulla: 150 milioni per i centri estivi, 67,6 per il bonus baby-sitter, un miliardo e mezzo per la scuola. E nel resto del mondo? Qual è la condizione dei bambini, nell’emergenza Corvid-19, dal Burkina Faso all’Angola, in Paesi in cui l’emergenza sanitaria si somma alle difficoltà precedenti?

Abbiamo una grande occasione. Se crisi e desiderio sono i più potenti motori di innovazione, questo è il tempo per parlare non solo di distanze, DPI e device, ma per una grande stagione che rimetta l’educazione al centro e per immaginare non solo quello che vogliamo per settembre, ma per i prossimi quindici anni. Nuovi modelli a scuola e nelle città, nei tempi e negli spazi.

Sono molti i documenti, i manifesti e le petizioni che di recente hanno cercato di accendere un faro sui minori, formulando proposte e stilando agende. Noi abbiamo provato a lavorare partendo da tre domande cruciali, raccogliendo esperienze sul campo e riflessioni:

  • Come rimettere al centro bambini e giovani?
  • Come riprogettare i servizi per gli under18?
  • Come ricostruire la relazione con i nostri ragazzi?

«La sfida vera, adesso, è fare sistema», dice Arianna Saulini, portavoce del Gruppo CRC. Significa ad esempio che è urgente decidere la strada da imboccare, perché settembre è dietro l’angolo e oggi, tre mesi e mezzo dal paziente1 non si può più limitarsi a dire che “eravamo impreparati”. Significa dare risposte specifiche per chi ha pagato maggiormente il peso del lockdown, i bambini in povertà, come evidenzia Ivano Abbruzzi, portavoce di Investing in Children. Per don Michele Falabretti, responsabile della Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana, «si stanno chiamando a raccolta tutti per l’estate, ma non facciamolo solo perché siamo in emergenza. Dobbiamo tornare all’idea che educare è un lavoro di rete, di alleanze». Quella delle alleanze territoriali è l’ottica che muove, da più di tre anni, l’impresa sociale Con i Bambini: «La scelta di fondo è stata quella di dire che l’educazione non è in capo alla scuola, ma a tutta la comunità. Questo presupposto, nell’emergenza ha avuto una conferma perché là dove la scuola è scomparsa, la rete territoriale ha continuato a promuovere aggregazione nei modi possibili», spiega Carlo Borgomeo, il presidente.

Tutte provocazioni che abbiamo rilanciato in un’intervista alla ministra per la Famiglia, Elena Bonetti, che è tornata ad impegnarsi sul Family Act. Mentre Luigi Bobba, presidente Terzjus- Osservatorio sul Terzo settore, la filantropia e l’impresa sociale, in una lettera aperta al Governo lancia quattro proposte per non lasciare i giovani in panchina.

Abbiamo poi raccontato nel capitlo 2 del book trenta servizi pronti a riprogettarsi e ripartire, dalla scuola al tempo libero, dallo 0/6 alla disabilità. Ci sono gli "educatori di condominio" e i volontari che aiutano i bimbi migranti a fare i compiti, i servizi diurni per bambini con disabilità che finalmente iniziano a riaprire e i primi nidi che si sono immaginati proposte all'aria aperta.

Infine, nel capitolo 3 vi proponiamo una nuova “cassetta degli attrezzi” per ricostruire la relazione con i nostri ragazzi, firmata da dieci grandi osservatori. Giovanni Biondi, presidente di Indire, parla di scuola. Eraldo Affinati, scrittore e fondatore della Scuola Penny Wirton, fa un invito pressante a sperimentare. Elena Granata, urbanista, spiega la necessità di spiegare il senso che c'è dentro ad ogni scelta tecnologica sugli spazi e i tempi. Daniele Novara, pedagogista, ci ricorda che educare è un'azione intenzionale, non un semplice "stare in relazione". Luigi Ballerini, psicanalista, parla di adolescenza e del fatto che la famiglia non basta a se stessa. Ivo Lizzola, docente di pedagogia, riflette sulle relazioni fra generazioni. Emanuele Poletti, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dell’Età Evolutiva di Bergamo, invita gli oratori a guardare "oltre". Sul gioco, parola-chiave in questi mesi tanto scomparsa, ci aiutano a riflettere Dario De Toffoli, direttore dell’Archivio italiano dei giochi e Francesca Antonacci, docente di Pedagogia del gioco. Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, ricorda che i primi a cui chiedere "da dove ripartire?" sono proprio loro, i ragazzi.

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