Welfare
“Presto una legge per legalizzare i derivati della cannabis”
Un gruppo di 60 parlamentari, capofila il sottosegretario Dalla Vedova, preparerà nelle prossime settimane una proposta di legge "per un approccio pragmatico che analizzi costi e benefici e disciplini l'uso". Il nuovo vento arriva dagli Stati Uniti, "dove la guerra alla droga non ha portato risultati e alcuni farmaci hanno fatto più danni che le sostanze illecite", analizza lo psichiatra esperto in materia Riccardo Gatti, "attenzione però ai rischi"
In Italia inizia la road map per una legge sulla liberalizzazione dei derivati della cannabis. È questa la novità annunciata da un intergruppo di 60 parlamentari di varie estrazioni politiche, guidati dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova. “Bisogna occuparsi di regolarizzare un mercato che già c’è, con un approccio pragmatico che analizzi costi e benefici e disciplini l’uso, sul modello di alcol e tabacco. La repressione ha avuto costi altissimi e non è servita a frenare i consumi”.
Lo sa bene il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che pochi giorni fa ha spiegato come “se sempre più Stati della federazione promuovono leggi in merito – come sta avvenendo da qualche anno – che funzionano, anche il Congresso Usa potrebbe rivedere le proprie politiche in merito di lotta alla droga”. Una svolta che dagli Usa avrà un effetto domino anche in Italia ed Europa? “Sicuramente siamo in un periodo di cambiamento epocale”, sottolinea lo psichiatra e direttore del Dipartimento dipendenze di Asl Milano Riccardo Gatti, che sul suo blog personale Droga.net ha ripreso il discorso di Obama e un ragionamento sul tema. “E’ difficile continuare a fare la guerra alla droga per poi accorgersi, dopo decenni, di avere investito una enormità di risorse in qualcosa di cui non sono chiari i risultati. Ciò specie se, nel bel mezzo della guerra si è colpiti da fuoco amico, ovvero l’epidemia di dipendenza patologica e di overdose collegata all’uso di farmaci per la terapia del dolore che ha prodotto più problemi di eroina e cocaina messe assieme”, spiega Gatti. “Ciò ha probabilmente influenzato il corso della storia: oggi negli Usa tre quarti dei tossicodipendenti da eroina lo sono diventati in seguito ad una dipendenza da farmaci oppiacei, non da droghe illecite”.
I segnali che ci si trovi davanti a una nuova possibile direzione da intraprendere, negli Stati Uniti come da noi, non mancano. E l’iniziativa di Della Vedova va in tal senso: non più contrapposizioni utili solo all’audience dei salotti televisivi – “e a generare confusione tra la gente” – tra favorevoli e contrari alla legalizzazione, ma un serio ragionamento sulle conseguenze dell'immettere nel mercato legale alcune droghe e sull’impatto economico di tali scelte. “Il ragionamento è utile, stando però attenti alle derive: non si deve assolutamente arrivare a santificare una sostanza per le sue presunte capacità”, prosegue Gatti, “e dall’altra parte bisogna monitorare il comportamento delle grandi compagnie di tabacco, per esempio, perché una volta fiutato il business entra in azione il marketing”. D’altronde, riporta Gatti, “dove è stata legalizzata, la cannabis non ha sostituito i mercati illegali, che si sono modulati diversamente, ma ha senza dubbio portato ricchezza agli investitori. E’ vero che nella maggior parte degli Stati americani la legalizzazione riguarda l’uso terapeutico ma le indicazioni per l’uso possono essere ampliate e, sull’onda del profitto, ogni giorno esce la notizia che la cannabis fa bene a una patologia diversa. Troppo bello per essere vero: abbiamo una sostanza che fa bene a qualunque cosa, portafogli individuali ed entrate fiscali degli Stati compresi e non lo sapevamo. Ora lo sappiamo e ci comporteremo di conseguenza”. I conti sono da fare con “la pressione oltreoceano, che in questo senso è fortissima, anche a livello mediatico. Nel frattempo noto che si stanno pubblicizzando proprietà terapeutiche per ogni droga illecita, dalla ketamina, alla Lsd, alla ibogaina, alla metamfetamine. Nulla di nuovo ma ora, piccoli studi scientifici, normalmente interessanti per pochi studiosi di settori specifici, vengono improvvisamente amplificati dai media di tutto il mondo. Che voglia dire qualcosa? Che il recupero della cannabis come farmaco abbia fatto scuola?”.
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