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Presidente Sudan: “La candela del Jihad continuerà a bruciare”

Omar Hassan El-Beshir, presidente del Sudan ha messo il sigillo alla crisi diplomatica tra Spla e Khertoum

di Redazione

“Il leader dei ribelli dello Spla, John Garang, e quelli che lo spalleggiano hanno cercato di fare pressione nei nostri confronti. Non ci conoscono, non sanno che certi giochetti non funzionano”. È stato lo stesso presidente del Sudan Omar Hassan El-Beshir a chiudere definitivamente il dialogo con i ribelli dello Spla. Ieri sera – riferisce l’agenzia Misna – il capo di Stato sudanese ha messo il sigillo alla crisi diplomatica tra Spla e Khartoum iniziata nel fine settimana con la presa da parte dei ribelli di una delle principali città del Sudan meridionale, Torit (Equatoria orientale). Le posizioni si sono andate via via indurendo dopo le dichiarazioni dell’esercito e del ministro degli esteri di ieri e la risposta dei ribelli. Ma in serata Beshir ha ufficialmente richiamato in Sudan il team di negoziatori che dal 12 agosto si trovava in Kenya a discutere di pace con una delegazione del movimento ribelle. Nel suo discorso alla televisione di Stato Beshir ha invitato anche, in quanto comandante in capo di tutte le forze armate, i suoi militari ad aprire tutti i fronti possibili e a dichiarare una guerra totale allo Spla. Il presidente sudanese ha invitato l’intera popolazione alla mobilitazione, chiedendo ai giovani di prendere parte a quella che non ha esitato a definire un ‘Jihad’ (guerra santa). Il sinistro invito a riportare il conflitto sudanese sui binari dello scontro di religioni è arrivato quando il presidente ha ricordato la morte di Khaled Ali Abdullah, ucciso dallo Spla proprio nella città di Torit e di cui ieri ricorreva l’anniversario dell’uccisione. “La candela del Jihad continuerà a bruciare finché i musulmani continueranno ad essere ammazzati”, ha detto Beshir. Per la prima volta l?oggetto dei negoziati, interrotti ieri così bruscamente, non è stata né l?applicazione della legge islamica (Sharìa) nel sud del Paese, a prevalenza animista e cristiana, e nemmeno l?autodeterminazione richiesta dagli Stati meridionali. Questioni parzialmente “risolte” nel protocollo sottoscritto dalle parti a Machakos lo scorso 20 luglio, nel quale si definisce un periodo di transizione di 6 anni al termine del quale il Sud potrà tenere un referendum per decidere se staccarsi o meno da Kharthoum. Sul tavolo in questi giorni si trovavano ?altre? questioni. Anzi, la questione che qualcuno ha definito il “nocciolo del problema”: il petrolio. Lo Spla chiede al presidente Omar el-Beshir di dividere i proventi dell?oro nero, indispensabili per un rilancio del sud del Paese. Il governo rilancia chiedendo un “cessate il fuoco” definitivo, che presuppone un abbandono della lotta armata da parte della guerriglia di John Garang. Il negoziato, che si svolgeva sotto l?egida dell?Igad (l?Autorità intergovernativa per lo sviluppo) è seguito attentamente dalla diplomazia internazionale, in particolare dai rappresentanti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Norvegia, Italia e Sudafrica, che hanno patrocinato la prima fase degli incontri culminati con la firma del 20 luglio.


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