Economia

«Presidente, fermi il treno»

La nuova tratta spazzerebbe via fabbricati e terreni di un consorzio e il lavoro di oltre 150 soggetti svantaggiati. Che scrivono a Ciampi

di Giampaolo Cerri

Guardi che noi non ce l?abbiamo con i treni, neppure con l?Alta velocità: meglio che le merci e le persone viaggino in ferrovia che in autostrada», mettono le mani avanti a Ospitaletto (Brescia). Fanno i cooperatori sociali da sempre e non ci stanno a passare per retrivi e antimoderni. Il problema è che la tratta bresciana dei treni superveloci, che qui si chiamano Alta capacità, è destinata a fare a pezzi il lavoro di 25 anni a favore di varie realtà di disagio. Un anonimo progettista, vergando su un foglio il tragitto dei binari, ha tirato la riga sui terreni dove il Gruppo Fraternità, un consorzio di dieci cooperative sociali che aderisce a SolCo Brescia e Cgm, si occupa di coltivare la terra realizzando un?attività di floricoltura moderna che dà lavoro a 300 persone di cui una buona metà svantaggiati. «Oltre 150 dei nostri soci presentano varie situazioni di difficoltà», spiega il presidente Giuseppe Bergamini, uno dei fondatori del Gruppo Fraternità, «ci sono persone con problemi psichiatrici, ex alcolisti, tossicodipendenti, sieropositivi, disabili». Molti, coltivando nelle grandi serre Philodendrum ficus o lo scindapsus, grandi piante ornamentali, hanno riconquistato (o conquistato ex novo) una serenità e un benessere che prima era loro negato. Roba moderna le serre: «Eh sì, sono 4mila metri quadri in ferro-vetro, completamente riscaldati grazie a un sistema ecologico con caldaia a legna», sottolinea Bergamini, che nel 76 si mise, insieme ad altri compagni di fabbrica, a organizzare centri di accoglienza come suggeriva don Corrado Fioravanti, un prete milanese che girava l?Italia predicando Vangelo e carità. «E ora tutto è a rischio», dice Bergamini, «perché il tracciato e l’interconnessione previsti dal progetto comporterebbe la perdita di una parte consistente delle serre, dei fabbricati e degli spazi destinati alle nostre attività sociali, compromettendo irrimediabilmente la sopravvivenza di queste cooperative». Non che quelli del consorzio siano rimasti a guardare: quando, all?inizio dell?anno, il rischio si è paventato, hanno preso carta e penna e scritto a mezzo mondo. Una missiva di Bergamini è arrivata Ciampi, altre a Berlusconi, a Formigoni al ministro delle Infrastrutture, Lunardi, alle società coinvolte, dalla Rete ferroviaria italiana all?Italferr, alla Tav. Tutti ora sanno che quelle righe tirate attraverso la campagna bresciana non comportano solo espropri, pratiche legali e indennizzi; che non si attraversa campi incolti o orti di dopolavoristi, ma si tagliano in due 25 anni di storia sociale. «Non ci rassegniamo all?idea che l?angolo di quel tracciato non possa essere inclinato di soli 2 gradi, determinando uno spostamento di soli 500 metri della futura ferrovia e salvando le nostre opere», dice l?amministratore delegato Luigi Chiari. Si tratterebbe di far slittare più a ovest il percorso, in un?area libera da fabbricati e attività. «Allo stato attuale», dice sconsolato Chiari, «siamo dentro come tracciato e, forse, anche come area di rispetto: il 50% dei terreni e il 60% dei fabbricati». In attesa di una Conferenza servizi che, nei prossimi giorni, dovrebbe dire qualcosa di più chiaro, quelli del Gruppo Fraternità stanno calcolando l?effetto disastroso dei cantieri che dovrebbero aprire entro il 2004. «Sospendere immediatamente alcune attività, riconvertirne altre, forse licenziare persone, bloccare il lavoro per un bel po?». E poi ci sono i danni economici: «Almeno 3 milioni di euro fra fabbricati e serre». Comunque, se dai palazzi del potere non arriveranno segnali, le cooperative bresciane si mobiliteranno. «Con i nostri 250 mezzi agricoli, fra trattori, ruspe e camion, con i nostri 300 soci e con centinaia di volontari e di amici andremo fino a Milano, alla Regione». Una lungo corteo da Ospitaletto al Pirellone e senza prendere il treno. Fraternità


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