Mondo

Presidente argentino: rischio di guerra civile

Eduardo Duhalde alla vigilia del vertice con la Ue: "In Argentina non c'è sicurezza giuridica per nessuno"

di Redazione

“Quando presi il comando del governo eravamo vicini alla guerra civile, e anche oggi l’Argentina è una specie di grande pentola a pressione”, con queste parole, riportate in un intervista rilasciata al quotidiano spagnolo El Pais, il capo dello Stato di Buenos Aires lancia l’ennesimo grido di dolore pochi giorni prima dell’avvio del secondo vertice fra l’Unione Europea e i Paesi dell’America Latina e del Caribe. Duhalde ammette, fra l’altro, di dover far fronte sia alle rivendicazioni esterne, come quelle delle più importanti aziende di credito straniere che minacciano di lasciare il Paese e degli stessi Stati creditori che vedono affievolirsi le speranze di recuperare i loro prestiti, sia della popolazione inbufalita contro una classe dirigente che ha ridotto la metà dei cittadini allo stato di indigenza. In un altro passaggio dell’intervista, il presidente argentino ammette che nel suo Paese nessuno può garantire la sicurezza giuridica: “né ai grandi investitori, né ai lavoratori, e nemmeno ai pensionati”. Il leader peronista non esita a gettare fango sulla classe politica Argentina, accusata di essere la sola responsabile della crisi di una nazione ricca di risorse. L’arma costituzionale di la classe dirigente si è servita per portare il Paese sull’orlo del pecipizio é il presidenzialismo, che Duhalde vorrebbe sospendere introducendo una forma di governo di tipo parlamentare. Lo sforzo maggiore di cui si fa carico è quindi di mantenere l’Argentina al centro dell’agenda internazionale “perché – conferma -sono convinto che isolarci dal mondo sarebbe il peggio di quello che potremmo fare”. Il leader di Buenos Aires, poi, promette che il suo impegno pubblico si concluderà con il mandato presidenziale, anche se ritiene assolutamente impraticabile l’ipotesi di elezioni anticipate..


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