Welfare

Povertà sempre più trasversale

Presentato l’Ottavo rapporto sulle povertà della Diocesi di Milano

di Antonietta Nembri

Una povertà sempre più trasversale, è quella che ha disegnato la crisi degli ultimi mesi e che l’ottavo Rapporto sulla povertà della Diocesi di Milano mostra in tutta la sua gravità. Operai generici in cassa integrazione, donne straniere che non riescono più a trovare un posto come badanti e colf nelle famiglie italiane. Piccoli artigiani e lavoratori dipendenti strozzati dai debiti. Sono queste le vittime della crisi economica. Il loro profilo emerge dalla ricerca realizzata dall’Osservatorio diocesano sulle povertà che si basa su un’analisi statistica del campione di famiglie che hanno chiesto aiuto nel corso del 2008 ai 59 centri di ascolto e ai servizi Caritas (15.809 persone). Due approfondimenti sono poi dedicati a quanti si sono rivolti al Fondo Famiglia Lavoro istituto dall’Arcivescovo (1.807 persone) e alla Fondazione San Bernardino (739 casi in tre anni in tutta la regione Lombardia).

Ci sono i poveri di lungo corso, utenti dei centri di ascolto che nel corso del 2008 sono stati soprattutto donne (69%). Gli stranieri (74%) prevalgono sugli italiani. Poco più della metà (50,8%) sono disoccupati, mentre gli occupati svolgono prevalentemente l’attività di colf o badanti. I dati confermano l’identikit degli anni passati, anche se non mancano alcune novità che mostrano quanto la crisi economica abbia peggiorato le condizioni di una fascia già debole della popolazione.

Negli ultimi tre mesi del 2008, periodo in cui è scoppiata la crisi, sono aumentate le problematiche occupazionali che dal 48,8% sono salite al 50,8%. Dato questo che fa presagire come per effetto delle difficoltà del mercato del lavoro anche la pressione dei disoccupati sui centri di ascolto aumenterà nei prossimi mesi. Di pari passo sono cresciute le problematiche legate al reddito che nel 2007 si attestavano al 33,7% e che lo scorso anno sono arrivate al 40%. Aumentano anche le richieste di beni materiali soprattutto alimentari e vestiti (erano 23,9% nel 2007 sono il 28,9% nel 2008, quasi un terzo). Se da un lato, inoltre, il numero delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto rimane stabile, aumentano i colloqui, i bisogni e le richieste, sono inoltre aumentati anche gli stranieri extracomunitari con regolare permesso di soggiorno (+ 3%).

In questo quadro si va a inserire un aumento delle segnalazioni per perdita di lavoro, cassa integrazione e riduzione dell’orario che è stata indagata lo scorso giugno con una ricerca specifica per valutare gli effetti della crisi. E così si trovano anche alcune donne italiane che per sopperire al calo di reddito si offrono come badanti e lavoratrici domestiche, mentre le straniere trovano più difficilmente occupazione come colf e badanti in famiglie italiane.

Gli effetti della crisi si possono misurare meglio tra i beneficiari del Fondo Famiglia e Lavoro, voluto dal dal cardinale Tettamanzi all’inizio dell’anno proprio allo scopo di aiutare le famiglie che perdono il lavoro. Questi possono essere definiti i poveri per la prima volta. Hanno fatto domanda al Fondo italiani e stranieri, in ugual misura. Gli uomini (73%) hanno prevalso sulle donne (27%). Circa quattro persone su dieci (il 36,5%) hanno un’età compresa tra i 41 e i 50 anni. La maggior parte delle persone è coniugata (il 66%) con uno o due figli (il 78,9%). Più delle metà è disoccupata e lavorava (il 61%) come operaio specializzato o generico, in genere nell’edilizia o nell’industria, i settori che paiono più colpiti. Poco più della metà (il 51%) ha debiti superiori o almeno pari al reddito complessivo che in genere non supera i 500 euro. Una situazione insostenibile se si tiene conto del fatto che solo il 25% vive in una casa popolare mentre il 43% paga canoni di affitto sul libero mercato. Si tratta per la maggior parte di famiglie del ceto medio-basso, che prima dell’ottobre 2008, erano già particolarmente vulnerabili e che la crisi ha fatto precipitare in condizioni di forte disagio.

Sono circa 3mila le richieste di integrazione al reddito arrivate, tra aprile a settembre, al Fondo voluto dall’Arcivescovo di Milano. «Abbiamo distribuito quasi 4 milioni di euro e dobbiamo ancora vagliare altre mille domande già pervenute», ha spiegato Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas Ambrosiana e segretario del Fondo. La preoccupazione, dunque, è che i soldi non bastino, anche perché le previsioni per il prossimo anno non sono rosee.

Non mancano poi nell’analisi del rapporto individui o famiglie che hanno fatto ricorso al credito o per fronteggiare il carovita che ha progressivamente eroso i loro risparmi e drasticamente diminuito le capacità di spesa (definiti i “senza rete”) oppure sono individui e famiglie che hanno chiesto prestiti per sostenere livelli di consumo al di sopra delle loro effettive disponibilità economiche (i funamboli). Secondo i dati della Fondazione San Bernardino, voluta dai vescovi lombardi nel 2004 per prevenire fenomeni di usura, si tratta in entrambi i casi generalmente di uomini, di nazionalità italiana, coniugati, con un reddito medio del nucleo familiare di 1.800 euro, di età compresa tra i 35 e i 59 anni e con un debito che può arrivare fino a 40mila euro. Costoro hanno manifestato difficoltà ben prima dell’esplodere della crisi economica. La crisi ha, tuttavia, peggiorato la loro situazione facendo saltare equilibri finanziari già instabili. Non a caso tra le cause d’indebitamento una delle più comuni, nel corso del 2008, è proprio la diminuzione delle entrate economiche che può dipendere o da una forte riduzione delle ore di lavoro, o addirittura dal fallimento dell’attività avviata in proprio.

Don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana ha ossevato come la ricerca dimostri che in questo momento di crisi la povertà diventa sempre più trasversale. «Chi stava già male, in particolare gli stranieri, vedono peggiorare la loro condizione. Famiglie di ceto medio basso, che facevano fatica ma andavano avanti, non riescono più a sostenere i costi della vita quotidiana. Persino chi si sentiva garantito, ora deve fare i conti con crescenti difficoltà economiche. Proprio il riconoscimento di questa realtà dovrebbe sollecitare tutti a ricostruire un tessuto etico e valoriale condiviso, a rifiutare sia quel disprezzo dell’altro che si traduce in forme più o meno velate di razzismo, sia atteggiamenti di chiusura e di ripiegamento su noi stessi. La crisi può trasformasi paradossalmente in un’opportunità, se ci spingerà a rivedere i nostri stili di vita all’insegna della sobrietà».

In allegato una sintesi dell’Ottavo rapporto sulle povertà della Diocesi di Milano


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