Famiglia

Povertà minorile: l’Italia è seconda solo agli Usa

Il 17% dei minori in Italia è povero; negli Usa il 22%. Il professor Campiglio lancia l'allarme

di Sara De Carli

Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento che il professor Luigi Campiglio (Ordinario di politica economica presso l?Università Cattolica) ha tenuto ieri al convegno “Tengofamiglia”, organizzato dalla Cisl di Bergamo.

Due constatazioni preliminari. La famiglia con figli ha in Italia rilevanti difficoltà economiche, al punto che secondo l?Unicef si registra da noi la più elevata percentuale di minorenni poveri – ben il 17% – superati solo dagli Stati Uniti (22%). Perciò se è vero che le politiche per la famiglia e quelle contro la povertà sono due cose distinte, in questo caso i due aspetti convergono e reclamano con urgenza misure precise. Un secondo punto da sottolineare è che i grandi Paesi europei con i quali l?Italia si confronta, in particolare Francia e Germania, hanno da tempo ingenti politiche a favore della famiglia e dei figli, riconosciuti come un bene ?privato-pubblico? che per la parte pubblica deve essere finanziato dalla collettività. Se consideriamo le spese sociali per la famiglia, la disoccupazione e la casa, l?impegno complessivo è di 22,7 miliardi di euro in Italia, 92,9 in Francia e 124,8 in Germania. È di particolare interesse notare che la spesa sociale per la casa in Francia (13,9 miliardi di euro) è di poco inferiore a quella dell?Italia per l?intera funzione famiglia (15,5 miliardi di euro).

La situazione economica delle famiglie italiane e il confronto con le politiche attuate da Francia e Germania evidenziano la necessità di un sostanziale aumento delle risorse pubbliche. Il problema non è quello di riallocare risorse, ma di attuare una riforma strutturale, attraverso cui modificare la situazione italiana. L?esempio più evidente è rappresentato dalla modifica del sistema fiscale. La scelta centrale del sistema fiscale italiano è stata quella di ancorarlo all?individuo, modello a cui poi si sono aggiunte correzioni per tener conto della famiglia e del numero dei suoi componenti a parità di reddito, cioè del fondamentale obiettivo di un?equità orizzontale. Ma le correzioni a un abito fuori misura sono sempre aggiustamenti parziali. Viceversa il sistema fiscale francese ha adottato il reddito familiare come unità di riferimento, applicando fin dal 1945 il quoziente familiare. In Italia è quindi tempo di domandarsi se un lento processo di decentramento fiscale non sia la risposta più appropriata alla crisi della famiglia, una crisi lenta ma che richiede risposte sempre più urgenti. Il decentramento fiscale chiama poi in causa alcune questioni fondamentali: la casa, il lavoro, gli asili nido, la scuola, i servizi pubblici locali. La questione famiglia è urgente in sé, ma a maggior ragione se riguarda le famiglie con figli. Quella dei minori è infatti una fase della vita caratterizzata da una scarsa sostituibilità temporale: una carenza di risorse nei primi dieci anni di vita non è sostituibile con risorse equivalenti nei dieci anni successivi. Ogni occasione mancata diventa quindi un?opportunità persa: per questo la politica per la famiglia è una priorità fondamentale per il Paese.


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