Famiglia

Povertà infantile, un’urgenza sottovalutata. Il Terzo settore in prima fila per cambiare passo

Un appuntamento promosso dalla Fondazione L’Albero della Vita in collaborazione con Human Foundation, Alleanza contro la povertà, Ordine Assistenti sociali – Consiglio nazionale e con la partnership pedagogica di Fondazione Patrizio Paoletti per immaginare una nuova via nel rispondere ad esigenze sempre più impellenti

di Francesca Baldini

«Non vogliamo salvare i bambini ma vogliamo che i bambini ci aiutino a salvare noi, questo deve essere un punto di vista fondamentale e con il tempo dobbiamo ricomprendere che al centro ci sono veramente i bambini, non tanto gli strumenti che aiutano a salvarli».

Si apre con questa riflessione di Marco Iazzolino, Consigliere Delegato della Fondazione L’Albero della Vita onlus, il convegno “ITALIA: POVERI BAMBINI. Per una definizione di bisogno che riscriva le regole dell’aiuto”, promosso dalla Fondazione L’Albero della Vita in collaborazione con Human Foundation, Alleanza contro la povertà, Ordine Assistenti sociali – Consiglio nazionale e con la partnership pedagogica di Fondazione Patrizio Paoletti, svoltosi a Roma presso la Camera del Deputati.

Una giornata di studio per stimolare il confronto tra diversi attori sociali, sul tema della povertà infantile nel nostro paese. Dalle voci che hanno partecipato ai lavori emerge chiaro come su questo fenomeno incomba una urgenza sottovalutata, riflesso di un paese che si sta invecchiando e dove la forbice della diseguaglianza economica produce un aumento della percentuale di famiglie, e quindi anche dei bambini, in povertà assoluta. Dunque urge un lavoro comune per «creare condizioni per un cambiamento -, ribadisce Iazzolino – con al centro i bambini, perché definire un bisogno porta a riscrivere un aiuto».

Tassi di povertà, che dal 2007 ad oggi sono triplicati, e che possono essere sanati solo grazie ad un lavoro condiviso con le istituzioni, in primis con il mondo politico, come ricorda l’on. Sandra Zampa vicepresidente della Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza. Tra i vari strumenti per arginare questa piaga messi in campo dal Governo come i Rei (Reddito di inclusione sociale), di cui l’onorevole afferma: «è una grande conquista, dobbiamo certamente fare di più, però un passo è stato fatto insieme al Piano di contrasto alla povertà educativa. Anche se -, prosegue la parlamentare – quando le coperte sono corte, e lo sono davvero, occorre concentrarsi sulle priorità e sulle soluzioni che servono per dare una risposta concreta». Zampa, che nel suo saluto esprime profonda gratitudine per il comune lavoro svolto, lancia un messaggio di speranza: «perché credo che si possono prendere insieme buone strade e queste possano portare a risultati positivi. Non è tollerabile che un paese civile, la settima potenza del mondo, abbia e continui ad avere più di un milione di bambini in povertà assoluta». Una attività a quattro mani tessuta anche con l’Autorità Garante Nazionale dell’Infanzia, rappresentata dalla dott.ssa Filomena Albano che ribadisce come il contrasto alla povertà minorile si debba fondare su «un principio di uguaglianza e il diritto di tutti i bambini ad essere ricchi in egual misura». Contrasto che mira a tenere accesi i riflettori sull’infanzia perché «la povertà educativa-, ribadisce la dott.ssa Albano – si alimenta con quella economica e si eredita, motivo per cui i bambini poveri di oggi saranno gli adulti poveri di domani».

Dunque una eredità grave per i futuri cittadini che emerge chiara dai dati presentati e che disegna un quadro preoccupante. «Questi numeri ci devono far riflettere -, asserisce Ivano Abbruzzi, Presidente della Fondazione L’Albero della Vita onlus – perché stiamo ponendo una ipoteca su quello che succederà nel nostro futuro a partire dai bambini e per aver dato loro in dono un mondo con grandi difficoltà di sostenibilità sociale ed ambientale».

Riflessioni che stimolano interrogativi partendo dalla consapevolezza della rilevanza del fenomeno, per focalizzarsi poi sui metodi da utilizzare, per dare una risposta alla domanda, come dobbiamo affrontare la povertà?

Patrizio Paoletti, presidente dell’omonima fondazione delinea alcuni punti per fornire una risposta, soffermandosi «sull’approccio integrato di discipline e migliorare l’ambiente in cui il bambino vive, perché lo spazio di vita aiuta ad abbattere la povertà». Unanime anche la condivisione dell’idea di formare un «diverso approccio assistenziale-, ribadisce Paoletti – perché è necessario guidare la persona alla scoperta delle sue reali capacità per migliorare il suo stato, combattere gli stati di indigenza significa progettare la capacità di pensare a se stessi».

Un convegno significativo, che si svolge nel mezzo della sessione di Bilancio del Parlamento, in cui chiaro emerge che la povertà infantile non sia solo un problema economico, seppure la questione delle risorse nel nostro paese, ribadisce Tito Boeri presidente dell’Inps «non è stato sin d’ora adeguatamente affrontato». Boeri ha presentato dati in cui emerge come l’incidenza della povertà sia attorno all’11% per le famiglie con minori a fronte di un 4% di famiglie con più di 65 anni. Nell’analisi di Boeri emerge come «I primi anni di vita sono fondamentali nel determinare lo sviluppo del capitale umano e la salute delle persone, ma c’è poca attenzione ai bambini sul piano dell’assistenza socio-sanitaria». Tra le 400 prestazioni erogate oggi dall’istituto di Previdenza sociale, ce ne sono molti che vanno al di là delle pensioni, fruibili ad ogni età e che potrebbero essere strumenti utili ai minori in povertà come l’indennità di accompagnamento. «Mediamente questa prestazione copre circa i due terzi delle persone che sono non autosufficienti -, sottolinea Boeri – nel caso dei minori è più bassa, si tocca il 25% dei bambini in queste condizioni. Questo strumento viene poco utilizzato perché non conosciuto e con un iter sanitario troppo lungo che attesti la necessità del servizio. Per questo come Inps abbiamo voluto sperimentalmente con i principali ospedali pediatrici del paese, un protocollo per cui daremo la possibilità ai medici di presentare direttamente dall’ospedale le certificazioni per richiedere la prestazione».

I dati

In Italia un bambino su 8, ovvero un 1 milione 292 mila si trova in condizione di povertà assoluta, su un totale di 4,75 milioni di italiani, pari al 7,9% della popolazione complessiva.

Allo stato attuale, riceveranno il Rei solo 1,8 milioni di individui, cioè il 38% del totale della popolazione in povertà assoluta: pertanto il 62% delle persone che vivono in estrema difficoltà ne rimarrà escluso. Il 41% dei minori in povertà assoluta non sarà raggiunto dalla misura al suo avvio (la percentuale potrebbe subire una leggera variazione a partire da luglio 2018, quando è prevista un’estensione della platea senza più la logica della composizione familiare e il massimale annuo del Rei viene incrementato del 10% per i nuclei familiari con 5 o più componenti).

Mentre su circa 8 mila comuni italiani, gli assistenti sociali attivi risultano 11mila, ovvero la percentuale di circa 1,3 per comune. «Intere zone del paese non sono coperte dal sistema sociale professionale-, spiega Gianmario Gazzi presidente del Consiglio Nazionale degli Assistenti Sociali – specchio di continui tagli amministrativi. Mentre invece per ottenere dei veri benefici è necessario innescare un processo di costruzione in una relazione tra chi ha bisogno e chi fornisce assistenza, che necessita di tempo e pazienza».

La necessità del tempo, per disinnescare alcuni circuiti, è ribadita anche da Roberto Rossini, portavoce di Alleanza contro la Povertà, che ha accennato ai risultati frutti di una ricerca condotta dall’ente e basata sui Sia. Dall’approfondimento è emerso che l’aspetto economico non è sufficiente e «strumenti come i Rei e i Sia-, sottolinea Rossini – potranno e possono funzionare solo se inseriti in una filiera, come quella educativa, in cui risulta virtuoso lo scambio delle buone prassi anche con altri soggetti sociali».

Il progetto

Da questa fotografia emerge la consapevolezza di strutturare gli investimenti economici a favore dei minori, con interventi in medio-lungo periodo e di come nuovi modelli di welfare, in cui il terzo settore assume un ruolo nuovo, può stimolare risposte da sottoporre alla politica stessa.

Nel corso del convegno la Fondazione L’Albero della Vita, attiva dal 2014 con il programma nazionale di contrasto alla povertà, ha presentato il progetto “Varcare La Soglia”, attivo in 5 città d’Italia (Milano, Palermo, Roma, Genova e Catanzaro), utilizzando un approccio pedagogico al fine di far riconosce alla famiglia stessa il suo potenziale inespresso, metterla in condizione per andare verso un cambiamento, uscendo da uno stato di povertà.

Obiettivo generale dell’intervento è la promozione della resilienza della famiglia e del minore, partendo dallo sviluppo delle competenze necessarie per affrontare i cambiamenti e costruire il proprio futuro, favorendo il passaggio da una visione fondata sulle mancanze ad una fondata sulla progettualità delle risorse.

«Partiamo dalle famiglie per tessere occasioni di cambiamento -, afferma Abbruzzi – con un approccio integrale che non è solo materiale, ma anche formativo, psicosociale e di messa in rete della famiglia stessa».

Su questo solco la Fondazione L’Albero della Vita promuove in collaborazione con Human Foundation, il primo studio in Italia di valutazione di impatto e di costi-benefici del programma di contrasto alla povertà minorile. L’analisi prenderà in considerazione sia gli effetti che la povertà minorile ha nel presente sia gli effetti che si riflettono nel futuro del bambino aiutato.

Attraverso Human Foundation, realtà che si occupa di valutazione nel terzo settore, verranno analizzati i dati che emergeranno dal progetto per rispondere alla domanda: «Come possiamo provare a contrastare le tendenze che rischiano di rendere più povero il nostro welfare? – afferma Federico Mento, CEO di Human Foundation -. Lo si può fare producendo evidenze rispetto ai modelli di intervento, grazie ad una straordinaria ricchezza progettuale».

Gli approcci saranno diversi, ma in particolare ci si soffermerà sulla teoria del cambiamento (theory – based evaluation), che ha lo scopo di generare una «presa di coscienza del cambiamento, da parte del singolo e della famiglia, per arrivare ad una autonomia personale-, spiega Filippo Montesi, Head of Evalution di HF – al fine di generare valore per la collettività». Il progetto mira inoltre a condurre un’analisi su costi-benefici e coprire in due anni l’intera porzione dei cittadini assistiti dalla Fondazione l’Albero della Vita, ovvero 213 famiglie, 806 beneficiari di cui 436 minorenni.


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