Famiglia
Povertà educativa e maltrattamenti si battono con la comunità educante
Presentata la seconda edizione dell’“Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia” realizzato dal Cesvi. «Lavorare sul lungo termine è l’unico modo efficace per incidere sulla realtà», ha sottolineato Giovanna Badalessi, la ricercatrice che ha curato la rilevazione
di Paolo Biondi
«Bisogna investire nella fiducia, nella possibilità degli adulti di cambiare; fiducia che si possa fare qualcosa prima di dover affrontare il problema». E la fiducia nella prevenzione, invocata da Filomena Albano, dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, è stata il tema dominante al convegno svoltosi alla Camera dei deputati per presentare la seconda edizione dell’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia realizzato dal Cesvi.
Sintetizzando il rapporto Daniele Barbone, amministratore delegato del Cesvi, ha detto che «la povertà, intesa nella sua accezione più strettamente economica, non determina in modo diretto forme di maltrattamento infantile, ma costituisce un fattore di rischio a elevata criticità, tanto da essere considerata uno dei fattori predittivi per il maltrattamento minorile e ancor più per la trascuratezza». E il divario tra il Nord ed il Sud del Paese, per quanto riguarda il rischio di maltrattamento all’infanzia, resta forte con la Campania fissa in ultima posizione (anche se nell’ultimo anno la situazione non è peggiorata, segnando anzi una lievissima inversione di tendenza), preceduta da Sicilia, Calabria e Puglia, mentre si riconferma al primo posto come regione più virtuosa l’Emilia-Romagna, seguita da Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Toscana.
Giovanna Badalessi, la ricercatrice del Cesvi che ha presentato l’Indice, ha sottolineato che, rispetto alla prima edizione, «non ci sono state forti oscillazioni, cosa che ci ha confortato sull’esattezza dell’Indice. Va registrato qualche miglioramento negli indicatori economici, ma questo non ha inciso sui malesseri sociali. Sono migliorati gli indicatori sociali di lungo periodo. C’è una discrasia tra indicatori economici – che sono più rapidi nel registrare le variazioni – da quelli comportamentali, che hanno variazioni di lungo periodo. Lavorare sul lungo termine è l’unico modo efficace per incidere sulla realtà». Proprio questa affermazione ha finito per animare il dibattito, visto che numerosi degli intervenuti hanno sottolineato la necessità di una continuità degli interventi, continuità spesso non facile resa una gara ad ostacoli dai cambiamenti politici e nei rapporti fra le varie amministrazioni territoriali.
Gianmario Gazzi, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali, intervenuto a nome dei suoi 44mila associati, ha rilevato che «non basta l’assistente sociale e l’educatore, ma serve una comunità educante. La fiducia è fondamentale se si costruisce nel tempo, se c’è quella continuità che oggi manca e che danneggia i soggetti più deboli». E Carlo Borgomeo, presidente di Con i bambini impresa sociale, ha detto che «il tema della povertà educativa è una questione che va affrontata non solo a livello della scuola, ma del territorio, della comunità e quindi del Terzo settore» e che la «grande questione è la sottovalutazione del problema e un Paese che disinveste sul suo capitale umano disinveste sul suo futuro».
Al termine il Cesvi ha mostrato un breve filmato su Napoli «la città più giovane d’Europa con i suoi 185.000 bambini e ragazzi». Il 39% ha subito maltrattamenti, un dato che fa riflettere specie se abbinato al fatto che, in generale, senza differenze di regioni, le recenti indagini sui reati contro i minori nel nostro Paese mettono in evidenza che i bambini e le bambine sono maltrattati soprattutto nell’ambiente familiare, in quell’ambito cioè che più di ogni altro dovrebbe garantire loro sicurezza e protezione.
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