Non profit

Povero prof, c’è da perdere la testa

E' vero che i nostri ragazzi hanno di fronte insegnanti a rischio di follia?

di Riccardo Bonacina

Povero prof, c?è da perdere la testa. E’ vero – come ha avvertito Vittorio Lodolo D?Oria nel libro Scuola di Follia (Armando Editore) – che i nostri ragazzi hanno di fronte insegnanti a rischio di follia? Sì. È tutto vero. La sua ricerca ha suscitato un salutare pandemonio. In sintesi si può affermare che tra ansia, disturbi dell?umore e della personalità, schizofrenia e psicosi, demenze, disturbi cognitivi, anoressia nervosa, abuso di sostanze e assimilati, a soffrirne sono in parecchi. Il 56,9% dell?organico 2001-2003. Vuol dire un insegnante su due non se la passa bene. Da cosa deriva tutto ciò? Si potrebbe rispondere così: i docenti se n?escono pazzi non perché sono pazzi loro, ma perché è folle – in senso tecnico – il sistema in cui sono inseriti. Qualche esempio da cui derivare conseguenze di metodo. Dal ministero dell?Istruzione hanno continuato per anni a battere come forsennati sulla necessità della programmazione didattica. Per programmare famigerati «monoenni» (metà di un biennio. Ma non bastava dire «anni»?), semestri, mesi, giorni e mezze ore di compresenza i docenti hanno profuso immani risorse in tempo, energie nervose, soldi per babysitter, nel vano tentativo di dar significato univoco alle formule del burocratichese o della neolingua dei pedagogisti. L?anno passato, lo sanno tutti, ha obbligato ad inserire nelle ore curriculari (ossia nell?orario solito) una quota assolutamente imprevista di spazi da dedicare all?educazione stradale. Obiettivo: il patentino agli studenti. E nessuno si è premurato di domandare, se non altro, da dove traessero gli insegnanti le competenze specifiche per la bisogna. Così anziane professoresse di lettere hanno tenuto vere e proprie orazioni sul valore civile del rispetto del segnale di stop. Qualche anno prima, sempre ad anno inoltrato, era stato ingiunto agli insegnanti di storia il cui programma «arrivava» al 476 d.C. (fine dell?impero romano d?Occidente) di spingersi fino al 1300. Con le stesse ore di prima, ovviamente. In compenso senza testi, perché quelli acquistati a settembre prevedevano mille anni in meno. Qualche elemento di gravità in più si constata in alcuni testi ormai leggendari, come la frase posta in epigrafe alla, per altro mai attuata, riforma De Mauro. Vi si sosteneva che il ministero prevedeva per i docenti un futuro di «alta e specifica professionalità». Una prospettiva niente male, se poi per i medesimi non si fossero previsti i salari caratteristici di una bassa e generica manovalanza. Laura, email Cara Laura, la sua lettera che prende spunto dall?interessante ricerca e libro di Vittorio Lodolo D?Oria, è un efficace affresco di molte contraddizioni della nostra scuola e di una professione a rischio burn out.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA